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Manifestazioni

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Sono mesi che saltano fuori manifestazioni come funghi in un bosco dopo che è piovuto. Si è manifestato contro le restrizioni per la pandemia, il green pass, i vaccini, si è manifestato contro la scuola, la guerra. Fermandoci ad analizzare le proteste: usando un poco di onestà, tutto ciò a cosa è servito? Davvero è stato di una qualche utilità?

Partiamo da ciò che è stato legato al Covid (anche se adesso si parla quasi esclusivamente della situazione ucraina, la pandemia è tutt’altro che alle spalle): è stato tutto un pretesto per scatenare insofferenza e fare polemica. Non ci fosse stata la situazione del virus, ci si sarebbe attaccati a qualcos’altro per fare casino, perché è di questo che si è trattato, nient’altro. Vero, il governo ha fatto degli errori, la gestione non è stata delle migliori e si è creata molta confusione con decisioni che venivano cambiate troppo frequentemente, ma qualsiasi decisione avesse preso, le proteste e le manifestazioni ci sarebbero state sempre e comunque. A parte creare disagi, farsi vedere in tv, non hanno influito minimamente sulla strada che il governo ha deciso di prendere, quindi sono servite solo ad aggiungere confusione a un periodo che ne aveva già a sufficienza.

Veniamo alla scuola. Le manifestazioni sono volte a protestare contro la maturità (dove si vogliono rimettere delle prove scritte), l’alternanza scuola/lavoro (dopo la morte di due ragazzi mentre erano impegnati a lavorare durante il periodo scolastico), e le presunte molestie sessuali subite dalle ragazze a scuola, oltre che da certe frasi rivolte ad alcune di esse (si usa il termine presunte non perché non si ritiene che il fatto non sia avvenuto, ma perché ci sono ancora delle indagini in corso che debbono appurare come stanno le cose).
Caso maturità. Gli studenti non vogliono gli scritti alla maturità perché il modo d’insegnare in questi due anni di pandemia (lunghi periodi di DAD) ha influito sulla loro preparazione. Difficile dare un giudizio non essendo più studenti e non sapendo com’è diventata la scuola dopo più di venti anni che se ne è usciti (a quei tempi, c’era stato il cambiamento dell’esame di maturità da quello vecchio stile, in sessantesimi, a quello nuovo, in centesimi, che prevedeva tre prove scritte, la preparazione di una tesina e l’orale, e che pesava per l’ottanta per cento sul voto finale), di sicuro si contesta il modo di fare del ministro dell’istruzione che prima dice che l’esame sarebbe stato in un modo e poi lo fa in un modo. Secondo alcuni studi, questa pandemia ha causato gravi disagi psicologici sui ragazzi, influenzandoli negativamente a livello pedagogico, al punto che hanno grandi difficoltà nella realizzazione di testi scritti. Va fatta notare però una cosa a questa analisi: da anni i giovani, perfino gli universitari, hanno grosse difficoltà quando si tratta di scrivere, presentando lacune non da poco, a tratti addirittura imbarazzanti. Quindi il problema non è tanto legato alla pandemia, ma è a monte e la cosa perciò è molto più grave, perché non è legata a un determinato momento; quando ci sono giovani che non riescono a capire semplici domande in italiano, asserendo che sono difficili da comprendere, il campanello di allarme deve suonare, perché non è accettabile che non si abbiano neppure le basi della propria madrelingua. Con la scusa che bisogna essere educativi, che bisogna essere comprensivi e ascoltare gli studenti, ci si sta dimenticando dell’aspetto di preparazione che la scuola deve dare; sembra quasi che ci sia una certa voglia di tornare ai tempi del sei politico, che non era per niente una bella cosa, perché poi si aveva della gente che non era preparata.
Caso alternanza scuola/lavoro. Che questo fosse un modo per avere manodopera gratis era una cosa che è stata chiara fin da subito, ma si protesta ora, dopo che due ragazzi sono morti mentre lavoravano sotto questo sistema; un fatto tragico, a cui occorreva dare voce, ma la protesta doveva iniziare fin da quando l’alternanza scuola/lavoro è stata immessa, perché lo sfruttamento va sempre contestato. Purtroppo, non è cosa recente: quante volte chi doveva svolgere un tirocinio veniva pagato una miseria, per non dire quando lavorava gratis? Queste sono storture del mondo del lavoro che andrebbero fatte sparire, ma come si può farlo quando tutto s’inchina all’economia e al lavoro, dove i lavoratori non sono persone ma oggetti, merci da sfruttare e accantonare quando non servono? Come si può combattere un tale sistema quando tutta la politica s’inchina alle imprese, anche quella sinistra che sarebbe nata per essere dalla parte dei lavoratori? Come si può cambiare un modo di fare che da decenni non fa che peggiorare le condizioni dei lavoratori, a partire da quella legge Biagi che ha fatto scivolare sempre più in basso il mondo del lavoro? Difficile pensare che delle manifestazioni di ragazzi possano cambiare qualcosa quando per troppo tempo non si è fatto nulla mentre venivano tolti diritti su diritti ai lavoratori e si dava alle imprese sempre più potere.
Caso molestie sessuali. Le molestie sessuali vanno condannate senza se e senza ma: su questo non ci piove. C’è chi si scandalizza e minimizza su quanto accade, perché dice che i ragazzi esagerano, vogliono attirare l’attenzione e lo fanno solo per scatenare casino, visto che in pratica non è successo nulla. Intorno a fatti che, se appurati, risultano gravi, c’è, per qualcuno, una certa aura di non credere che questo sia accaduto: ma non è certo da adesso che accadono certe cose. Avances, richieste di favori per ottenere voti migliori, ci sono purtroppo da molto tempo. Perché non si crede allora a chi denuncia queste cose? Mentalità retrograda, certo, ma anche l’esperienza di persone che si sono inventate dei fatti per screditare chi gli dava fastidio. Purtroppo, esiste ancora chi dice che se capitano certe cose alle donne (in questo caso ragazze) è perché hanno provocato, perché si vestono in un certo modo. Non per niente, alcune delle manifestazioni degli studenti si sono basate proprio su certe frasi rilasciate dai professori sul modo di vestire delle ragazze. Premesso che ognuno può vestirsi come preferisce, occorrerebbe però anche avere un poco di buon senso e capire che bisogna sapersi vestire in base alle occasioni e al luogo in cui si è. Si andrebbe in spiaggia a giocare e divertirsi in giacca e cravatta? Lo si può fare, ma non sarebbe l’abbigliamento adatto e si sarebbe fuori luogo. Si parteciperebbe a un funerale vestiti in modo sgargiante, tutti allegri e sorridenti? Si può, ma non ci si meravigli però se qualcuno fa notare che questa è una mancanza di rispetto per chi è venuto a mancare e, soprattutto, per chi ha appena perso un proprio caro. Stessa cosa vale per la scuola: non siamo in Giappone dove è d’obbligo la divisa, ci si può vestire come si vuole, ma sempre tenendo conto del buon senso, sapendo che si è in un luogo pubblico: essere liberi non significa fare tutto quello che si vuole. Le ragazze accusano di mentalità retrograda chi critica il loro modo di vestire (ombelico scoperto, minigonne), tuttavia viene da porre una domanda: quanto della loro libertà di mostrarsi è davvero loro e quanto invece è influenzata dal modo di fare di tante vip che non fanno che mostrare il loro corpo sui social per avere un seguito sempre crescente, da un mondo dei media che mercifica il corpo delle donne e le vuole in un determinato modo?

manifestazioni contro la guerra in UcrainaE arriviamo al caso più scottante, quello dell’Ucraina. Manifestazioni, fiaccolate per la pace, proteste contro la guerra: tutte cose giuste. E tutte cose che servono a poco, perché è davvero un’illusione pensare di far cambiare idea a una persona capace di eliminare chi semplicemente non la pensa come lui. Chi non ha nessuna empatia per il prossimo, non prova nessun rimorso a mandare a morte non si sa quante persone, non verrà minimamente toccato da chi supplica per la pace: se ne fregherà altamente e continuerà per la propria strada, anche se lorda di sangue, come se niente fosse, non importa se milioni di persone gli chiedono di fermarsi. Che la Russia abbia fatto la scelta sbagliata è fuori discussione. Che Putin non sia una brava persona è un dato di fatto. Ma additare Putin come il cattivo di turno, che è tutta colpa sua di quello che sta accadendo, significa non avere capito come stanno davvero le cose. Vero, è stata la Russia ad attaccare e l’Ucraina a essere attaccata, ma la realtà va oltre questi due fatti, è molto più complessa. Ed è una storia che si ripete, visto che un copione simile è stato messo in atto nella Seconda Guerra Mondiale: se Hitler ha fatto quello che ha fatto, è perché paesi come Inghilterra e Francia l’hanno permesso, perché lo reputavano meno pericoloso dei comunisti russi. Anzi, quasi quasi lo vedevano come un fattore positivo. Se Putin ha mosso guerra all’Ucraina è perché per anni nessuno gli ha mai messo un freno, è stato lasciato libero di fare senza subire conseguenze; quindi ora nessuno si scandalizzi dinanzi a ciò che ha fatto, perché tutti sapevano che era un uomo senza scrupoli con le mani sporche di sangue.
Ma come lui, anche l’Ucraina ha le mani sporche di sangue. Per arrivare a parlare di questo, occorre rivedere un poco la storia. Ora Russia e Ucraina sono separate, ma un tempo, anche se due elementi distinti, facevano parte della stessa Federazione Russa; poi, come si sa, avvenne la separazione, con i confini tra i due paesi che vennero fatti non in modo impeccabile per varie contingenze storiche e fu così che vennero a far parte dell’Ucraina delle regioni abitate da russi che volevano restare con la Russia. Occorre ricordare che l’Ucraina è un paese di estrema destra, molto conservatore e che ha dato molto potere ai neonazisti (i nazisti erano già ben visti nella Seconda Guerra Mondiale), usandoli come forza militare per tenere le zone russofone (il battaglione paramilitare Azov è stato integrato nell’esercito ucraino nonostante fosse illegale, si sia macchiato di gravi crimini di guerra negli anni e porti la svastica sulla sua bandiera). L’Ucraina, per chi non lo sapesse, ha fatto una legge dove è vietato negare l’eroismo dei fascisti ucraini, anche se questi hanno fatto massacri e persecuzioni. Fatti che sono stati lasciati correre dall’Occidente, leggasi Europa e Stati Uniti. Come è stato lasciato correre che l’Ucraina abbia vietato che nel suo territorio si parli russo, abbia imposto la cultura ucraina, senza contare che ha bandito i libri importati dalla Russia (già da questi punti è possibile vedere un odio che risale ai tempi di Stalin, al punto che i nazisti erano visti come eroi); dinanzi a ciò, non ci si meravigli del perché regioni come il Donbass e la Crimea abbiano fatto un referendum per l’indipendenza. La Russia non ha fatto altro che cogliere tale occasione, accettando il risultato del referendum; gli Stati Uniti, che come già visto hanno fatto scelte sbagliate nella storia (Iraq, Afghanistan, Vietnam), per dare contro alla Russia hanno finanziato gli ucraini, senza soffermarsi a pensare se stavano facendo la scelta giusta. Della Russia, inutile parlarne a lungo: è guidata da un individuo freddo, senza scrupoli, pronto a tutto per il potere, che ha una considerazione per la vita in generale pari allo zero. Non fossero bastati due anni e passa di pandemia, ha voluto aggiungere una guerra, le cui conseguenze saranno da valutare nel lungo periodo, di cui non c’era assolutamente bisogno (in realtà, di nessuna guerra c’è mai bisogno), a dimostrazione che questa pandemia non ha affatto tirato fuori il meglio delle persone, ma il peggio.
In questa vicenda, una cosa è chiara: nessuno ha fatto e sta facendo la cosa giusta. Ucraina, Russia, Occidente: i governi di tali paesi sono tutti colpevoli delle morti che si stanno verificando nei luoghi di guerra. Per questo non si può dire che c’è chi ha ragione e chi ha torto, perché tutti hanno torto, tutti hanno fatto qualcosa di sbagliato. Adesso è facile stare da una parte o dall’altra, trovare un “cattivo”; invece, ci si dovrebbe sedere e analizzare la situazione, cercando di capire come si è arrivati a questo punto ed evitare di ripetere in futuro simili sbagli perché, di nuovo, siamo davanti al risultato di scelte sbagliate, di aver permesso che siano state fatte e di questo in tanti sono responsabili. Di nuovo, per le scelte sbagliate di alcuni sono sempre altri a rimetterci: in primis, le popolazioni che stanno avendo morti. In secondo luogo, le persone comuni delle nazioni che non c’entrano col conflitto, che vedranno i prezzi salire e quindi impoverirsi, e ci sarà chi, che già prima a stento riusciva a farcela a mangiare qualcosa, non riuscirà ad avere di che sopravvivere. E c’è da sperare che altri non pensino di seguire l’esempio di Putin (piccola parentesi: ci si ricorda di quando Berlusconi e Salvini erano dalla parte di quest’ultimo? Con il primo ci sono stati tanti scambi e il secondo lo stimava al punto da indossare una maglietta con il volto del leader sovietico), perché di teste calde a capo di nazioni ce ne sono diverse e i danni per l’estensione del conflitto rischierebbero di essere totali.
Fare manifestazioni, come sta succedendo adesso, non servirà a evitare che ci siano tragedie, non servirà a evitare l’impoverimento di tanti. Se c’è una cosa che hanno in comune guerra in Ucraina, scuola e situazione Covid, è che le manifestazioni non hanno quell’utilità che si spera abbiano; forse una volta era così, ma ora hanno perso quella forza, dato che si manifesta in continuazione anche per futili motivi. Si può manifestare, è fuori discussione, ma alle manifestazioni occorre che seguano poi fatti concreti, fatti che permettano di cambiare le cose. Si contesta l’alternanza scuola/lavoro? Nessuno studente aderisca più alla cosa, non importa se questo influirà sul giudizio finale o se verranno ripresi e sanzionati. Si vuole rendere sensibile la Russia a non fare la guerra? La si colpisca con forza con sanzioni che minino la sua economia, non andarci leggeri per paura poi di ripercussioni varie. Si contesta la guerra perché porta solo orrori? Allora non si partecipi più a nessuna guerra, ci si rifiuti di obbedire a ordini dati da governanti che cercano solo di fare interessi politici ed economici, ma che non fanno certo il bene del proprio paese. Naturalmente, ogni scelta porta un prezzo da pagare, ma se si crede in essa, si deve essere disposti a pagarlo se si vogliono davvero cambiare le cose. Specie in un periodo dove ci sono troppe persone che vogliono imporre il loro punto di vista, non si deve più lasciar correre nulla. In chiusura, suggerisco la visione di questo video:

 

4 comments to Manifestazioni

  • Ho fatto il liceo in un periodo che ha visto assemblee, collettivi e manifestazioni decadere in una stanca liturgia (fine anni ’70 e primi anni ’80). Non so come stiano adesso le cose ma sono arrivato a considerare la politica fatta nelle superiori come una grandissima buffonata, strumentalizzata dalle forze politiche, generalmente irrilevante. Tuttavia gli studenti ne hanno di cose per arrabbiarsi. Scuole in cui manca perfino la carta igienica, e dove cadono pezzi di soffitto e ammazzano gli studenti (sarà successo solo un paio di volte, ma è successo). Alternanza scuola-lavoro che significa diventare manodopera non retribuita per lavori senza grande valore aggiunto.
    Per inciso, l’idea di andare a scuola con una divisa non è poi così male. E anche l’idea di una scuola più seria e severa, e, magari, con insegnanti meglio preparati.

    • Le manifestazioni, le occupazioni fatte negli anni 90 erano solo un pretesto per non fare lezione: lo dico per esperienza e per questo non vi ho partecipato. Un modo per perdere tempo, con i motivi più sciocchi (un anno si scioperò perché il bar non aveva i bomboloni con la nutella…), solo per non studiare e avere dei giorni di vacanza in più.Dal 2000 in poi non saprei, ma non credo che le cose siano migliorate; credo, come dici tu, che di ragioni per protestare ne avrebbero. Su una scuola con maggiore preparazione e serietà sono concorde; per quanto riguarda le divise, non sono mai stato un fautore delle uniformi (anche se ho fatto il servizio militare).

  • Per uniforme intendo comunque essere vestiti tutti allo stesso modo (semplice e decente). Una cosa che la scuola ha diritto di pretendere.

    L’uniforme militare l’ho vestita anche io, e non è stato divertente.

    • Sì, come quando andavo a scuola io: sarà che ho fatto un istituto tecnico, ma i ragazzi, maschi e femmine, si vestivano con jeans a maglietta (raramente le ragazze portavano la gonna). Poi capitava che qualcuno una volta vestisse in modo un po’ diverso (un mio compagno venne un giorno, era caldo, in ciabatte, bermuda e camicia hawaiana: ci si fece delle gran ghigne davanti alle espressioni dei prof, ma la cosa finì lì), ma era qualcosa di tranquillo; forse in altri istituti e licei con maggiore presenza femminile la cosa era differente, ma neanche tanto, da quel che ho potuto vedere.
      Si tratta di una questione di buon senso: non mi sembra una cosa tanto difficile.

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