I fatti occorsi in questi giorni hanno segnato la fine di un capitolo della storia contemporanea.
Un capitolo buio, fangoso, squallido, presuntoso, irrispettoso, denigratorio, sopraffacente, disprezzante.
Un capitolo che ha ricordato, quando non le ha fatte risorgere, le ombre del periodo comprensivo tra il prima della seconda guerra mondiale e il subito dopo.
Un capitolo che si augura sia quello finale di un pessimo e mediocre libro, esempio di come non si deve fare per realizzare una storia.
Quanto successo rappresenta una tappa necessaria, ma non sufficiente per cambiare pagina. Le reazioni del momento sono di euforia, di vittoria, di certo si può tirare un sospiro di sollievo e si può respirare meglio, ma i problemi non sono risolti: è tempo di metterci finalmente mano e il lavoro da fare è tanto. Un’intera catena montuosa.
L’ex presidente del consiglio non era la totalità del male, ma ha fatto parte del male, ne è stato creatore e perpetratore. Se fosse stato l’unica causa, una volta scomparso tutto sarebbe stato risolto:purtroppo non è così. E’ che tra non fare, assecondare, giustificare si è arrivato nello stato in cui siamo. E molti sono responsabili di quanto successo.
I danni sono talmente ampi che per risalire occorreranno svariati anni e quando si cominceranno a scoprire gli altarini ci si accorgerà che la situazione è peggiore di quel che adesso appare. Il paese è a pezzi, peggio del dopoguerra, perché allora c’era la spinta a ricostruire, qui invece non c’è nulla e nessuno che si muove: vale per i politici, ma soprattutto per la gente che è rimasta passiva a subire, senza mai ribellarsi, dire un no, lottare, se non per gli altri, almeno per la propria dignità.
E questo le persone non sono ancora giunti a capirlo.
Ora è tempo di prendere coscienza degli errori del passato, di essere consapevoli di cosa si deve fare nel futuro perché, come recita la famosa poesia di Edgar Allan Poe, mai più sia in mano a individui del genere.
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