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La cosa più preziosa

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Qual è la cosa più preziosa che un individuo possiede?
Qualcuno può dire la vita.
Altri possono asserire che siano le scelte che vengono fatte.
Altri ancora il tempo.
Se ci si pensa, tutte queste cose sono legate tra loro. Si può dire che la qualità della vita dipende da come decidiamo d’impiegare il tempo della durata della nostra esistenza. E si sa che essa è breve. Così breve da risultare preziosa.
Eppure, nonostante il suo valore senza prezzo, lo si vende per cifre irrisorie, passando la maggior parte dell’esistenza a far cose che non piacciono. Certo, le ragioni per questo comportamento possono essere tante: la necessità di sopravvivere, di avere di che mangiare, dove dormire, dover pagare le tasse, permettere ai figli di crescere, di poterli mandare a tennis, a calcio, in palestra.
Tutte cose giuste, per le quali occorre sacrificarsi per poter far sì che siano realizzabili, occorrono grandi sforzi, visto quanto sono costose.
Ma la verità, è che tutte queste cose le si stanno pagando molto di più di quanto esse valgono. E non solo inteso come valore monetario, ma anche come costo umano, come sacrificio di parti di sé. Certo è, che di quello che si guadagna, molto viene speso per il superfluo, non per il necessario.
Abbonamenti a tv satellitari, tariffe telefoniche per cellulari, telefonini, smart-phone, i-phone, i-pad: elementi ritenuti necessari per divertirsi, per poter comunicare con gli altri, essere connessi al sistema, altrimenti si rischia di essere tagliati fuori da quella che si considera vita. Ma si fa fatica ad accorgersi che così facendo si perde la capacità di comunicare veramente, di avere veri rapporti umani con gli altri; se si osserva diventa sempre più difficile trovare persone che guardano direttamente negli occhi il proprio interlocutore, visto che si prova disagio per non essere più abituati a trattare con i propri simili: si riesce a mantenere lo sguardo fisso su quello dell’interlocutore per pochi attimi prima di posarlo altrove.
Poi sono necessarie le ferie, perché occorre staccare dalla routine, occorre ricaricarsi delle energie spese per il lavoro, occorre smaltire lo stress accumulato per la convivenza forzata con i colleghi con cui non sempre si va d’accordo, costretti a mantenere dei rapporti anche se non si è in sintonia e ci sono degli attriti (come ogni essere vivente, c’è bisogno di avere un certo spazio vitale che non sia invaso dagli altri: altrimenti l’invasione crea una reazione che se non trova modo di sfogarsi porta a conseguenze poco piacevoli, come succede negli allevamenti intensivi di polli dove gli animali alle volte s’ammazzano tra loro perché costretti a stare uno addosso all’altro). Per svagarsi, divertirsi, non avere pensieri, trovare relax occorre naturalmente spendere denaro; si è arrivati a un livello tale di stress causato dai rapporti umani e dall’uso della tecnologia che si arriva a pagare profumatamente per andare in resort dove non c’è niente, dove si resta soli, tagliati fuori dalla rete e da tutto quello che è collegato a esso.
Questo sistema che crea così tanti contatti con la gente, ma non ne instaura di veri, reali, duraturi, fa nascere una desolazione, un’aridità interiore che crea un bisogno d’affetto; un bisogno che crea una domanda e pertanto fa nascere un’offerta. In America ci sono persone che si fanno pagare per coccolare chi ha questa necessità: niente di sconcio, non si tratta di prostituzione, ma semplicemente di abbracciare e dare tenerezza.
Ma se si è parlato di pagare il superfluo, non bisogna dimenticare che c’è anche le necessità.
Una delle più costose è la casa, con costi di affitti e mutui (quando vengono dati) sempre più alti. Per non parlare delle bollette di luce, acqua, telefono, riscaldamento, che ogni anno non fanno che aumentare il loro costo, a fronte invece di stipendi che quando non aumentano, calano.
Subito dopo viene l’auto, necessaria a molti per recarsi sul posto di lavoro perché le loro residenze non sono servite da un servizio pubblico adeguato alle esigenze richieste. Carburanti che crescono senza controllo (una continua speculazione), bolli auto, assicurazioni, portano via una buona fetta dello stipendio; senza contare i costi dei tagliandi e delle spese di manutenzione che il mezzo richiede. A questo si aggiunga il prezzo dei parcheggi, dato che nelle città trovarne di liberi è come trovare oasi nel deserto.
Poi ci sono le trattenute sullo stipendio per avere una pensione, le tasse da pagare per i servizi offerti dallo stato. Soldi versati per non ricevere servizi adeguati e mantenere un carrozzone di politici e governanti che si aumentano sempre i salari e pretendono sempre più sacrifici dalla popolazione per mantenere il loro livello di vita.
Visto che gli stipendi non aumentano, ma le spese che sono sempre più incidenti sul portafoglio sì, ne consegue che le persone per mantenere lo stesso tenore di vita cui sono stati abituati, devono lavorare molto di più, anche trovare un secondo lavoro, quando ci si riesce. Quindi sempre più tempo della vita è passato al lavoro e sulle strade per raggiungerlo, dato che spesso non è proprio dietro l’angolo, ma si devono percorrere decine e decine di chilometri. Tempo che è tolto ai rapporti sociali, familiari, d’amicizia. Non è strano che spesso si abbia a che fare solo con estranei, instaurando rapporti che non durano, dove non c’è spazio per costruire qualcosa di solido, per approfondire conoscenze e conoscere veramente le persone che si scelgono poi di avere al proprio fianco. Così nascono le incomprensioni; incomprensioni che non trovano risoluzione perché non c’è tempo per il dialogo, il confronto (ma non va dimenticato che spesso la causa è la mancanza di volontà di trovare il tempo per porre rimedio alle situazioni creatisi).

«L’unica cosa che importi nella vita », proseguì l’uomo, « è riuscire in qualche cosa, arrivare a essere qualcuno, possedere qualcosa. Colui che arriva più lontano e diventa più importante e possiede di più, avrà tutto il resto – e per giunta gratis – cioè amicizia, amori, onori eccetera.» (1)

Tutti tesi dallo stare al passo con quanto detta il modo di vivere che si è costruito, non ci si accorge che si sta alimentando un costrutto sfruttatore, risucchiante energie, vita, come un parassita, un vampiro: qualcosa che non avrebbe nessuna forza, se non fossero le persone ad alimentarlo. Un costrutto che fa leva, gioca, alimenta i Vizi degli individui, puntando soprattutto sull’invidia che spinge a voler sempre di più, per raggiungere una posizione migliore ed essere guardati, ammirati dagli altri. Un modo per sentirsi migliori, superiori: una percezione illusoria che gioca sull’Ego.
Ma che non rende felici.
Basta guardare il modo di comportarsi delle persone. Scontrose, lamentose, maleducate. Sempre pronte a scagliarsi sugli altri, ad attaccar briga, dando la colpa al prossimo dei propri problemi, dei propri insuccessi, quando invece per trovare un responsabile basterebbe fissare uno specchio.
Proprio la mancanza di felicità è il termometro che rileva il livello d’insoddisfazione delle persone, la qualità della loro esistenza.
Signori GrigiCome raccontato da Michael Ende in Momo, questi tempi sono governati da Signori Grigi che vogliono il nostro tempo e cercano in ogni modo, con ogni mezzo, di strappare il nostro consenso per ottenerlo e sfruttarlo. Ma questo tempo non verrà risparmiato, non potrà essere recuperato: una volta passato, il tempo non ritorna, è qualcosa che sarà perdita, che finirà in fumo se non vissuto nel migliore dei modi e lo si rimpiangerà, sprecando così altro tempo.
Tutte le cose materiali che abbiamo, che vediamo, ciò a cui aneliamo, possono essere utili se rendono la vita migliore, non se ci rendono dipendenti, degli schiavi, facendoci esistere e tribolare solo in funzione di esse; a quel punto non è più vita, ma prigionia. E di prigioni intorno a noi ce ne sono molte, con la porta sempre aperta, pronte ad accoglierci e a tenerci dentro.

Ogni giorno alla radio, alla televisione, sui quotidiani si spiegavano e si magnificavano i vantaggi delle nuove tecniche per risparmiare tempo, che – un giorno – avrebbero offerto agli uomini la libertà per una « vera vita ». Sui muri e sugli spazi pubblicitari gli attacchini incollavano manifesti raffiguranti ogni possibile immagine della felicità; e, sotto, l’ossessione delle scritte a lettere luminose:
I RISPARMIATORI DI TEMPO VIVONO MEGLIO!
oppure:
IL FUTURO APPARTIENE AI RISPARMIATORI DI TEMPO!
oppure:
MIGLIORA LA TUA VITA… RISPARMIA IL TEMPO!
Ma la realtà era molto diversa. Certo, i risparmiatori di tempo erano vestiti meglio della gente che viveva nei dintorni dell’anfiteatro; guadagnavano più denaro e potevano spendere di più. Ma avevano facce afflitte, stanche o amareggiate e occhi duri e freddi. Ignoravano che si potesse « andare da Momo ». Non avevano chi sapesse ascoltarli tanto bene da renderli ragionevoli, concilianti e perciò felici. Ma se anche avessero conosciuto l’esistenza di una creatura tanto preziosa, non è sicuro che sarebbero andati a trovarla, a meno che si potesse risolvere la faccenda in cinque minuti; altrimenti lo avrebbero reputato tempo perduto. Secondo il loro modo di pensare, anche il tempo libero doveva essere messo a profitto, e in tutta fretta, per procurarsi divertimenti e distensione nella massima misura possibile.
Così non potevano celebrare feste o commemorare avvenimenti tristi o lieti; i sogni erano considerati quasi dei crimini. Ma la cosa più difficile da sopportare era, per loro, il silenzio. Nel silenzio li assaliva l’angoscia perché nel silenzio intuivano quel che stava capitando alla loro vita.
Per questo facevano rumore quando il silenzio li minacciava; però non il baccano giocondo che regna là dove giocano i bambini, ma un rumore rabbioso e sgomento che di giorno in giorno inondava la grande città con irrefrenabile crescendo.
Che a uno piacesse il suo lavoro e lo facesse con amore per l’opera creata, non aveva importanza… anzi dava fastidio. Importante era solo fare il massimo di lavoro in un minimo di tempo.
In tutti i luoghi di lavoro delle grandi fabbriche, in tutti gli uffici, pendevano cartelli con scritte di questo genere:
IL TEMPO È PREZIOSO – NON PERDERLO!
oppure:
IL TEMPO È DENARO – RISPARMIALO!
Cartelli analoghi erano appesi dietro le scrivanie dei capi, dietro le poltrone dei direttori, nei gabinetti medici, nei negozi, nei ristoranti, nei grandi magazzini, nelle scuole e persino negli asili d’infanzia. Dappertutto, senza alcuna esclusione.
E infine – giorno dopo giorno – anche la grande città aveva mutato aspetto. Si demolivano i vecchi quartieri e si costruivano case nuove dalle quali era escluso qualsiasi elemento reputato superfluo. Si evitava la fatica di costruire abitazioni adatte all’umanità che doveva viverci; assecondare i molteplici gusti degli uomini significava edificare case di stile e tipo diverso. Era più a buon mercato – e soprattutto si risparmiava tempo – costruirle tutte uguali.
A nord della grande città si estendevano già immensi quartieri nuovi. Fabbricavano case d’abitazione a molti piani, casermoni che si assomigliavano come un uovo bianco somiglia a un altro uovo bianco. E siccome tutte le case erano uguali, anche le strade erano identiche. E quelle strade monotone aumentavano e aumentavano, rettifili lanciati a perdersi nell’orizzonte. Un deserto di ordine. Allo stesso modo scorreva la vita dell’umanità che le abitava: rettifili fino all’orizzonte. Perché lì tutto era calcolato e pianificato ori esattezza, ogni centimetro e ogni istante.
Nessuno si rendeva conto che, risparmiando tempo, in realtà risparmiava tutt’altro. Nessuno voleva ammettere ,che la sua vita diventava sempre più povera, sempre più monotona e sempre più fredda.
Se ne rendevano conto i bambini, invece, perché nessuno aveva più tempo per loro.
Ma il tempo è vita. E la vita risiede nel cuore. E quanto più ne risparmiavano, tanto meno ne avevano.
(2)

1 Momo – Michael Ende. pag. 89
2 Momo – Michael Ende. pag. 67-69