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Nuova vita

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«Creeremo un muro lungo il confine nazionale, bloccando i migranti che invadono il paese, venendo a rubare posti di lavoro e stuprare le nostre donne. Basta con buonismo e tolleranza: dobbiamo farci rispettare» tuonò il premier davanti ai microfoni. «Presto approveremo una legge dove chiunque potrà avere una pistola: non ci sarà più bisogno di porto d’armi. Tutti potranno difendersi dai delinquenti stranieri!»
«Come se non ci fossero malviventi tra i connazionali» sbuffò Gianluca osservando il premier che s’infervorava sempre più.
Cominciò ad avvertire ansia e tensione crescere in lui, come ogni volta che assisteva a quelle scene; sapeva, da studi che aveva letto, che quel tipo di comunicazione era pianificata per rivolgersi alla pancia delle persone, come si soleva dire, volta a colpire le paure e gli istinti più bassi per farle reagire.
“E pensare che quando ero piccolo c’erano programmi come Tribuna Politica che erano d’una noia tale che ti addormentavi quasi subito. Cinque minuti d’intervista ai politici di oggi e devi prendere una boccetta di Valium per calmarti” pensò mentre cambiava canale.
«Una mia amica è andata nel nuovo centro estetico che hanno aperto sotto casa sua» stava raccontando una showgirl «e, mentre era negli spogliatoi, è arrivata una ragazza che si era appena fatta una ceretta al sedere: emanava un odore di culo così buono che le era venuta voglia di saltarle addosso. Le era piaciuto a tal punto che quando si è tolta le mutande si è accorta che le aveva bagnate. La capisco: anche a me piace l’odore di sedere.»
Gianluca spense disgustato la televisione. “Ma c’è bisogno d’andare in giro a dire certe cose?”
Odore di sedere… s’immaginò due donne che si annusavano il fondoschiena come facevano i cani.
Scacciò subito il pensiero, ma più ci provava più lo perseguitava. Era come avere una scimmia sulla spalla che continuava a fare uh-uh ah-ah.
Odore di sedere… odore di sedere…
“Maledetta showgirl… fai passare la voglia di pensare anche al sesso.” Si avvicinò alla finestra. Di quello non c’era però pericolo. Con un matrimonio fallito, un lavoro precario, un mutuo che non riusciva a estinguere, non aveva né il tempo né la voglia di pensarci.
Non era così che si era immaginata la sua vita.
“Se i viaggi del tempo esistessero e ci fosse modo d’incontrare i se stessi del passato, sono sicuro che vedendomi adesso, il mio io giovane scapperebbe a gambe levate, urlando.”
Nessuna delle sue aspettative si era realizzata.
Gli amici che tanto aveva avuto cari alle superiori e che credeva sarebbero rimasti tali per sempre o si erano trasferiti o erano morti in incidenti stradali oppure non lo salutavano più quando s’incontravano.
L’università non gli aveva dato quella formazione che credeva, ma solo un cumulo di sterili nozioni; e il pezzo di carta rilasciato al termine degli studi non gli aveva fatto trovare un lavoro fisso, ma solo contratti stagionali, poco pagati, con quelle maledette società interinali.
Il matrimonio, poi, era stato la delusione peggiore. C’erano state solo liti e discussioni sui conti da pagare; dell’amore iniziale non era rimasto nulla. La donna con cui aveva pensato di passare la vita insieme era cambiata al punto da essere divenuta un’estranea.
Ma la cosa peggiore era che lui era cambiato. Il mondo l’aveva reso un essere arido e triste, la sua mente tormentata e logora. Non era altro che uno spirito smarrito, senza una causa da seguire, una fede in cui credere; viveva una vita senza senso, con giorni che si accavallano uno sull’altro, tutti gravati dallo stesso peso di ripetitività e cupa disperazione.
“Sarebbe bello avere una seconda possibilità e ricominciare da quando si avevano ancora sogni e speranze.” Vide passare Luigi lungo il marciapiede. “Ma non c’è nessuna speranza a questo mondo.”
Quando aveva sentito per la prima volta Luigi dire che andava a trovare la moglie, pensava che andasse al cimitero, ma l’amico non si era mai recato in quel luogo.
«Lei non è lì» aveva risposto Luigi quando glielo aveva fatto notare.
«E dov’è, allora?»
«Al parco» era stata la semplice risposta.
“Dio, è impazzito” pensò mentre lo vedeva allontanarsi.
All’inizio aveva temuto per l’amico: lui e la moglie erano stati inseparabili, fin dall’adolescenza. Pensava che alla sua morte si sarebbe suicidato o che si sarebbe lasciato andare fino a farsi morire. Invece aveva reagito meglio di quanto avesse creduto e si era meravigliato non poco. Poi, dopo quel dialogo, le cose gli erano state chiare e a quel punto davvero sarebbe stato meglio che Luigi si fosse ammazzato: l’amico era impazzito, la sua mente non aveva retto alla scomparsa della moglie ed era partita per la tangente.
Uscì da casa, seguendo Luigi, deciso a fare qualcosa per lui: il mondo gli aveva cacciato addosso fin troppa merda per permettere che gliene scagliasse addosso dell’altra. Non avrebbe perso uno dei pochi amici rimasti.
Quando raggiunse il parco, temette di trovare Luigi seduto dove stava sempre con la moglie, lo sguardo perso nel vuoto, parlando ad alta voce da solo. Invece niente: non lo vedeva da nessuna parte.
“Eppure l’ho visto entrare qui…”
«Eccoti qua!»
Per poco Gianluca non urlò. Si voltò e trovò Luigi dietro di lui.
«Hai fatto bene a venire. Elisa sarà felice di vederti» disse l’amico avviandosi verso gli alberi.
Gianluca stava per ribattere quando vide Luigi svanire nel nulla. «Ma che diavolo…»
Si avvicinò titubante al punto dove l’amico era svanito. Avvertì un leggero formicolio sulle braccia, si sentì ondeggiare e poi la luce cambiò. Attorno a lui l’erba del prato si era fatta più verde, gli alberi coperti di una chioma più rigogliosa. Il parco era lo stesso di prima, solo che era più pulito. E poi c’erano più uccellini che cinguettavano. E, soprattutto, c’erano tanti giovani.
“E questi da dove sono sbucati? Solo un istante prima qui non c’era nessuno…”
«Vieni, Gianluca!»
Luigi gli fece cenno di seguirlo. Solo che non era il Luigi che conosceva: era un Luigi adolescente. E a pochi metri da lui, seduta su una panchina, se ne stava sua moglie, Elisa, che lo salutava sorridendo: anche lei non dimostrava più di sedici anni.
Avvicinandosi a Luigi, passò dinanzi alla bacheca degli annunci: rimase ancor più sorpreso vedendo nel riflesso sul vetro un se stesso giovane, lo sguardo limpido e pulito, non tirato dalle fatiche e dalle delusioni della vita adulta.
«Siamo passati attraverso un wormhole e questo è un mondo parallelo? Oppure in questo parco hanno sepolto rifiuti tossici e siamo sotto l’effetto di un’allucinazione? Ci troviamo in una convergenza spazio-temporale…»
Luigi lo interruppe. «Non so cosa sia successo e non m’interessa saperlo. So che posso essere di nuovo felice: tanto mi basta.»
«Ma… se fosse solo un’illusione?»
«All’inizio l’ho pensato, ma poi ho visto che questo luogo è reale e che ci è stata data la possibilità di raggiungerlo e di restarci, se vogliamo. Una possibilità riservata a pochi, dato che la breccia a breve si chiuderà.»
Gianluca fu preso dal panico. «Chiudersi? Ma allora non potremo più tornare nel nostro mondo, non potremo…»
«Non hai mai desiderato avere un’opportunità per ricominciare da capo?» gli domandò a bruciapelo Luigi. «Avere l’opportunità d’evitare sbagli, scoprire cose nuove? Non vorresti rendere la tua vita migliore?»
Gianluca fu colpito dalle sue parole: solo poco prima aveva desiderato proprio quello. E ora che stava per ottenere quello che voleva, non sapeva cosa fare.
Luigi sorrise e si diresse verso Elisa.
Gianluca si volse verso gli alberi che si era lasciato alle spalle, vedendo uno strano luccichio brillare; fece un passo verso di essi. Poi si fermò. “Che sto facendo? Torno in un mondo di merda, che solo merda mi ha dato? Una giostra impazzita mossa da politici corrotti e minchioni?”
Tornò a voltarsi. “Un mondo nuovo…” pensò con trepidazione, dirigendosi verso gli amici. «Aspettatemi!»
Dietro di lui, il luccichio tremolò un’ultima volta e poi svanì.

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