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Pensieri col vento

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Writer’s Dream è un sito per scrittori, aspiranti scrittori e lettori dove è possibile trovare un po’ di tutto riguardo la scrittura e la letteratura; è anche una sorta di palestra per chi vuole mettersi in gioco, farsi conoscere e confrontare con gli altri per quanto riguarda ciò che scrive: si possono postare poesie, racconti, brani di proprie opere e partecipare a contest. Uno di questi è Mezzogiorno d’Inchiostro (conosciuto come MI), arrivato attualmente all’edizione numero 100; per l’occasione speciale, tale contest è stato più grande dei precedenti e suddiviso in otto parti, della durata ciascuno di dodici ore: in questo lasso di tempo gli autori partecipanti dovevano scrivere un racconto di non più di 8000 caratteri seguendo una delle due tracce a disposizione. Avendone l’opportunità, ho partecipato a questa edizione speciale a sette delle otto parti disponibili: è stato un modo per allenarmi nello scrivere testi con temi non scelti da me, per vedere cosa riuscivo a realizzare in un breve lasso di tempo (potevo dedicare a ogni racconto, quindi ideazione, stesura e revisione massimo un paio d’ore), ma anche per sperimentare tecniche che finora non avevo usato (es. scrivere in prima persona).
Da qui alle prossime settimane pubblicherò i racconti che ho realizzato per il MI-100: il primo è Pensiero col vento, testo che segue la traccia il vento.

 

Il movimento è lieve, come una carezza. Osservo il suo lento ondeggiare: mi dona un senso di calma. Il tronco cui sono appoggiato mi dà una sensazione di stabilità; sembra così strano che staticità e flessibilità convivano nella stessa cosa. Eppure è anche così naturale, così logico. In fondo, a pensarci un attimo, non siamo poi tanto diversi dagli alberi: anche noi abbiamo radici, legami con chi ci ha allevato; anche noi cresciamo, non siamo mai gli stessi, anche se all’apparenza sembriamo uguali al giorno prima. Siamo mutevoli, come il vento. E come il vento non abbiamo un luogo dove posarci e chetarci: sempre in movimento, sempre in cerca di qualcosa che non sappiamo neppure cos’è. I nostri pensieri si muovono rincorrendosi l’un l’altro, in apparenza senza un filo logico, eppure tutti collegati da un unico filo conduttore. Quel filo siamo noi, perché siamo noi a dare vita ai pensieri; eppure, anche se ne siamo i creatori, spesso non ne siamo i padroni, ma sono loro a controllarci e condizionarci.
Avverto un lieve strattone al braccio sinistro: il cane muovendosi ha tirato un poco il guinzaglio. Ora le fronde degli alberi si muovono più nervosamente: il vento ha preso a soffiare con più forza. Alcune foglie volano lontano, perdendosi oltre il mio sguardo. Il cane da sdraiato si mette seduto, puntando il naso verso l’alto e annusando l’aria; si guarda attorno leggermente a disagio, le orecchie tirate un poco all’indietro. Il vento, quando soffia forte, lo agita; non so perché, ma si comportava alla stessa maniera anche quello che avevo prima; per lui però attribuivo questo comportamento al fatto che fosse stato abbandonato in una giornata di vento e che tutte le volte che soffiava gli ricordava quel trauma. Probabilmente si è trattato di un ragionamento troppo da umano; forse il vento dà fastidio a tutti gli animali. Di certo lo dà al gatto che vive con me: comincia a correre da una stanza all’altra come impazzito, saltando come una cavalletta, sgommando quando le zampe posteriori scivolano sul pavimento. Il pelo gli si arruffa e fa un codone in stile albero di Natale; alle volte è così elettrico che mi aspetto che s’illumini. Ho sempre pensato che sia un po’ strano, ma se fosse normale non sarebbe certo venuto da noi. A pensarci bene, tutti gli animali domestici che sono stati nella mia vita erano un po’ eccentrici: il gatto che beveva solo dal rubinetto, la cagna che si sedeva a tavola con noi su una sedia per mangiare.
Il cane si rimette sdraiato: ora il vento si è di nuovo placato, tornando a essere un dolce sussurro. Mi sembra quasi di sentire quel profumo. Il suo profumo. Il vento le spingeva i capelli dietro le spalle. Non mi ricordo di cosa parlavamo; forse non ascoltavo nemmeno, preso com’ero dai suoi sorrisi. O forse erano state le sue labbra a rapirmi. Ricordo ancora bene quanto volevo baciarla. Con il senno di poi fu un bene non dare atto a quel desiderio, eravamo troppo diversi, ma quanto male mi fece non farlo. Quanto ho rimpianto non aver colto quell’attimo.
Il sole filtra tra i rami, scaldandomi il viso, come a voler scacciare i malinconici pensieri che la mia mente sta per andare a cercare. Respiro i profumi della primavera e sento le preoccupazioni scivolare via come le nuvole che veleggiano all’orizzonte. Grosse nuvole che sembrano montagne, nuvole sottili simili ad astronavi intergalattiche. Nuvole che prima hanno la forma di draghi imperiosi e poi si trasformano in morbidi conigli. Mi sono sempre piaciute le nubi con le loro tante forme, le svariate sfumature di cui si colorano al tramonto: il rosso che ricorda un incendio, il giallo che rammenta l’oro fuso, per non parlare delle forti tonalità viola o di quelle delicate che dal rosa sbiadiscono nel bianco.
Le nubi: così libere, così leggere.
Vorrei essere come loro, anche se so che non è possibile: io sono più come una fiamma che avvampa, che si accende all’improvviso e brucia con forza, espandendosi senza fermarsi fin dove trova nutrimento; è qualcosa di cui non posso fare a meno, una forza impetuosa che non mi permette di essere diverso da quello che sono. Un destino affannoso che non dà pace, che esige di essere attuato, che reclama di trovare espressione, che vuole sempre costruire qualcosa di utile.
Ma alle volte, quando il fuoco che anima nel mio spirito è cheto, mi piacerebbe essere solo un pensiero che si leva nel vento e si fa trasportare senza una meta, volando verso orizzonti lontani e vette non ancora raggiute, dove tutto è nuovo e molto è ancora da scoprire.

 

Pensieri col vento

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