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L'importanza dell'esempio

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L’esempio, si sa, conta più delle parole. E più un esempio viene ripetuto, più diviene efficace, nel bene come nel male.
Proprio per questo sarebbe necessario porre grande attenzione a quello che si fa, a come ci si comporta; occorrerebbe grande responsabilità, perché non è vero che quello che si fa non ha nessuna influenza sugli altri, sulla realtà che sta attorno a ogni singolo individuo. Anche se banale, ogni piccola azione porta degli effetti: è qualcosa che chiunque dovrebbe esserne consapevole.
Purtroppo consapevolezza non c’è, mentre invece dilagano arroganza e menefreghismo. E i risultati si vedono.
Come si sa, molto spesso l’uomo agisce per imitazione, anzi il suo sviluppo parte proprio da qui.
essa è un mezzo necessario per apprendere il modello indispensabile alla sopravvivenza nei primi anni di vita, dato che l’uomo, tra tutti gli esseri viventi, è l’unico a non sapere cosa fare per stare al mondo (a differenza degli animali), bisognoso che ogni cosa gli venga insegnata. Solo con il tempo e il raggiungimento di una certa maturità, può acquisire la capacità d’essere indipendente e muoversi senza supporti.
È proprio basandosi però su di essa per tanto tempo, avendo avuto un ruolo determinante per il suo stare al mondo, che trova difficoltà a comprendere quando giunge il momento di mettere da parte questo supporto, dipendente dall’appoggiarsi e dal guardare gli altri, facendo così sorgere il problema. Impegnato nel seguire modelli che sono stati importanti per la sua sopravvivenza, l’essere umano può perdere la capacità di scegliere ciò che vuole; a questo punto cala un senso d’ottundimento sulla percettività e diviene difficile discernere quali siano le scelte giuste da fare per dare davvero compimento alla propria vita (spesso le scelte fatte non sono quelle ottimali per la propria persona: come si vedrà, gli altri condizionano le decisioni e non sempre per il meglio).
È evidente che copiare un modello prefabbricato di vita è più semplice del crearne uno nuovo, ma toglie piacere e soprattutto felicità nell’essere quello che veramente si è. Agendo in tale maniera, i figli ripetono gli errori dei padri, riproponendo comportamenti e atteggiamenti che magari hanno criticato, ma che senza accorgersene sono arrivati ad assorbire e a fare propri, divenendo ciò che avevano disprezzato.
Era così nel passato, è così nel presente. Con una variante: ora le persone non assorbono solo i copioni famigliari. Molte porte si sono aperte con l’avvento della tecnologia, permettendo alle persone di accedere senza sforzo a migliaia di modelli da copiare. Con l’avvento dei mass-media, dei social-network, i modelli da seguire si sono moltiplicati in maniera esponenziale, portando l’uomo a imitare quello che in un determinato momento è ritenuto il copione più appariscente, più affascinante, che dà maggiore notorietà. Non si capisce lo sbaglio che si commette, dato che il modello creato da una persona funziona al meglio solo per lei; tentare di applicarlo a un’altra è una forzatura, come cercare di mettere una forma triangolare in uno spazio quadrato: ci si può riuscire, ma non è il suo posto.

Non solo non è il suo posto, ma seguire certi modelli dominanti in un certo momento, può fare danni, perché, vedendo come si comportano persone che sono sotto i riflettori e hanno rinomanza, la gente ritiene che il modello che questi individui propongono sia giusto e si sentono in diritto di attuarlo anche loro, anche se poi i fatti dimostrano quanto ciò possa essere negativo e distruttivo. Di esempi ce ne sono tanti (basta volgere lo sguardo alla classe politica attualmente al governo in Italia, ma anche a quella precedente e quella prima ancora, arrivando ai primi anni ’90) e il brutto è che tanti non si sono resi conto dei danni che con il loro imitare hanno perpetrato. Oppure, cosa ancora peggiore, se ne sono resi conto, ma se ne sono fregati, indifferenti alle conseguenze del loro agire.
In questi giorni Bruno Bacelli ha scritto un articolo sul prendere posizione, sullo schierarsi. Sono d’accordo su non appartenere a gruppi, su non riconoscersi in essi, perché occorre saper pensare con la propria testa e non annullarsi per non sentirsi esclusi. E sono anche dell’idea che di fronte a certe realtà, una posizione occorre prenderla e schierarsi contro ciò che è sbagliato.

1. Jonathan Livingston e il Vangelo, un estratto del capitolo I, Il copione del mondo.

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