Il quorum per i referendum è stato raggiunto e i sì hanno vinto; una vittoria completa, schiacciante, su tutta la linea.
Se devo essere sincero avevo qualche dubbio, non tanto sulla vittoria dei sì, quanto sul raggiungimento del quorum. Gli esiti degli ultimi anni non davano prospettive ottimistiche e visto il lassismo e il menefreghismo delle persone riguardo all’esito del paese in cui si vive, non ero certo propenso ad avere una visione rosea.
Fa piacere costatare in questi casi d’essersi sbagliati, che una buona parte delle persone ha fatto la scelta di difendere i propri diritti e interessi. Un piccolo segnale di coesione, di riscoperta unità, come ho visto in un’altra occasione, anche se per la verità quella è stata una sensazione personale e non un dato di fatto come questo.
Molti sono soddisfatti, inneggiano alla vittoria, si esaltano, ma non condivido questo modo di comportarsi.
Uno perché non mi piacciono le esaltazioni.
Due perché non vedo come si riesca a essere ottimisti con lo stato delle cose in cui versiamo; si sarà vinta una battaglia, ma da lì a vincere la guerra ce ne passa. Non sono ottimista verso il continuo di questa storia, non vedo futuro, non vedo alternative.
Non con un paese di sessanta milioni di abitanti che vede più di un milione di persone che vivono esclusivamente di politica. Una politica che negli ultimi sei anni ha visto il suo costo, ovvero il denaro dello Stato speso per mantenere tali persone, aumentare del 40%. Cifre (sia numero d’individui presenti in politica, sia i costi) destinate ad aumentare.
Una classe politica che si vuol perpetuare (i motivi sono palesi: denaro e solo denaro) e che non si mette mai in discussione, allergica agli ideali come lo dimostrano le cifre citate.
Questo è un fattore molto preoccupante, ma volendo ci sarebbe ancora rimedio, invece si fa fatica a vedere una possibilità d’apertura al cambiamento. Perché quello della classe politica, anche se è fautore di molti danni, non è il problema, ma semmai la causa di un malessere più grosso: la mentalità della gente. Si vive in un conservatorismo allucinante, senza precedenti, dove la maggior parte della gente si è adattata a un sistema di stasi, d’ibernazione, come se fosse caduta volontariamente in un sonno profondo per non fare niente, inermi, ignavi e ignari di quello che sta accadendo intorno a loro.
E i pochi che s’accorgono di quanto accade e cercano di darsi da fare si ritrovano ad avere a che fare con un muro di gomma, inascoltati e incompresi, costretti a provare un senso d’isolamento, d’alienazione che avvertono verso i loro simili che vogliono restare addormentati. Uno stato d’essere che porta a un veleno psicologico davvero pericoloso per chi dotato di un minimo di sensibilità.
Di fronte a tutto questo non mi sento di cantare vittoria o vedere roseo. Avere fiducia nelle persone è una gran cosa, ma alle volte la fiducia va ricompensata. Ma forse prima sarebbe meglio riconquistarla.
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