Mad Max: Fury Road mantiene le premesse non solo d’intrattenimento (il binomio belle donne/motori si conferma una ricetta di successo), ma anche lo spirito della prima trilogia, soprattutto del secondo film, cui trae molta ispirazione a livello di trama e di eventi.
Quando venne data la notizia di un quarto film sul guerriero della strada, non ne fui molto convinto, timoroso che la serie venisse rovinata, perdendo le caratteristiche che l’avevano fatta apprezzare in nome della spettacolarità (purtroppo reboot, remake, hanno fin troppo spesso dimostrato la loro mediocrità); è vero che il regista, George Miller, è sempre lo stesso, ma alle volte questo non è garanzia di qualità, dato che la verve può essere andata perduta (vedasi George Lucas con la seconda trilogia di Guerre Stellari) o si è adeguata alla commercialità (altro campo, ma si prenda l’esempio di Terry Brooks con le produzioni realizzate dopo il ciclo degli Eredi di Shannara).
Con piacere deve dire che il film è stato superiore alle attese. Adrenalinico, mai un momento di stanca, mai banale, teso, avvincente, è quasi alla pari con Interceptor – Il Guerriero della strada (il secondo film della serie ha un che di epico, di desolazione e perdita, che manca a Mad Max: Fury Road), la pellicola migliore girata da Miller. Certo non è perfetto. Tom Hardy non ha il carisma di Mel Gibson (in certi momenti non sembra altro che un bruto che sa a malapena parlare). Il motore V8 adorato come una divinità poteva essere evitato, così come certi riferimenti al Valhalla e alla morte gloriosa da trovare sulla strada. Ma si è in un mondo impazzito e si è voluto portare tutto all’estremo, dai mezzi agli antagonisti che inseguono il gruppo di fuggitivi. Ora non sono solo il carburante, l’acqua, il cibo, i beni più preziosi richiesti in un mondo desertico, ma anche chi non è contaminato, non ha patologie tumorali, deformazioni che ne condizionano la vita e perciò possiede sangue “puro” da usare per trasfusioni. Chi è sano viene catturato per essere usato come sacca donatrice di sangue, permettendo così di continuare a vivere a chi è malato. E’ così che Max si trova imprigionato e usato dai Figli della Guerra guidati da Immortan Joe, un despota che guida una cittadina ossessionato dall’avere dal suo harem di belle donne dei figli sani (e non menomati come quelli che ha già, uno un gigante ritardato, l’altro un nano deforme, che tanto ricordano il duo di Mad Max – Oltre la sfera del tuono, Master/Blaster).
Questo naturalmente prima che l’Imperatrice Furiosa (ottima l’interpretazione di Charlize Theron) non cerchi di raggiungere con una blindocisterna le Terre Verdi assieme alle donne cui Immortan tiene tanto e che vogliono essere finalmente libere. Dapprima Max è risoluto a pensare solo per sé e alla sua sopravvivenza, incarnando il perfetto esempio di solitario che non vuole più avere a che fare con gli altri e l’umanità (questo a seguito della perdita della moglie e della figlia), poi coinvolto nell’aiutare il gruppo disperato a trovare una speranza all’apparenza impossibile (e magari così facendo trovare quella redenzione capace di dargli un po’ di pace, come fa Nux, dapprima un Figlio della Guerra e poi eroe che si sacrifica per salvare i fuggitivi).
La maggior parte del film s’incentra sull’inseguimento della blindocisterna e la sua difesa da parte di Max e Fuoriosa (vera protagonista del film e capace di mettere da parte Max, relegandolo al ruolo di comprimario), che ricorda molto quanto visto in Interceptor – Il guerriero della strada (a Miller piace autocitarsi: già quando appare Valchiria, una delle Molte Madri, si sa che morirà durante il viaggio di ritorno alla cittadella combattendo contro gli uomini di Immortan, proprio come successo alla donna guerriera che fa parte del convoglio guidata da Max/Gibson).
Visivamente spettacolare, esplosioni, rombi di motori e sleghi di chitarra all’ennesima potenza (il personaggio di Coma, the Doof Warrior, interpretato da iOTA, è totalmente inutile, un tamarro di prima categoria, ma quando appare sullo schermo trascina lo spettatore con le sue movenze e la sua musica), lascia anche un po’ di spazio alla riflessione, oltre un messaggio di speranza per un mondo in rovina che può ancora riprendersi.
Ora due osservazioni a margine del film, che da esse prendono spunto.
Semmai ci sarà qualcuno che vorrà girare un film o una serie televisiva su Le Cronache della Folgoluce di Brandon Sanderson, è da contattare assolutamente chi ha realizzato gli effetti speciali di Mad Max : Fury Road: la tempesta di sabbia mi ha fatto subito venire in mente un’altempesta ed è stata fatta veramente bene, potente, distruttiva, impressionante. Magari Miller ha letto il lavoro di Sanderson e gli è talmente piaciuto questo elemento che ha voluto usarlo anche lui ;).
La scena in cui Furiosa, raggiunte le Molte Madri, scopre che la meta cui ha sempre cercato, le Terre Verdi, non esiste più, è praticamente la stessa in cui Guerriero scopre da Maestro che Luna Azzurra è qualcosa che non esiste: per entrambi c’è il crollo della speranza, l’infrangersi del sogno, la perdita della ragione di vita. Questo non vuol essere un mettere a paragone Mad Max: Fury Road con L’Ultimo Potere, né dire che uno ha preso ispirazione dall’altro (L’Ultimo Potere è del 2011 e Miller non ha certo preso spunto da qualcosa che non credo proprio sia di sua conoscenza), ma dimostrare che l’uomo, in forme e tempi diversi, narra le stesse situazioni, mostrandole ad altri perché la consapevolezza non vada perduta e sia d’aiuto agli altri per andare avanti.
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