
Duranki è l’ultima opera realizzata da Kentaro Miura e purtroppo resterà incompiuta, come comunicato dalla redazione di Young Animal dopo averne parlato con i membri dello Studio Gaga. Una decisione comprensibile, ma di cui mi dispiace, dato che ho apprezzato l’unico volume realizzato sia per i disegni, sia per l’ambientazione, sia per i personaggi, sia per la storia; sicuramente ha influito la passione che ho verso i miti degli eroi e degli dei dell’Antica Grecia, dato che Duranki proprio su di essi si basa, ma c’è da dire che Miura per i sei capitoli realizzati ha fatto un buon lavoro, sicuramente migliore dell’idea originale da cui si è preso spunto: all’inizio, infatti, l’opera si doveva chiamare Amazones, con un ragazzo dei giorni d’oggi dai tratti molto femminili che veniva catapultato nel mondo dell’Antica Grecia (precisamente ai tempi della Guerra di Troia) e finiva in mezzo alla Amazzoni, finendo scambiato per una ragazza. Leggendo la sceneggiatura pubblicata assiema ai sei capitoli di Duranki, il protagonista viene portato nella città delle Amazzoni (chiamata Amazon) e deve cercare di non far scoprire che in realtà è un uomo (pena il venire decapitato) e con la conoscenza che ha delle tattiche di guerra, delle armi moderne e della storia, aiuta le Amazzoni contro i greci invasori che attaccano Troia, cambiando il corso degli eventi. In sostanza, Amazones sarebbe stato un isekai (il protagonista viene trasportato, reincarnato o evocato in un universo parallelo, spesso di stampo magico o fantastico); l’idea fu poi accantonata perché col passare del tempo gli isekai divennero uno standard, putando perciò più sull’aspetto mitologico. E questo, a mio avviso è stato un bene: con Amazon si voleva mostrare un gruppo di donne (le Amazzoni) che si ribella a una cultura maschilista, e questa l’ho trovata un’idea interessante, valida, peccato non realizzata a dovere, dato che aveva un approccio troppo adolescenziale, in alcuni casi da macchietta. Senza contare che i greci venivano stereotipati, presentati come un gruppo di bruti imbeccilli; sinceramente, non mi sarebbe piaciuto vedere realizzate tavole dove un esercito esperto come quello spartano viene sbaragliato da un gruppo di ragazzine; va bene l’aiuto avuto dai mezzi realizzati dalla conoscenza del protagonista, ma un popolo come quello di Sparta, che viveva di addestramento militare e guerra, non poteva essere sconfitto e umiliato così facilmente. Anche le battute che venivano fatte contro i greci (Menelao etichettato come “cornuto” e “re della pena”) erano un po’ troppo da macchietta e da anime comico, così come certe scene rovinavano l’epicità che è stata l’opera di Omero (Menalao che se ne va con una freccia nel sedere, Achille che dopo essere stato ferito dal protagonista con un’arma da fuoco s’innamora di lui e ci prova quando casualmente si ritrovano nelle stesse terme, venendo scacciato come un maniaco dalle altre giovani Amazzoni). Insomma, mostrare gli eroi greci come cattivi rimbecilliti e basta non sarebbe stato nelle mie corde.
Fortunatamente, la storia ha preso un’altra piega, facendo arrivare a Duranki. Due antichi dei della saggezza si ribellano al sistema mitico dando vita a un essere che non è né uomo né dio, né maschio né femmina, donandogli il nome di Usumgal che significa “Drago”; affidano la loro creatura a Hermes, dio greco protettore dei ladri, perché lo porti sul suolo sacro della Vetta dell’Arca, dove verrà trovato da una coppia anziana di pastori. Qui crescerà libero insieme a loro e alla compagnia del grosso cane Huwawa e del dio degli armenti Pan; grazie al suo intelletto, realizza delle invenzioni che semplificano la sua vita e quella degli anziani che l’hanno adottato, che fin da quando l’hanno trovato in fasce ai piedi della gigantesca arca del diluvio hanno compreso che è opera degli dei.
Crescendo, Usum ha il permesso di scendere dalla montagna, dove incontrerà un gruppo di ragazzi provenienti dal villaggio Tase, con il quale legherà fin da subito. Il nonno però lo mette in guardia, sia per il fatto che potrebbe incontrare difficoltà a farsi accettare per via della sua natura androgina, sia per il risentimento che cova negli abitanti di Tase, spogliati e derubati da una guerra e costretti a fuggire e rifugiarsi sulle montagne.
Nonostante queste ombre, la vita di Usum continua tranquilla, venendo ben accettato a Tase, grazie anche a ciò che realizza. Tutto va per il meglio fino a quando non incontra e deve combattere contro un mostro mitologico, una manticora. Purtroppo. Duranki finisce qui, nel bel mezzo dello scontro e non si saprà mai come finirà lo scontro (probabilmente bene), né come continuerà la storia e come si sarebbe evoluta. Davvero un peccato, perché c’erano tutte le premesse per realizzare qualcosa di valido e interessante.
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