
Nonostante la sceneggiatura di Buronson (autore di Ken il guerriero) e i disegni di Kentaro Miura (Berserk), Japan non è nulla di che. Personaggi, trama, sono qualcosa che non lascia traccia: tutto accade troppo in fretta, non c’è spazio per l’approfondimento, per la creazione di una storia memorabile. L’unica cosa che si salva sono i disegni di Kentaro Miura, il cui tratto è quello dei primi volumi di Berserk (la storia venne pubblica in Giappone sulla rivista Young Animale nel 1992, quando il tratto del mangaka non era evoluto a quello attuale).
Tema e ambiantazione sono qualcosa di molto caro a Buronson: uno scenario postapocalittico dove vengono catapultati i protagonisti. E mai termine (catapultati) è più appropriato. Katsuji Yashima (che ricorda un po’ Gatsu, un po’ Nosferatu Zodd), un bestione membro della Yakuza (mafia giapponese) segue dovunque va la giornalista Yuka, di cui è innamorato. Mentre sta facendo un’intervista a quattro viziati ragazzi giapponesi sull’aggressivo modo di espandersi e di aggredire i mercati per arricchirsi sempre di più del Giappone, facendo un paragone con l’antica Cartagine, distrutta da Roma per lo stesso modo di fare, un terremoto li fa precipitare in una grotta dove ci sono i resti dell’antico esercito cartaginese; lì incontrano un vecchio che li mette in guardia sul destino del loro paese se continueranno a fare come i fenici, facendogli fare un salto avanti nel tempo e mostrandogli cosa succederà nel futuro.
Yashima, il suo amico Akira, Yuka e i quattro ragazzi si ritroveranno in un mondo desertico, barbarico, dove i giapponesi sono un popolo nomade, senza più una patria e senza più orgoglio, schiavizzato e costretto a subire i soprusi delle altre popolazioni. Yashima naturalmente non ci sta e con la sua forza e la sua testardaggine si ribella a questo mondo, diventando leader di un gruppo sempre più grande per far rivivere l’orgoglio giapponese e creare un paese dove gli uomini di tutte le razze possano vivere liberi e rispettati: quel paese si chiamerà Japan.
La storia si conclude così, e non si sa se il gruppo tornerà nel suo tempo o continuerà a vivere in questo futuro perseguendo l’obiettivo che il suo leader ha dato: Buronson e Miura non sono più tornati sulla storia e quindi si rimane con il punto interrogativo. Benchè alcune tematiche siano ancora attuali e i mondi apocalittici alla Interceptor affascinino sempre, Japan non ha una gran forza, è qualcosa di già visto e mostrato in una maniera non all’altezza: ribellarsi all’ingiustizia, il decantare l’orgoglioso giappone, sono elementi troppo sbattuti in faccia, troppo “inneggiati” per essere davvero convincenti. Peccato, Japan poteva esere qualcosa di più di quello che è stato.
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