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Il luogo fa notizia

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Il luogo fa notizia non meno dell’accaduto, figliolo. Per questo ci sono titoli più grossi sui giornali per un terremoto che uccide dodici persone a Los Angeles di uno che ne uccide tremila in qualche paese pagano del Medio Oriente. (1)

Los Angeles, un luogo che fa notiziaIl luogo fa notizia. Si è mai fatto caso a questa realtà? Una persona viene uccisa a Londra, Parigi, Roma, New York e il fatto fa scalpore, attira attenzione, fa sorgere indignazione, compassione, rabbia, si scatenano dibattiti, giudizi, i politici si attivano per prendere provvedimenti e dare nuove norme di sicurezza. Un’altra persona viene uccisa allo stesso modo in un piccolo paese di provincia e il fatto passa inosservato, al massimo viene scritto un trafiletto su un giornale o se ne dà velocemente notizia in un qualche tg; passato l’attimo, cui si dà scarsa attenzione, viene subito dimenticato.
Se viene fatto un attentato in una capitale europea e muoiono decine di civili, sui giornali si scrivono pagine e pagine per giorni e giorni, per non dire settimane: tutte le trasmissioni ne parlano, i governi si attivano in ogni modo, sono pronti anche a scatenare una guerra. Ma se in qualche remoto paese africano è in atto una guerra dove muoiono migliaia di persone, quasi nessuno s’interessa, pochi sanno quello che sta succedendo e i media gli danno scarsa rilevanza; eppure il costo in termini di vite umane è di gran lunga superiore, la tragedia è di portata maggiore, i danni portati dal conflitto sono disastrosi.
E allora perché si dà tanta importanza a certe notizie e meno ad altre?
Perché i fatti che accadano in luoghi importanti, ovvero luoghi di potere, centri nevralgici per governi ed economia, ottengono maggiore importanza. Come sempre tutto ruota attorno a dove c’è maggior potere e denaro. E a dove c’è il maggior numero di persone, perché i grandi numeri sono potere: è un’altra realtà che non va dimenticata.
Una tragedia è sempre una tragedia, eppure la mente umana tende a darle importanza a seconda del luogo ma anche della rilevanza della persona coinvolta. Se viene colpito un individuo che ricopre un certo ruolo di potere in una nazione, si è pronti a scatenare una guerra (come quanto è successo nella Prima Guerra Mondiale, anche se lì c’erano molte altre cause dietro allo scoppio del conflitto e l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando fu solo l’ultimo pretesto per dare vita a una delle più sanguinose guerre della storia); se viene uccisa una persona comune che va al lavoro, il fatto lascia indifferenti, non ci si fa nemmeno caso, si continua a vivere la propria vita come se niente fosse. Ma se muore un’icona della musica pop o rock, oppure un attore famoso del cinema, si è pronti a versare fiumi di lacrime, a rattristarsi per settimane, scrivendo post commoventi su internet.
Quello che non si riesce a capire è che la morte è sempre una perdita: quando se ne va un individuo, la sua esperienza, quanto ha dato, viene a mancare e al mondo manca un pezzo, per quanto piccolo e nullo possa sembrare. E’ vero che ci sono individui che danno tanto e altri che sembrano insignificanti, eppure è anche vero che si compiangono individui che non hanno dato nulla (o peggio, hanno fatto danno, solo perché avevano una certa visibilità ed erano conosciuti perché nella gerarchia sociale avevano un certo posto), mentre persone ben più meritevoli vengono ignorate (eppure nel loro piccolo avevano fatto del bene ed erano state di aiuto).
Come direbbe Einstein, tutto è relativo; oppure come direbbero altri, l’essere umano è un animale ben strano, difficile da capire, troppo complesso e contraddittorio.

1 – IT. Stephen King. Sperling&Kupfer Economica 2009. Pag. 710.

 

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