Attraverso cinque capitoli, di cui tre divisi in due parti, Jiro Taniguchi racconta alcune avventure di K, personaggio misterioso ma dalla grande conoscenza delle vette dell’Himalaya. Individuo singolare, che agisce solo per ragioni sue, K ha un gran rispetto per la montagna ed è proprio questo rispetto, il suo entrare in sintonia con essa, e gli insegnamenti avuti dai Gujuz, un popolo di montanari, che gli permettono di compiere imprese che agli uomini sembrano impossibili.
Attraverso l’esperienza di K viene mostrata non solo la bellezza della montagna, ma anche la sua durezza, la sua forza, le sue leggi che agli esseri umani possono sembrare crudeli e spietate. Ma la montagna non è qualcosa a disposizione degli uomini, è un luogo dove risiedono grandi potenze della natura: venti spaventosi, temperature proibitive, valanghe, pareti insormontabili.
Tutti si fidano di K e hanno un gran rispetto per lui, anche se non è originario delle terre dell’Himalaya e non si sa nulla del suo passato. Ma chi sia per davvero, è un enigma; Jiro Taniguchi lo mostra, almeno una piccola parte, nel capitolo quattro, facendo intuire che tipo di persona era un tempo e come l’esperienza con la morte lo abbia fatto divenire quello che è adesso. Un capitolo triste e malinconico, ma che mostra anche come arriva il momento di svoltare pagina e andare avanti.
K è una bella storia, anche se non poetica e riuscita come Terra Promessa, presente nella raccolta Allevare un cane e altri racconti.
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