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Una questione di giustizia

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Bernie Ecclestone, patron della Formula Uno, era sotto processo per corruzione per aver pagato una tangente di 44 milioni di dollari al banchiere tedesco Gerhard Gribkowsky, in carcere per una condanna a otto anni e mezzo per avere accettato tangenti.
Per non essere processato, Ecclestone ha pagato 100 milioni di dollari, facendo così archiviare il caso, evitando così una condanna a dieci anni di galera, potendo così rimanere a dirigere il mondo della F1.
Il messaggio che passa, l’ennesimo esempio di quest’epoca dove tutto si basa sul denaro, è che la giustizia non esiste, che può essere piegata da chi ha soldi e potere; è una cosa vecchia come il mondo che esistano due pesi due misure.
Ma bisognerebbe fare una precisazione e dire che non si sta parlando di giustizia, ma di regole per ordinare la società, sottolineando che queste regole non applicano le leggi eque ed universali di quella che dovrebbe essere la giustizia, ma che sono pensate e progettate da chi è al potere e adeguato a esso.
Di fronte a fatti del genere, non si può parlare di giustizia, perché la giustizia vuole che chi sbaglia paga, chi commetta reati venga condannato, a prescindere dalla sua posizione sociale o da quanti soldi possiede.
Non ci si chieda perché le persone non hanno più fiducia nelle istituzioni.