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Il magazzino dei mondi 2

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365 racconti d’estate

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Il sapore della vendetta

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il-sapore-della-vendetta-abercrombieOgni opera di Joe Abercrombie ha avuto un tema dominante: per la trilogia di La Prima Legge è stato la politica con i suoi intrighi, per The Heroes è stato il campo di battaglia. Per Il Sapore della Vendetta, come dice già chiaramente il titolo (in originale Best Served Cold, che si rifà a una frase di Pierre Choderlos de Laclos La vendetta è un piatto che va servito freddo) il fulcro delle vicende ruota attorno alla vendetta che spinge Monzcarro Murcatto ad agire. Uno sviluppo delle vicende che nel modo di agire ricorda Beatrix Kiddo (interpretata da Uma Thurman) dei due film di Kill Bill di Quentin Tarantino: anche nel romanzo di Abercrombie la protagonista subisce il tradimento di una persona di cui si fidava, vede morire una persona a lei cara e si ritrova, dopo essere scampata in maniera davvero fortunosa, a pianificare lo stesso destino per i suoi carnefici dopo una lunga degenza per le profonde ferite fisiche subite.
Monza (diminutivo di Monzcarro), dopo essere stata a capo dell’esercito mercenario delle Mille Spade, si ritrova da sola a cercare alleati per mettere in atto la sua vendetta: i mezzi non le mancano di certo (data la fortuna accumulata facendo la mercenaria e custodita in un luogo sicuro), deve solo trovare le persone adatte per portare a termine i suoi propositi, dato che il suo obiettivo finale è un pezzo grosso: il Granduca Orso di Styria.
E’ così che s’incontrano vecchie e nuove conoscenze. Brivido, già visto in La Prima Legge, giunto a Talins per cominciare una vita diversa da quella del Nord e divenire una persona migliore. Come sono già stati conosciuti Scilo Vitari (una Pratica che lavorava per gli Inquisitori dell’Unione) e Nicomo Cosca (mercenario che si trova sempre in condizioni disagevoli, per non dire disperate, dopo essere riuscito sempre a dilapidare vere e proprie fortune). A loro si aggiungono l’ex detenuto Ghigno (ossessionato dai dadi e dai numeri), Morveer (Mastro avvelenatore, che soffre di un complesso d’inferiorità che si porta dietro fin da piccolo e vuole dimostrare a tutti la sua grandezza) e Day (sua assistente, sempre intenta a mangiare qualcosa).
Ognuno di loro dà il proprio contributo nel portare a termine la missione e risulta essere fondamentale per ogni assassinio dei sette che si trovano sulla lista di Monza. Ma come è tipico della vita i piani non vanno mai come sono stati congegnati e l’imprevisto scombina sempre i progetti; senza contare che sangue chiama sempre sangue, innescando un circolo che non ha mai fine. E’ così che si scopre che Monza non è l’unica ad avere come obiettivo la vendetta, ma che tutti hanno torti da voler vendicare, perché tutti sono stati in un qualche modo traditi da qualcuno, soprattutto da chi non ci si aspettava: è attraverso queste vicende che salta fuori la vera natura di ciascuno, mostrando come spesso la realtà sia diversa da come l’apparenza invece fa vedere.
La violenza e il brutale realismo che sono tipici di Joe Abercrombie si mantengono sempre sui soliti livelli, tuttavia l’opera pare avere toni meno cupi rispetto a La Prima Legge, forse perché la vendetta è un sentimento più comprensibile, quasi più umano, rispetto alle macchinazioni politiche che sfruttano qualunque cosa senza guardare in faccia nessuno, sacrificando tutto in nome del potere come ha fatto il Primo Mago Bayaz.
Come le altre opere tradotte e pubblicate da Gargoyle di Abercrombie, il formato del volume si mantiene con copertina rigida e sovracopertina, ma rispetto ai volumi precedenti si è avuto un aumento del prezzo passando da 19.90 E a 24.90 E; un aumento che si può cercare di giustificare con la presenza di diverse mappe (una per ognuna delle sette parti in cui è diviso il romanzo; sette come le persone che devono essere eliminate e i luoghi in cui si trovano), anche se sono in bianco e nero e sono realizzate con un tratto semplice e non molto ricche di particolari. Tuttavia, l’aumento del prezzo non fa mantenere lo stesso livello di attenzione nei riguardi del testo avuto in precedenza, dato che i refusi sono numerosi, più di quanto sia lecito aspettarsi.

365 racconti d'estate

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Doppia cover 365 estate BASSA1

Da giugno sarà disponibile nelle librerie l’antologia 365 racconti d’estate. Come è visibile dalla locandina promozionale sarà possibile scegliere con quale copertina acquistare la propria copia.
Come in altre antologie pubblicate da Delos Books, anche in questa è presente un mio racconto, Estate Solitaria: per chi fosse curioso, è possibile leggere l’incipit in questa pagina.

Campi dorati

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Sui cartoni animati e sull'educazione

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capitan-harlockNegli anni ’80 c’è stata la polemica contro i cartoni animati che venivano trasmessi in televisione, ritenuti non solo inadeguati per i bambini perché ritenuti violenti, ma soprattutto perché considerati diseducativi. E’ vero che alcuni di essi non erano proprio adatti per un pubblico di bambini, dato che affrontavano trame e tematiche adatte ad adolescenti e oltre (vedasi Lady Oscar, Georgie, Candy Candy), ma considerare serie animate come Capitan Harlock, Robotech (per non parlare di altri anime sui robot) prodotti violenti che insegnano solo negatività e sono causa di male è stata dimostrazione d’ignoranza e del fatto che si va dietro come un gregge al primo che la spara grossa: masse di genitori si sono scagliati contro di essi senza saperne nulla
Invece c’è molto di positivo in queste serie, trasmettendo valori come la libertà, il lottare per le cose importanti quali il rispetto per la dignità umana, gli affetti, i diritti, l’opporsi alla tirannia, la comprensione per il diverso.
Non parliamo poi delle crociate contro il fantasy, i giochi di ruolo, considerati istigatori del male, traviatori di menti: non sono stati rari casi di membri degli ordini ecclesiastici che li hanno additati come il mezzo con cui il Maligno s’impossessa dell’anima di giovani menti per agire sulla Terra e fare il male. I romanzi di tale genere (comprese perle come Il Signore degli Anelli e La Storia Infinita) sono stati considerati libri che sarebbe meglio mettere al bando. Giochi come D&D sono stati ritenuti come i generatori di gesti folli da parte di alcuni individui (non si è mai considerato invece che le cause affondavano altrove, come ad esempio situazioni familiari disastrate, le reali fonti di un grave malessere e disagio); perfino giochi di carte come Magic sono stati visti come simbolo del Diavolo perché al suo interno avevano figure che rappresentavano demoni e creature infernali (senza prendere però in esame che in tale gioco esistono carte che rappresentavano angeli, paladini, chierici e tutte le forze della luce che si oppongono a quelle delle tenebre; non si tiene conto che in questo passatempo sono rappresentate tutte le creature appartenenti ai miti e alla fantasia).
Tutte queste affermazioni sono state e sono solo strumentalizzazioni d’integralisti per fomentare campagne di censura e odio, basate sull’ignoranza e sull’ottusità per imporre un proprio punto di vista limitato e dannoso. Invece di cercare il male dove non c’è, si rifletta sul fatto che il peccato è nella mente di chi guarda e su quello che viene proposto oggi giorno e sui messaggi che vengono fatti passare.
Ci sono libri che vertono sulle perversioni sessuali (le varie Sfumature), mentre il fantasy attuale (contro cui non viene detto, anzi spesso lo si esalta) si concentra sulle turbe ormonali degli adolescenti lasciando perdere qualsiasi valore morale. Sul fronte cartoni animati non si va certo meglio, dato quanto viene proposto per i bambini, come a esempio Peppa Pig. Si faccia attenzione ai messaggi che vengono fatti passare (si legga questo articolo in proposito): è pieno di cliché,  di classificazioni, luoghi comuni che tanto si sono cercati di superare (quali a esempio che i maschi giocano solo con dinosauri e macchinine e le femmine solo con le bambole, che gli uomini vanno al lavoro e le donne stanno a casa). Si propongono modelli limitati ed edulcorati, quando invece si sa che la realtà è molto più complessa e difficile e non fa sconti solo per il fatto che si è bambini. Il limite di tale cartone (oltre al fatto che è disegnato veramente male) è che trasmette insegnamenti che non sono di grande aiuto perché si deve fare i conti con una realtà molto diversa e lo fa in una fascia d’età dove il segno viene lasciato con grande forza (non per nulla Pestalozzi diceva “Datemi un bambino fino a 7 anni e poi tenetevi tutto il resto: quel bambino sarà sempre dalla mia parte” perché aveva capito che la formazione delle strutture fondamentali dell’identità della persona avviene nei primi 7 anni di vita); senza contare che è anche diseducativo e maleducato con tutti i peti, i rutti e rotolamenti nel fango che ci sono in ogni puntata (non credo che un genitore sia contento per il figlio che s’imbratta da capo a piedi).
Un prodotto tanto celebrato da cosiddetti esperti (che però tanto esperti dell’infanzia non devono essere visto cosa propongo), che assurge a dare un modello per formare i bambini in maniera standardizzata, ma è una cosa vuota, che non adempie al ruolo che gli spetterebbe. Ben si adattano a questa situazione le parole di un vero esperto quale Bruno Bettelhein:
“La maggior parte di questi libri sono tomi superficiali e inconsistenti che non si può cavarne molto di significativo. L’acquisizione di capacità, compresa quella di leggere, perde di valore quando ciò che si è imparato a leggere non aggiunge nulla d’importante alla nostra vita.
Tutti noi tendiamo a stabilire i futuri vantaggi di un’attività sulla base di quanto offre al presente. Ma questo è particolarmente vero per il bambino, che, molto più dell’adulto, vive nel presente e, benché abbia delle ansie circa il suo futuro, ha soltanto le più vaghe nozioni di quelle che potranno essere le sue esigenze o di come potrà essere il suo domani. L’idea che l’apprendimento della lettura possa consentire a una persona di arricchire più tardi la propria vita viene percepita come una vana promessa quando le storie che il bambino ascolta, o è già in grado di leggere, sono vuote. La caratteristica peggiore di questi libri per l’infanzia è che essi privano il bambino di quanto egli dovrebbe ricavare dall’esperienza della letteratura: l’accesso a un significato più profondo, e particolarmente valido in relazione al suo stadio di sviluppo.”
(1)

1 – Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, pag. 10. Bruno Bettelheim. Feltrinelli, 2012

Il Salone del Libro e l'effetto gregge

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Il Salone del Libro di Torino come ogni anno è passato e ognuno tira le somme. I grandi gruppi, le grandi case editrici sono soddisfatti dell’affluenza avuta ai loro stand (con i mezzi a disposizione che hanno è una cosa normale), i piccoli editori un po’ meno, nonostante qualche buon risultato ottenuto, mentre per altri il quadro non è per nulla positivo.
Che l’editoria in Italia sia una giungla è un fatto e che il settore in questo periodo sia in crisi è un altro dato di fatto. Chi vuole avere a che fare con questo mondo sa che dovrà fare i conti con un mondo duro, dove emergere è difficile e ci sono pochissimi spazi per stare a galla, a meno che non si abbiano gli appoggi giusti. Lo scenario non è affatto consolante: l’Italia non è un paese per esordienti e per meritevoli, non si vuole scommettere su qualcosa di nuovo, ma si ricalcano copioni talmente visti che sono logori e che si riconoscono al primo sguardo.
Le riflessioni sulla questione potrebbero essere tante, ma in merito a questo argomento le lascio ai commenti dei post linkati in precedenza nell’articolo. Voglio invece soffermarmi su un annuncio in particolare emerso dal Salone del Libro, ovvero quello inerente la trilogia I Canti delle Terre Divise di Francesco Gungui, dove è stato proclamato come un’opera di successo, date le ottime vendite ottenute.
Da questa affermazione è sorto qualche dubbio. In primis, come si fa a parlare di ottime vendite riguardo la trilogia dato che gli ultimi due volumi sono usciti da poco (l’ultimo da due settimane): non ci sono numeri a sufficienza per avere un quadro ben delineato, specie dinanzi a quanto sto per scrivere. Tempo fa, facendo un giro per le librerie della città della provincia dove risiedo, ho dato uno sguardo sugli scaffali e non trovando il primo romanzo della serie, mi sono informato sul perché non venisse tenuta: la risposta è stata perché non vende. Non si hanno numeri alla mano per poter dire che quanto riportato sopra non corrisponda a verità, tuttavia il dubbio sorge (essendo in Italia di sospetti se ne hanno sempre, visto quello che succede ogni giorno): o ho avuto il caso d’andare in librerie sfortunate in un periodo sfortunato oppure sono le solite mosse italiane per indurre le persone a comprare, un escamotage che gioca sul fatto che la massa tende ad andare dietro la maggioranza, a ciò che va per la maggiore e proprio per questo vengono fatte certe affermazioni.
Se si vuole capire il meccanismo che si cela dietro questo modo di fare si legga questo articolo: è inerente i sondaggi, ma il processo di condizionamento è lo stesso, dato che gioca sull’effetto gregge e sul fatto che la gente non usa la propria testa per pensare, ma si adatta a seguire la corrente.
Di fronte a ciò, come ci si può fidare di chi lancia certe affermazioni? Come non si può vedere che c’è chi come sempre cerca di sfruttare, prendendo tranquillamente in giro?

Come si valuta uno scritto

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Premessa iniziale: per scritto s’intende un racconto, un romanzo.
Il primo fattore che entra in gioco è il gusto personale, che fa propendere per un genere piuttosto che un altro: può essere horror, fantascienza, fantasy, saggistica, psicologia; ognuno ha il suo. Logicamente, a seguito di ciò nel giudizio vengono presi in considerazione altri fattori, quali lo stile, lo sviluppo della trama e dei personaggi. Se la tipologia di storia piace, ma è realizzata in maniera mediocre, si avrà una bocciatura, mentre se ci sono qualche incongruenze o pecche, ma nel complesso l’opera è stata apprezzata, si avrà una promozione.
Il metodo di giudizio deve però cambiare se è una casa editrice a fare una valutazione o se si fa parte di una giuria di un concorso. Il gusto personale non deve entrare in gioco, ma occorre essere oggettivi valutando il lavoro in maniera professionale, giudicando lo stile, la realizzazione dell’idea, la caratterizzazione dei personaggi, lo sviluppo della trama: tutti fattori che devono essere valutati a fondo e soppesati con cura.
Purtroppo questo tipo modo di valutare in Italia non viene utilizzato, dove il gusto personale la fa da padrone insieme all’adattarsi e seguire le mode del momento e non si premiano i lavori qualitativamente migliori. Una scelta sbagliata, come ha dimostrato il fatto che si è bruciato il mercato in certi settori, vedasi il fantasy (ho parlato di tale argomento in questo articolo).
Ma che differenza c’è tra i due metodi di giudizio?
Faccio un esempio.
Diverso tempo fa ho letto Sopravvissuti di Richard Morgan. Benché la storia fosse interessante, lo stile buono così come la caratterizzazione dei personaggi, non ho proseguito nella lettura della successiva opera della trilogia perché non ho apprezzato la scelta di come sono state usate le scene di sesso, dato che sono fini solo a se stesse e si percepisce il compiacimento dell’autore nel mostrale in tutti i loro dettagli. In questa scelta è entrato in scena il gusto personale, perché in un fantasy non ricerco sesso descritto in una certa maniera: se lo voglio, so dove cercare. Questo ha portato a una mia bocciatura nei riguardi dell’autore.
Giudizio che invece sarebbe stato differente se l’avessi dovuto esprimere all’interno di un concorso o di selezione per pubblicazione di una ce. Buono stile, personaggi ben caratterizzati, buono lo sviluppo dell’intreccio, trama complessa e interessante. Un romanzo che come valutazione raggiunge un 7.5, possedendo discrete possibilità di vittoria perché è un romanzo ben fatto.
Questo dovrebbe essere il modo di agire che purtroppo nel nostro paese non viene usato, dove molte cose vengono falsate, dimostrando quale sia il livello di onestà e di competenza e dando risposta a come mai sugli scaffali delle librerie siano arrivati e arrivino tanti prodotti di così basso livello.

Pietre 2

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E' tutta una questione di soldi

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Vivendo nell’Era dell’Economia è normale che tutto sia incentrato sul denaro, che tutto ruoti attorno a esso e sia l’elemento più importante sul quale le società fanno basare la vita degli individui. Senza denaro nella civiltà che ormai esiste da molto tempo non si può costruire nulla, è necessario per realizzare e portare avanti progetti, sogni, per avere una vita sociale; senza denaro si è esclusi, perché esso è tutto ciò che conta ed è tutto ciò che si cerca.
Se non si crede a queste parole, ci si fermi un attimo a osservare: in qualsiasi ambito si è raggiunti da proposte atte a far spendere soldi.
La pubblicità televisiva, quella che arriva per mail, cellulare, sui giornali, è un elemento che viene subito in mente di questa realtà, ma se si sa guardare altre cose saltano all’occhio.
Se si va in un centro commerciale (alle volte succede anche nei singoli negozi) non è raro essere “abbordati” da promoter che vogliono vendere i loro prodotti o proporre contratti di qualche ente di telefonia (mobile o fissa non fa differenza).
Se si va a fare una semplice passeggiata, un giro in bici o una nuotata in piscina ci si ritrova a essere avvicinati da persone che invitano a partecipare a iniziative, a iscriversi per far parte di gruppi con la scusa di socializzare (ma dove l’unico scopo è “accalappiare” gente per aumentare gli introiti).
Se capita di andare a messa durante l’omelia ci si ritrova ad ascoltare richieste d’offerte per finanziare dei lavori di ristrutturazione degli edifici legati alla chiesa o iniziative a favore della parrocchia, a supporto della comunità.
Se si ricerca su internet una certa notizia non è raro finire in siti che nel parlare di essa spingano con forza all’acquisto di un prodotto legato a essa (può essere di tutto, da una rivista a un gadget).
Poi bisogna tenere conto delle numerose le richieste che arrivano da tutte le parti inerenti il dare un piccolo aiuto a chi è bisognoso (bambini africani, terremotati, vittime di alluvioni, malati di cancro) da associazioni di ogni genere.
Per non parlare delle banche, che sono solerti nel richiedere che si facciano investimenti, ma che non fanno prestiti o mutui a chi ne ha bisogno accampando ogni genere di scusa ai rifiuti.
Questi sono solo alcuni esempi, ma la realtà è piena di cose del genere e da tutto ciò si deduce una sola verità: l’unica utilità, l’unico scopo dell’individuo è quello di dare soldi ad associazioni per permettere a queste di mantenersi e di mantenere chi le ha create e le gestisce; poi può anche morire, non importa, l’importante è che sganci denaro. La verità, è che in questo mondo (inteso come mentalità della maggioranza, non come pianeta) l’essere umano non conta nulla, non ha nessun valore: i suoi sogni, i suoi valori, le sue aspettative, i suoi diritti non valgono nulla. Basta vedere come vengono trattati i lavoratori, dove si vuole che lavorino sempre di più per sempre di meno, dove elementi come Poletti asseriscono che devono rinunciare ai diritti perché sono solo un ostacolo alla crescita. O come si sia disposti a creare anche disastri ambientali perché qualcuno possa arricchirsi, senza considerare le conseguenze che possono seguire da certe scelte.
Si rifletta su questo e si pensi che, dopo aver distrutto tutto (foreste, corsi d’acqua, falde acquifere), ed eliminato tutto (pesci, animali), senza più nulla con cui sostentarsi, i soldi non sono commestibili e non possono essere usati come cibo.

Semi piantati

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Dopo un periodo di stacco, ho iniziato la revisione di L’Ultimo Demone, l’ultimo romanzo che da poco ho terminato. Qualche correzione (di piccolo conto) per rendere la trama più scorrevole, eliminazione di refusi, messa a punto a livello di stile per rendere più fluida la lettura, ma nel complesso, a parte alcuni punti, il lavoro è meno impegnativo di quello che ho dovuto fare con Strade Nascoste – Storie di Asklivion: non che allora ci fossero problemi con la storia, ma essendo agli inizi non avevo acquisito la capacità di sintesi e uno dei tanti errori in cui s’incorre quando si comincia a scrivere è che si ritiene che più si usano parole, meglio è. Con l’esperienza si capisce che non è così che si ottiene il lavoro migliore (come si capisce che non si devono usare troppo gli aggettivi, gli avverbi e i pronomi possessivi), ma come ogni cosa ci vuole il suo tempo e solo con la pratica ci sono elementi che possono essere acquisiti; elementi che permettono di ottimizzare le risorse e il tempo, evitando un surplus di lavoro nelle successive fasi la prima stesura.
Ma più che il lavoro di messa a punto, il pensiero è andato alla nascita di questa storia. Non mi riferisco al fatto che è legata direttamente a L’Ultimo Potere (anche se sono due volumi separati, li considero parte della stessa opera, un’unica “entità”), quanto a come è sorta l’idea di parlare di un mondo finito in rovina, con l’umanità preda di vizi e dei suoi lati più oscuri. L’idea di parlare della caduta del mondo e dell’uomo è sorta nel 2009 alla conclusione di Non siete intoccabili (dove il nucleo del romanzo era l’attacco al potere economico) e allora ho gettato le basi per un romanzo che narrava le conseguenze dei fatti accaduti; il progetto, benché terminato e pronto per la stesura, è stato messo in attesa di maturazione perché un’altra idea è nata con forza e che spingeva per prendere vita: in un mondo che s’allontana sempre più da valori quali dignità, rispetto, etica, dove sempre più si spinge per andare dietro a simboli vuoti e dannosi, cercare di capire cosa è stato a causare tutto ciò. Certo i Demoni, queste essenze spirituali corrotte che hanno contaminato gli uomini e che si sono infiltrate in qualsiasi istituzione, hanno avuto la loro parte, ma non è dovuto solo a loro lo sfacelo: le cause sono state cercate molto più lontano, perché hanno radici più profonde.
Questa è stata l’idea da cui è partito il tutto. Ma andando a ritroso nel tempo, grazie allo sfogliare vecchi album di foto, rileggendo libri e ascoltando musica che ascoltavo tempo fa, mi sono accorto che i semi di questa storia erano già stati piantati ai tempi delle scuole superiori. Allora non avevo nessuna velleità di mettere per iscritto le storie che immaginavo (il dover scrivere era un supplizio, causato dalla scuola che richiedeva di dover scrivere di cose che non m’interessavano), né tantomeno avrei immaginato che di lì a qualche anno avrei iniziato il percorso di scrittura che tuttora sto percorrendo, ma capitava che da un libro, un film, l’immaginazione prendesse spunto e cominciasse a creare una storia con vita propria. In quel tempo furono due elementi a dare spunto per quella che anni dopo sarebbe stata la storia di Guerriero, protagonista di L’Ultimo Potere: il videogioco Duke Nukem e una melodia che anni dopo ho ritrovato nella canzone Enjoy The Silence dell’album Karmacode dei Lacuna Coil. Il tema del videogame e il sound della musica mi hanno fatto immaginare una città dai palazzi resi scuri dal fumo, costantemente sotto un cielo plumbeo, con strade piene di barricate e rifiuti. In essa s’aggira un uomo, uno dei sopravvissuti dell’invasione di mostri feroci (la loro natura è ignota, non si sa se demoni, alieni o un esperimento scientifico andato a male), reso duro dalle esperienze, armato di tutto punto, che vive in un bunker fortificato con muri e spesse porte blindate d’acciaio, difeso con ogni sorta di ritrovato tecnologico. In una delle sue uscite in cerca di cibo salva una ragazza dai capelli neri e la prende con sé, difendendola dagli attacchi delle mostruose creature.
Una storia semplice, di certo non originale, usata per fantasticare alle volte nel tempo libero, ma che faceva provare qualcosa, che è rimasta viva per più di quindici anni in attesa di venire narrata e che dimostra che ciò che conta davvero trova sempre il modo di tornare e avere il suo spazio, non importa quanto tempo deve aspettare.