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Sulla scuola: di diseducazione, di furbizia e non solo.

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Continuiamo a parlare di storture nella scuola, anche se in realtà si dovrebbe parlare di storture nel concetto che si ha dell’educazione da dare a un figlio.
La professoressa colpita da pallini ora rischia una denuncia. Già la notizia aveva fatto scalpore perché non si era capita la gravità della situazione (infatti, il ragazzo aveva nove in condotta come se non avesse fatto niente), ma la cosa si aggrava ancora di più ora con i genitori che ritengono che perché il ragazzo si era scusato, era tutto sistemato. Ma al peggio non c’è limite: ora vogliono denunciare la professoressa, facendo le vittime. A te, genitore, non ti viene il dubbio che sparare, anche se sono solo pallini, non è cosa da fare non solo in classe, ma da nessuna parte? Che la scuola, come qualsiasi altro ambiente, è un luogo dove ci vuole rispetto per l’altro, e che non si può fare tutto quello che si vuole? Più che da riprendere il figlio, ci sarebbe da fare rieducazione ai genitori…

Le buste delle prove dell'esame di maturità della scuola superiorePassiamo alla seconda notizia: dei ragazzi sono stati beccati a copiare durante l’esame di maturità. Giustamente, prova annullata e bocciatura: una cosa che sanno tutti. Ma ci si meraviglia e ci si lamenta, e anche la commissione ci si mette dicendo, quasi giustificandosi, che non poteva fare altro. Stiamo facendo sul serio o stiamo prendendo in giro? Se copi e ti beccano, la paghi, senza se e senza ma.
Ma la cosa è sempre stata così. In Italia quella di fare i furbi è una cosa conclamata, di cui pure ci si vanta. Ma a fare i furbi non sempre è cosa buona. E qui devo raccontare un fatto accadutomi personalmente alle superiori.
Verifica in classe. Il professore aveva l’abitudine di andare fuori a fumare e stare lontano diversi minuti. Aveva anche l’abitudine di fare il compito da assegnare e tenerlo nella sua borsa, che teneva sulla cattedra. I miei compagni pensano bene allora di aprire la borsa, prendere il compito e copiarlo. La verifica era su un argomento appena fatto, di cui sinceramente non avevo capito nulla; c’era un altro modo per risolverlo, ma era molto più lungo. Diversamente dal solito, in quella prova non fui lucido come al solito; i miei compagni non facevano che dirmi “dai, copia”, “che vuoi che sia” e mi passarono anche il foglio con la verifica fatta. Non lo usai. E non fu una questione di morale, etica o cose varie: io sono per fare le cose bene o non farle. E fare qualcosa di cui non capivo nulla non era una cosa fatta bene. Inoltre, se dopo il compito mi avesse interrogato, avrebbe visto che non avevo capito nulla dell’argomento: mi sarebbe cascata la faccia dalla figura di m***a che avrei fatto. Un professore, specie se capace, sa come vedere se uno sa o non sa le cose: un compito lo puoi copiare, ma durante l’interrogazione non la si scampa. Mi rassegnai al fatto che in quella prova non sarei andato bene e feci il compito nel modo che sapevo; certo mi giravano perché non avevo fatto un buon compito come le altre volte.
Per giorni, fino alla consegna del compito, subii gli sfottò dei compagni di classe. “noi prendiamo tutti nove e te neanche la sufficienza”, “vedi a che serve studiare come fai tu.” Non importava che quando non sapevano delle cose venivano da me per avere un aiuto: si sa che la riconoscenza è merce rara, soprattutto tra i giovani.
Arrivò il giorno della consegna del compito. Tutti su di giri, pregustando il gran risultato. Tutti tranne due persone. Una ero io, consapevole che ero andato da schifo. L’altra era il professore che entrò scuro in volto. Infatti, quando in tanti gli chiesero “hai i compiti?”, lui rispose seccato “Sì, ma sarebbe meglio che non ve li dessi e annullassi la prova.”
“Ma noooo? Ma perché?”
“Perchè avete tutti copiato.”
“Non è vero!” Coro quasi unanime.
“Vedete” cominciò a spiegare con calma ” un professore è un essere umano e anche lui sbaglia. Succede. Ed è successo che quando ho risolto il compito che dovevate fare, ho commesso un errore. Errore che tutti voi avete fatto nello stesso modo e nello stesso punto.” Silenzio di tomba. “L’unico che non l’ha fatto è stato questo povero pellegrino, che ha scelto il modo più lungo” disse indicando me. “Perché hai fatto così e non come gli altri?”
Dissi la verità. “Perché del nuovo argomento non ho capito assolutamente nulla.”
Ricordo bene che il prof rimase a fissarmi diversi secondi, poi annuì lentamente. “Riprendiamo a spiegare da capo l’argomento.” E la lezione cominciò.
La verifica non fu annullata: tutti presero tre, tranne io che raggiunsi la sufficienza, anche se rispetto al solito era stato sotto le aspettative.

E dulcis in fondo c’è quel gran genio di Briatore, che riscopre le caste, secondo le quali i figli devono fare i lavori dei padri. Un discorso non certo nuovo, dove chi è come lui cerca d’imporre anche con la forza questa mentalità, perché certe cose, come lo studio, devono appartenere solo ai ricchi, ai nobili, ai prescelti, e chi sta in basso non si deve permettere di andare oltre la condizione in cui è nato. E chi è figlio di contadini, di operai, chi fa parte della plebe, deve restare in basso, deve restare ignorante, a farsi dominare, figurarsi permettersi di studiare e magari permettersi pure di andare meglio dei figli di papà.

2 comments to Sulla scuola: di diseducazione, di furbizia e non solo.

  • La faccenda della prof colpita con i pallini mostra il disastro a cui è ridotta la famiglia (ma non credo sia un problema solo italiano) con genitori che hanno rinunciato a dare una educazione i figli e li difendono anche in circostanze indifendibili. Oltre al portare qualsiasi fesseria in tribunale.
    Sarebbe un discorso lungo da fare… dalle contestazioni anche giuste di un certo periodo, ai diritti che sono stati acquisiti, allo sbracamento che non ha più avuto fine.

    Ho fatto in tempo a vedere il clima arcigno e autoritario della scuola “di una volta” e non vorrei vederlo tornare, comunque.

    • Sì, il discorso sarebbe lungo e svariati i punti da affrontare, ma la questione è sempre quella dei genitori che non danno più un’eduzione.
      Non serve autorità, ma autorevolezza, mentre ora c’è sempre più arrendevolezza.

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