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Jonathan Livingston e il Vangelo

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Strade Nascoste – Racconti

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Strade Nascoste

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Il magazzino dei mondi 2

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Non ci resta che piangere

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Non ci resta che piangere, questo era il titolo del film del 1984 con Massimo Troisi e Roberto Benigni. Un titolo che ben si adatta alle prossime elezioni che si terranno il 4 marzo: qualunque sarà l’esito, chiunque vincerà, non farà certo migliorare il quadro (già brutto) che si sta vivendo. PD, Lega, M5S, FI. Centrodestra, destra, sinistra, centrosinistra. Non c’è nessuno in grado di dare una svolta positiva al paese. Troppo impegnati a darsi contro l’uno con l’altro per pensare a soluzioni. Troppo impegnati a pensare d’ottenere la poltrona del comando per occuparsi dei problemi reali e risolverli. Ognuno si autoincensa, si definisce migliore degli altri, diverso dagli altri, ma la verità è che sono tutti uguali: si è arrivati al punto che non c’è più distinzione tra un partito e l’altro, visto che non si hanno idee capaci di renderli riconoscibili uno dall’altro. Proprio come succede in La fattoria degli animali di George Orwell.

…mentre gli animali di fuori fissavano la scena, sembrò loro che qualcosa di strano stesse accadendo. Che cosa c’era di mutato nei visi dei porci? Gli occhi stanchi di Berta andavano dall’uno all’altro grugno. Alcuni avevano cinque menti, altri quattro, altri tre. Ma che cos’era che sembrava dissolversi e trasformarsi? Poi, finiti gli applausi, la compagnia riprese le carte e continuò la partita interrotta, e gli animali silenziosamente si ritirarono.
Ma non avevano percorso venti metri che si fermarono di botto. Un clamore di voci veniva dalla casa colonica. Si precipitarono indietro e di nuovo spiarono dalla finestra. Sì, era scoppiato un violento litigio. Vi erano grida, colpi vibrati sulla tavola, acuti sguardi di sospetto, proteste furiose. Lo scompiglio pareva esser stato provocato dal fatto che Napoleon e il signor Pilkington avevano ciascuno e simultaneamente giocato un asso di spade.
Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due
. (1)

Come si scriveva all’inizio, non ci resta che piangere.

1. La fattoria degli animali. George Orwell. Arnoldo Mondadori Editore 1996, pag.104

Strade Nascoste - Racconti

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Strade Nascoste - RaccontiReinor è un Usufruitore. Ghendor un Messaggero della Rivelazione. Lerida una portaordini. Periin un individuo solitario. Ariarn un uomo misterioso che soccorre chi è colpito dal male. Ognuno ha una propria strada da seguire. Ognuno ha uno scopo preciso nella vita. Convinzioni e modi di vivere differenti.
Eppure i cinque si ritroveranno sullo stesso cammino, come se il destino avesse deciso di riunirli con una misteriosa coincidenza. Ben si sa però che non esistono le coincidenze, ma solo le illusioni delle coincidenze: così, dopo aver affrontato nelle loro avventure in solitaria bestie feroci, forze occulte e creature soprannaturali, i cinque si ritroveranno all’inizio di una delle cerche più grandiose finora conosciute del mondo di Asklivion.

Questa è la sinossi con cui sugli store online presento Strade Nascoste – Racconti. Come il titolo fa ben capire, è legato al ciclo Storie di Asklivion, direttamente collegato a Strade Nascoste: i fatti narrati precedono gli eventi svoltisi in quest’ultimo, mostrando le avventure in solitaria dei cinque protagonisti prima che si riuniscano in gruppo e affrontino l’epica impresa. In Strade Nascoste c’erano degli accenni delle loro avventure che in Strade Nascoste – Racconti sono state sviluppate per mostrare un altro pezzetto di vita di Reinor, Ariarn, Ghendor, Periin e Lerida e farli conoscere un po’ di più al lettore.
Alla pagina download è possibile come sempre trovare i link di alcuni store dove è possibile acquistare l’opera, sempre a 1.99 E (su Amazon il prezzo è di 2.99 E, dovuto non da mia scelta ma dal cambiamento delle condizioni delle royalty per autori autopubblicati; di questo però se ne parlerà prossimamente in un’altra occasione).

Edit. Il prezzo su Amazon dal 3 marzo 2018 è di 1.99 E, come in tutti gli altri store; il cambiamento iniziale del prezzo è stato dovuto a un bug dello store. Il cambiamento delle royalty è invece un fatto, di cui parlerò a breve in un articolo.

Propaganda: pericoli e trappole insiti in essa

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Propaganda – Le regole d’oro del buon demagogo
1. La propaganda deve essere popolare
«A chi bisogna rivolgere la propaganda? Agli intellettuali o alle masse sensibilizzate? Secondo me essa deve rivolgersi solo alle masse… La propaganda deve essere popolare, svolta cioè a un livello di comprensione tale da essere recepita dai più umili tra quelli a cui si rivolge. Ne consegue che il suo livello spirituale sarà tanto più basso quanto più grande è la massa che si vuole coinvolgere ».

2. Trovare la via del cuore delle grandi masse
«L’arte della propaganda si basa su una tecnica fondamentale: trovare la via del cuore delle grandi masse; capire ed esprimere il loro mondo, rappresentare i loro sentimenti… Il modo di sentire del popolo non è tortuoso ma semplice ed elementare. Mancano in esso sfumature sottili o articolazioni composite; lo schema di interpretazione del mondo ha solo due poli: positivo o negativo, vero o falso, giusto o ingiusto, bene o male.»

3. Esercitare la violenza del padrone
«La massa è come le donne: la loro sensibilità non è influenzata da argomenti di natura astratta, ma piuttosto da una vaga e sentimentale nostalgia per qualcosa di forte che le completi, cosicché sono molto più disposte a subire la violenza del forte piuttosto che a esercitarla sul debole. Così la massa si piega più facilmente davanti alla violenza del padrone piuttosto che alle preghiere dell’imbonitore.»

4. Calcolare con precisione le debolezze umane
«È necessario conquistare con astuzia e con prudenza una posizione dopo l’altra. Tutti i mezzi sono buoni, dai ricatti segreti ai furti veri e propri… Si tratta di saper calcolare con precisione le debolezze umane : questa tattica porterà sempre alla vittoria, finché anche l’avversario non sia in grado di rispondere con le stesse armi venefiche.»

5. Affidarsi alle grandi menzogne
«Può darsi che il popolo sia corrotto, fin nelle pieghe più nascoste del suo sentimento, ma esso non è mai consapevolmente malvagio. È dunque assai più facile coinvolgerlo in una grande piuttosto che in una piccola bugia, appunto per la semplicità del suo modo di sentire. Anche la massa, infatti, è spesso bugiarda nelle piccole cose, ma si vergognerebbe certo di esserlo in quelle importanti. Se la menzogna è di proporzioni iperboliche, alla gente non verrà neanche in mente che sia possibile architettare una così profonda falsificazione della verità…»

6. Limitarsi a pochissimi punti
«Le grandi masse hanno una capacità di ricezione assai limitata, un’intelligenza modesta, una memoria debole. Perché una propaganda sia efficace deve basarsi quindi su pochissimi punti, ripetuti incessantemente, finché anche l’uomo più rozzo sia indotto a ripeterli di continuo così da imprimerli nel profondo della sua coscienza innocente.»

7. Mostrare che il nemico è sempre lo stesso
«È compito del leader politico mostrare che anche i nemici più diversi appartengono a un’unica categoria: individuare più di un avversario può provocare infatti tra le masse insicure e perplesse discussioni e dubbi sulla giustezza del loro diritto… Non bisogna esitare a scatenare sull’avversario un fuoco continuo di menzogne e calunnie, fino a provocare uno stato di isterismo collettivo: a questo punto, per riottenere la pace, il popolo sarà disposto a sacrificare la vittima prescelta.»
(1)

Hitler, purtroppo, ha saputo effettuare una propaganda efficaceSe siete inorriditi, se avete provato un senso di allarme e preoccupazione leggendo questi brani, non preoccupatevi: è una reazione normale, perché essi sono tratti da Mein Kampf di Adolf Hitler. Quello che deve preoccupare è che le parole di questo genio del male sono state e sono tuttora seguite e attuate da molti: purtroppo hanno fatto scuola, e non solo a livello di propaganda. Ascoltate i discorsi di certe figure politiche, sia in Europa sia in Italia, e troverete molte analogie. Tutti i punti sono importanti e rivelano il modo di fare che certe figure politiche attuano, ma visto il periodo attuale, ci si soffermi sul punto 7; allora il nemico fu individuato negli ebrei (almeno in principio: poi lo divennero molti altri), oggi sono gli immigrati il nemico. Certo, una regolamentazione sull’immigrazione più chiara di quella attuale occorre perché mancano le risorse per accogliere un numero così elevato di persone e sostentarle in maniera dignitosa (e non ci si può arricchire con l’immigrazione come è stato fatto), ma il problema dello stato delle cose nel nostro paese non può essere additato agli immigrati: è una semplificazione troppo superficiale, ma è facile e immediatamente comprensibile dalla massa che non pensa, proprio come ha fatto notare Hitler, ed è su questo che si gioca. Risulta più semplice far credere che il problema è solo uno, dovuto a una sola categoria: quante volte si è sentito che se c’è delinquenza è colpa degli immigrati, se ci sono furti è colpa degli immigrati, se c’è spaccio di droga è colpa degli immigrati, se gli italiani non trovano lavoro è perché glielo fregano gli immigrati? Risulta più semplice far credere che una volta eliminati gli immigrati tutto andrà a posto, anche se è chiaro che le cose non stanno affatto così.
Molto più difficile invece far capire alla massa che i problemi sono molteplici, che sono dovuti a mentalità e atteggiamenti perpetrati da molti. I politici non ammetteranno mai che i problemi partono anche da loro, che sono loro i primi a commettere reati, ad attuare la corruzione, a creare leggi a proprio fare e a pensare che per loro le regole non valgono, a istigare odio, violenza e dare il cattivo esempio. Tanti rifiutano l’esistenza della mafia dato che vi sono legati e gli fa comodo che non venga portata alla luce perché hanno un tornaconto personale. Tantissimi non ammetteranno mai che se i figli commettono certe azioni, la colpa è dei genitori che non li hanno educati o gli hanno dato il cattivo esempio, reputando di poter fare tutto quello che gli passi per la testa, che il rispetto altrui è cosa inutile; certo, ci sono le eccezioni di figli che nonostante l’educazione ricevuta fanno poi quello che gli pare, ma la regola è che manca un’educazione di base, dove le varie parti si scaricano il barile l’uno con l’altro. Se tanti giovani commettono reati e violenze è perché, oltre a quanto appena scritto, vanno per imitazione: vedono quanto fatto sui social, in televisione, e lo mettono in atto perché questo dà notorietà, e avendo notorietà si sentono riconosciuti, quindi si sentono esistere. Questa società ha dato l’input che se non si appare, se non si è conosciuti, non si è nessuno, non si ha nessun valore; tanti ad attaccare i social, i media, additandoli come il male, ma questi sono soltanto dei mezzi: diventano il male perché sono le persone che gli trasmettono quello che hanno in sé in essi.
Si ritorna sempre sul fattore educazione: tutto dipende dalle persone, da come sono state educate e dal livello di consapevolezza raggiunto. Il problema si concentra allora su chi educa e si capisce quanto questo ruolo sia importante, nel bene come nel male. Gesù, nei Vangeli, metteva in guardia proprio da queste cose.

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? (2)

Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso. (3)

Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo (4)

Da duemila anni si viene messi in guardia (ma anche da prima, se si va a guardare anche in altre culture). La storia ha dato dei chiari esempi perché non si ripetano certi errori; eppure, pare che tutto questo ancora non basti, dato che si continua a perseverare. Oppure c’è un’altra ipotesi: queste cose le si è capite, ma vengono ignorate, perché si è disposti a tutto, anche a riproporre orrori, pur di ottenere il potere.

1. Pro e contro. Hitler. I dossier Mondadori. Arnoldo Mondadori Editore 1972, pag. 35,36,37.
2. Vangelo. Matteo 5,13.
3. Vangelo. Matteo 15, 14.
4. Vangelo. Matteo 15, 18-20.

Scelte d'autore

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Ogni autore, quando realizza un libro, fa delle scelte: quale stile utilizzare, quale storia raccontare, quali personaggi usare e come mostrarli. Qualcuno potrebbe obiettare che, a parte lo stile, l’autore non è poi così libero di scrivere e di ideare, come ha voluto mostrare Stephen King nella serie della Torre Nera, rivelando che lo scrittore è un semplice osservatore che riporta le vicende di mondi su cui apre una finestra e guarda. Queste sono realtà che ogni autore deve scoprire da solo: ognuno ha una propria verità da trovare e lo può fare solo scrivendo.
Quale che sia lo stato delle cose, ogni scrittore, una volta prese le sue decisioni, non può che aspettare il risultato delle sue scelte, che dipende dal giudizio dei lettori. Una premessa va fatta prima di andare avanti e che ogni scrittore dovrebbe avere chiara fin da subito: non si può piacere a tutti e non tutti possono essere accontentati. Chi vorrebbe che la storia andasse in un certo modo, chi vorrebbe un finale diverso, chi vorrebbe che un personaggio avesse avuto un altro ruolo o avesse avuto maggiore spazio: sono davvero tanti gli elementi che andrebbero cambiati se si ascoltasse tutti, al punto che alla fine si rimarrebbe bloccati.
Quello che un autore dovrebbe fare è andare avanti per la sua strada, ascoltando i suggerimenti che gli permettono di migliorare il suo lavoro, ma restando fedele alla propria idea se crede in essa.
Quando ho scritto L’Ultimo Potere sapevo come iniziare, come avanzare e come finire; sapevo che tipo di storia volevo raccontare. Ma sapevo anche che non volevo raccontare solo una storia d’azione, non volevo mostrare solo la rovina di un mondo: volevo creare un testo che rendesse il lettore consapevole di alcuni aspetti dell’essere umano. I vizi e le virtù sono alcuni degli elementi che ho trattato, ma non sono stati certo gli unici.
Niente di strano in questo, si potrebbe far notare. La scelta strana è che con L’Ultimo Potere ho voluto creare un’opera che unisse narrativa e saggista: visto che mi piacciono entrambe, ho deciso di usarle nello stesso lavoro. L’obiezione che si può fare è che o si utilizza l’una o si utilizza l’altra, ma visto che a me piace sia l’azione, sia l’introspezione, sia la riflessione, averle in un’unica opera è qualcosa che ho ritenuto apprezzabile. Sono consapevole che è stato un rischio agire in questa maniera, che non a tutti può piacere vedere mischiati i due elementi (certi dialoghi non sono degli “spiegoni” come si usa dire tra gli addetti ai lavori, ma sono il modo in cui ho immesso la parte saggistica), ma questa è stata la mia scelta d’autore.

Estremismi e follia

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I fatti di Macerata sono noti non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Già è stato grave il fatto che una ragazza sia stata uccisa e fatta a pezzi, ancora di più che una persona non legata alla vittima abbia deciso di farsi giustizia sparando su persone di colore che nulla avevano a che fare con la sua morte, ma che dovevano pagare solamente per avere la pelle dello stesso colore di chi è colpevole di un atto criminale.
Se possibile la situazione si aggrava ulteriormente con tanti attestati di stima e solidarietà all’uomo che ha sparato, cui sono seguiti inneggiamenti al duce, al fascismo e alla morte di chi è di colore, ma anche dei comunisti e di chi non è di destra. Chiari esempi di estremismi che stanno prendendo sempre più piede.
Che l’Italia sia nel caos lo si sa da tempo, come si sa che da tempo il fascismo sta sempre più prendendo piede, ma che ci siano forze politiche che speculano sull’immigrazione, che facciano leva su questo clima d’odio per ottenere voti e spingano sugli estremismi, fa preoccupare non poco. Perché è così che nascono cose come il nazismo: la storia ha insegnato che i tedeschi di allora prima colpirono gli ebrei, poi altre etnie, zingari, avversari politici, persone con handicap.
Qua, purtroppo, si teme che non andrà diversamente. Adesso gli africani, poi toccherà a sudamericani, orientali, chi non è della stessa appartenenza politica, disoccupati, anziani, handicappati.
La storia si ripeterà. E pare proprio che si voglia che si ripeta, dato che si lascia fare. Ci si domanda che fine ha fatto il reato di apologia di fascismo. Ci si domanda perché si permetta tranquillamente sui social di fare dei fotomontaggi dove si decapitano persone che politicamente la pensano diversamente. Ci si domanda perché un estremista di destra che ha sparato su persone innocenti venga difeso dando la colpa dell’accaduto agli immigrati perché sono in Italia.
Ci si pone molte domande, ma non si è meravigliati di quello che sta accadendo perché si sapeva che si sarebbe arrivati a questo punto. Era qualcosa di già scritto. I segnali erano chiari e vedendoli si poteva evitare di arrivare a questo punto; sono stati visti e si è voluto continuare lo stesso, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Studiando la storia ci si sarebbe accorti che di copioni simili ce n’erano già stati tanti, anche recenti, come fascismo e nazismo hanno insegnato con la Seconda Guerra Mondiale e tutto il periodo precedente che ha fatto giungere a essa.
Non è stato un caso, e non è stata certo fantasia, quando ho scritto di certi argomenti in L’Ultimo Potere: il contesto può essere differente, ma il copione è lo stesso. Chi ha letto il romanzo sa cosa è seguito dopo: si vuole fare la stessa fine?

La zona morta

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La zona mortaLa zona morta è un romanzo di Stephen King del 1979 e vede per protagonista John Smith, un giovane che, dopo essere stato in coma per più di quattro anni a seguito di un incidente, acquisisce il potere, toccando oggetti o persone, di vedere eventi del passato. Questo almeno all’inizio, perché con il tempo John riesce a vedere eventi che ancora devono accadere: grazie a esso evita la morte di un suo studente e dei suoi amici da un incendio, ma lo tormenta il fatto che poteva fare di più, che poteva salvare più vite. La colpa non è sua dato, che tanti non hanno creduto nel suo monito, ma il senso di colpa lo tormenta e si ritrova davanti a una scelta molto difficile: ascoltare la visione avuta dalla zona morta del suo cervello (così chiama il punto dal quale parte ciò che vede e che è la zona traumatizzata dall’incidente) oppure cercare prove sulla fondatezza di ciò che ha visto? Perché la scelta che deve fare è una scelta dal quale non potrà tornare indietro; senza contare che il tumore che ha colpito il suo cervello, e che causa tremendi mal di testa, non gli dà molto tempo per agire.
John si trova così a prendere la decisione di uccidere Greg Stillson, un politico senza scrupoli che ha fatto carriera a suon di porcate e che diverrà in futuro presidente degli Stati Uniti, causando una guerra nucleare. John non riuscirà a eliminare Stillson e perderà la vita nel tentativo, ma la sua azione smaschererà la natura folle di Greg, distruggendo la sua carriera politica e impedendo così che diventi presidente, evitando un disastro mondiale.

La zona morta è un romanzo scorrevole e avvincente, che fa riflettere sulla responsabilità dell’individuo nei confronti della società. John ha un potere, secondo la madre voluto da Dio, che va usato per il bene di tutti. Per un pezzo John cerca di isolarsi dal mondo, lontano dalle richieste di tante persone che vogliono che usi i suoi poteri per esaudire le loro richieste, cercando di ricostruirsi una vita che gli è stata portata via da un incidente causato da stupidi ragazzi che facevano una gara con le auto: ha perso il suo lavoro d’insegnante (a causa dell’aver risolto il caso di un serial killer che uccideva da anni le donne, la scuola per cui lavorava non ha più voluto avere a che fare con lui); Sara, la ragazza che amava, si è sposata con un altro ritenendo che lui non si sarebbe mai più svegliato dal coma; la madre, divenuta una fanatica religiosa in seguito al suo incidente, muore vedendo come viene trattato dalla stampa durante una conferenza.
Proprio il ricordo della madre, con le parole “fa’ il tuo dovere, Johnny”, lo spingono ad agire in una certa maniera per non avere sulla coscienza un numero indefinito di vittime.
Fosse stato scritto di recente, La zona morta probabilmente non sarebbe stato pubblicato, dato che tratta di quello che può essere considerato un attentatore che colpisce una carica politica. Fortunatamente le cose non sono andate così: La zona morta è un romanzo che dovrebbe essere letto da tanti per far capire come le persone dovrebbero fermare i politici quando portano il loro paese verso una condizione disastrosa. A questo va aggiunto che affronta molto bene il tema della solitudine degli individui che si distaccano e distinguono dalla massa, e di come la diversità non venga ben accolta; soprattutto colpisce come è mostrata la paura delle persone verso ciò che non capiscono.
Oltre alla lettura del libro, si consiglia la visione dell’omonimo film realizzato nel 1983 da David Cronenberg, con John Smith interpretato ottimamente da Christopher Walken, che con profondità e delicatezza mostra il dramma interiore del protagonista.

Minchiomachia - L'invasione dei minchioni

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Respiro con calma e sorrido. C’è pace tra gli alberi. Sotto i piedi gli aghi dei pini scricchiolano. Attorno aleggia il profumo delle ginestre. Gli uccellini cinguettano e spira una leggera brezza.
Soprattutto, non ci sono persone. Per questo sono salito sulle montagne, allontanandomi dai sentieri e perdendomi nelle profondità dei boschi.
Riprendo a camminare, felice.
Sono quaranta giorni che non ho crisi. Forse sta passando. Forse sto davvero disintossicandomi.
Accendo il trasmettitore.
«A chiunque è in ascolto: siamo tutti in pericolo. Se saremo esposti per un tempo prolungato ai raggi minchio, la società, per come l’abbiamo conosciuta finora, cesserà di esistere.
Se pensate che questo sia uno scherzo, scordatevelo: i raggi minchio esistono. Le multinazionali li usano per guidare la massa.
E quale massa migliore da guidare se non una formata da minchioni?
Sì, minchioni, perché le persone intelligenti non si fanno guidare: usano la propria testa.
Ma esiste un modo per piegare anche le persone intelligenti: i raggi minchio, per l’appunto.
Le multinazionali li hanno immessi nella pubblicità. Non una pubblicità qualunque, ma una che sarebbe diventata virale: quella di quel maledetto, stupido balletto, accompagnata da quella maledetta, stupida musichetta per la telefonia mobile.
Quel dannato ballerino, il giorno in cui ha inventato quello schifo di balletto, non poteva fare altro?
Scusate, sto divagando: il solo pensare a quella pubblicità fa montare una rabbia che rischia di diventare incontrollata e mi fa venire voglia di menare qualcuno. Torniamo al punto importante.
Se sarete esposti a lungo ai raggi minchio, la vostra intelligenza, assieme alla capacità di linguaggio, regredirà, e sarete capaci solo di obbedire come degli idioti, oltre a mettervi a ballare quello stupido balletto in qualsiasi momento. Sarà più forte di voi, non potrete resistervi.
Pulite le scale?
Balletto.
State facendo la doccia?
Balletto.
Siete a fare la spesa?
Balletto.
Tenete spenti televisori, pc, smartphone; evitate di navigare in rete. Non accendete neanche la radio: la pubblicità potrebbe essere messa in onda in qualsiasi momento. Una volta ascoltato il mio messaggio, evitate di avere a che fare con qualsiasi mezzo di comunicazione e allontanatevi dai centri abitati. Tenetevi alla larga anche dalle persone minchionizzate: sono portatrici dei raggi minchio e potrebbero contagiarvi, rendendovi come loro. Raggiungete le montagne: io sono già qui e vi troverò. Posso aiutarvi e insieme ideeremo un modo per fermare tutto questo.
Non sottovalutate il pericolo: perché il ballare e il rinminchionirsi non sono le cose peggiori che possono capitarvi. Se la quantità di raggi minchio che assorbirete sarà eccessiva, voi… »
Spengo il trasmettitore: ho sentito qualcosa. M’inerpico lungo la salita. Il sussurro che prima sentivo ora diventa un vociare sempre più forte.
Dovrei allontanarmi, l’istinto mi sta mettendo in guardia, ma la speranza che qualcuno abbia ascoltato il messaggio e accolto il mio appello è troppo forte: ormai sono giorni che sto trasmettendo.
Supero gli ultimi alberi. La radura si apre davanti ai miei occhi, inondata dalla luce del tramonto. Decine di persone sono in piedi in mezzo a essa, con in mano degli smartphone. Uomini, donne. Giovani, vecchi. Sono tutti in perizoma e bikini. Un uomo, anche lui con solo perizoma, sta davanti a loro.
«Oh raga, con questo video faremo un culo di soldi!»
«Sì!» esulta giuliva la massa.
«Spakkerà di brutto!» urla una parte.
«Sarà una figata!» risponde l’altra parte.
«E mi raccomando: dobbiamo sbatacchiare di brutto, proprio come facevano le balle di Bolle! Pronti?» domanda l’uomo.
Tutte le persone inclinano leggermente le ginocchia verso l’interno, poggiando l’indice sullo schermo dello smartphone.
“Oh no…” comincio a indietreggiare. “Nononononononononono…”
Corro a perdifiato tra gli alberi, sperando di fare in tempo ad allontanarmi da lì.
Troppo tardi: la musichetta parte.
Mi fermo, indurendomi di colpo, le braccia che di scatto mi si attaccano al corpo, cominciando a fondersi con esso.
“No…sta accadendo di nuovo…”

I due poliziotti stavano terminando il giro di ronda dell’isolato. Avevano ricevuto una segnalazione di movimenti sospetti nella zona periferica della cittadina montana, in prossimità dei boschi, ma non avevano riscontrato nulla di anomalo.
«Sarà stato lo scherzo di un qualche imbecille» sentenziò il poliziotto basso mentre ritornavano all’auto.
«O di uno fatto di brutto» replicò il poliziotto alto.
«Come quel ragazzo che era andato a fare una passeggiata in montagna ed è stato ritrovato in stato di shock: non faceva che ripetere d’essere stato inseguito da una minchia gigante che lo voleva menare.»
I due presero a ridere di gusto.
«Bellissima… la vorrei proprio vedere questa minchia gigante…quanto sarà alta? Quattro metri?» disse il poliziotto basso cercando di riprendersi.
«E per muoversi come fa? Gli sono spuntate le gambe o usa le palle come ruote?»
Continuando a ridere, salirono in auto. Il poliziotto alto stava per allacciarsi la cintura e avviare il mezzo quando il compagno scese di nuovo. «Che c’è?» gli chiese.
L’altro gli fece cenno con la mano di aspettare, allontanandosi di qualche passo dalla macchina.
Il poliziotto lasciò passare qualche secondo, poi scese anche lui. «Si può sapere che c’è?» domandò, rimanendo perplesso vedendo il compagno a bocca aperta fissare davanti a sé. Seguì la direzione del suo sguardo, spalancando anche lui la bocca per lo stupore.
«Oh, cazzo…» fu tutto quello che riuscì a dire.
Dalla montagna decine di minchioni alti quattro metri avanzavano zompando, ballando sgraziati e sbatacchiandosi l’uno contro l’altro.

(Questo racconto è la nuova versione di I raggi minchio, brano postato su Writer’s Dream)

Lo sguardo rivolto al passato

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A tutti è capito di fermarsi e guardare con nostalgia o con un sorriso il passato. I ricordi, se piacevoli, possono essere una bella cosa. Il ricordare è una cosa importante, perché serve a capire gli errori fatti e a cercare di non ripeterli. Ma vivere con lo sguardo sempre rivolto al passato non è una buona cosa, perché non fa vivere il presente: questo è un atteggiamento che nella società attuale viene perpetrato, come se il passato fosse meglio del presente, aggrappandosi a esso con la speranza che torni.
Il passato però è passato e non può tornare: ciò che è stato non può essere riportato in vita.
Eppure, si continua ad agire cercando di farlo rivivere. Basta vedere le tante reunion di band o cast serie tv passate che si fanno, le trasmissioni tv dedicate agli anni trascorsi (es. 90 special), i remake di film di successo del passato. I risultati dimostrano che queste “resurrezioni” non sono ben riuscite, un po’ come avviene in Pet Semetary di Stephen King, dove i morti seppelliti nel cimitero indiano tornano a nuova vita, ma sono qualcosa di abbrutito, che sarebbe stato meglio non risvegliare perché non hanno più nulla dell’originale: sono solo una cosa distorta.
Perché tanti fanno così?
Perché si vive in un presente che non piace e si cerca rifugio in qualcosa che ha fatto stare bene, sperando di alleviare, se non far scomparire, la sofferenza. Ma questo non serve, perché prima o poi bisogna risvegliarsi dai sogni e avere a che fare con la realtà.
Non è solo questo però: si ha la percezione che oltre il presente ci sia un vuoto di futuro, ovvero che si sia arrivati al massimo dell’evoluzione e non ci sia più nulla da scoprire, avendo già tutto il possibile. Il futuro non serve: pare questa essere la convinzione che in molti hanno sviluppato, almeno stando a quanto fa notare Igor Sibaldi; ma di ciò se ne parlerà di più in futuro quando si approfondirà la conoscenza del libro Il mondo dei desideri.
Nell’attesa, consiglio la lettura del bel racconto scritto da Ghigo (utente di WD): rende perfettamente quanto scritto.