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Sul leggere - Perché aumentano i non lettori

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In Italia aumentano i non lettori di libri e il 30% non legge per mancanza di tempo. In particolare questo motivo è indicato dal 31,8% degli uomini e dal 27,7% delle donne. […] Dai dati emerge che il 23,7% di chi non legge preferisce altri svaghi rispetto ai libri, il 15,9% ha motivi di salute che allontanano dalla lettura (“non ci vedo bene, età anziana”) e il 9,1% è troppo stanco dopo aver svolto altre attività. Il motivo economico (“i libri costano troppo”) è scelto invece dall’8,5% dei non lettori. […]
La mancanza di tempo – spiega Levi – è sempre stata la motivazione principe che i non lettori portano per giustificare il loro rapporto con il libro e la lettura. È certamente vero, soprattutto all’interno degli odierni ritmi di lavoro, spostamento, occupazione del tempo. In realtà credo che dietro questa affermazione si nascondano delle dinamiche più complesse.
Dietro questo dato penso ci sia piuttosto un disinteresse verso la lettura più in generale che non si vuole dichiarare, un posizionamento del libro e dell’attività del leggere vissuto come qualcosa di non completamente positivo. Se questo è vero diventa centrale il ruolo che i soggetti delegati alla socializzazione della lettura, e in primo luogo scuole e biblioteche, dovranno svolgere nei prossimi anni. […]
Forse c’è da porsi anche una domanda: quanto incide sull’aumento della non lettura impegnata in genere l’abuso del tempo dedicato allo smartphone, durante il quale l’impegno degli utenti viene dedicato soprattutto alle immagini, ai video e alle chat, con prevalenza assoluta per le banalità?”

Questi sono estratti del seguente articolo.
Si sarà brutali, ma salvo qualche caso, quanto asserito dalle persone del sondaggio paiono essere delle scuse. Passi per chi ha seri problemi alla vista, dove il leggere diventa qualcosa difficile da effettuare, ma il resto andrebbe tradotto con “non ho assolutamente voglia di leggere perché + un’attività inutile e da sfigati”.
Certo, i libri non costano poco, ma non è detto che si debba acquistare l’edizione deluxe di un’opera: esistono anche quelle economiche. Si possono poi chiedere in prestito i libri agli amici; ci sono le bancarelle e le librerie dell’usato, dove a poco si possono trovare bei libri e anche davvero ben tenuti (con quanto si spende a comprare un libro nuovo, dai posti dove si vende l’usato si può tornare a casa alle volte con sei/sette volumi ); oltretutto, le vecchie edizioni che si trovano nell’usato sono molto migliori di alcune attualmente in commercio, dato che la cura del prodotto anni fa era migliore.
Senza dimenticare che esistono le biblioteche; è vero che non tutte sono ben fornite e che a parte le biblioteche delle città, quelle dei comuni (specie i piccoli) non sono molto rifornite e magari non si trova quello che si cerca (magari lo si può far arrivare, ma i tempi sono lunghi). Senza contare che le biblioteche hanno budget limitati, spesso subiscono tagli, e non possono comprare nuovi volumi (per questo ci sono spesso iniziative cui si chiede ai cittadini di comprare libri in libreria e poi donarli alle biblioteche; ma anche qui bisogna seguire dei dettami, non tutti i volumi vanno bene, bisogna seguire delle indicazioni precise).
Quest’ultima cosa porta a capire una cosa, ovvero a come è considerata la lettura in Italia.
Il problema è culturale, di mentalità, non di non avere tempo libero. Già ai tempi dei miei nonni e dei miei genitori, leggere era considerata una perdita di tempo, era qualcosa che era adatto solo a chi si laureava, perché gli serviva per gli studi che faceva; leggere come passatempo, come divertimento, o come approfondimento culturale, era qualcosa d’inconcepibile: si dovevano fare solo le cose utili, che davano guadagno, e il leggere non lo era.
Le cose con il tempo sono un poco cambiate, ma non più di tanto; è arrivata la televisione, i canali commerciali, poi sono arrivati internet e i social, e la lettura è rimasta qualcosa per pochi. La scuola non invoglia con i testi che propone, ma dipende sempre dal professore e dall’approccio che ha: c’è chi fa amare la materia, chi la fa odiare. Oltre a questo, influisce l’ambiente in cui si è: familiare, di amicizie, di studio e di lavoro.
Leggere è considerato qualcosa di passivo, mentre i media, la società, martellano per essere attivi, per essere “quelli del fare”, dell’essere sempre in movimento, di corsa; per leggere bisogna stare fermi e questo non è visto tanto di buon occhio in una società che spinge all’apparire e all’utile: si è dimenticato forse di ministri di governo che dicevano che l’arte e la cultura non danno da mangiare? Una cosa falsa, perché a valorizzare tutto ciò ci sarebbe da ottenere guadagno. Ma occorre fare i conti con una società e dei governi limitati, che limitano e guidano la popolazione in una certa direzione, dove si cerca di non spingere alla lettura perché fa riflettere, rende più consapevoli e apre orizzonti alla mente, aiutando a essere meno creduloni e vedere le menzogne che vengono propinate, mostrando realtà sgradevoli.
Questo tanti preferiscono non vedere, scegliendo qualcosa che non fa pensare, che fa divertire. Non diamo la responsabilità al non avere tempo quando la colpa è dell’uomo e delle scelte che fa.