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Informazione, media, rete e scrittura

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La puntata di Report trasmessa ieri “Il prodotto sei tu” ha mostrato cosa si nasconde dietro la rete e come i dati delle persone vengono usati, una vera e propria fonte di profitto e potere: Facebook, Twitter sono solo alcuni dei mezzi con cui gli individui vengono osservati, studiati e conosciuti. Maschere del sistema manipolate da politici, magnati, potenti per manipolare l’informazione e impedire che venga pubblicata liberamente, ma piegata ai propri voleri. Siti oscurati, profili sospesi o cancellati: non sono errori tecnici, ma azioni mosse dalla volontà di qualcuno che non vuole che certe notizie vengano divulgate.
Ancora una volta George Orwell con 1984 in anticipo di anni ha mostrato la realtà che si sta vivendo. Ne avevo già parlato in un post precedente.

Una nota sulla trasmissione e su quanto appena detto. Tutti sanno il preciso e attento servizio d’informazione di Report, una voce che mostra la realtà quando molti vorrebbero ammantare i fatti d’illusione e falsità per piegare la verità ai propri fini: le parti colpevoli di ciò, sempre ricchi e potenti, cercano di mettere a tacere questa voce con denunce. Una delle ultime è quella di Tremonti: la sentenza sull’esposto del ministro contro la puntata incriminata obbliga la trasmissione a fare una puntata d’elogi verso il lavoro svolto dopo averlo giustamente criticato, pena la pagare una sanzione.
Dunque, in Italia si può criticare purché dopo che si è detto che una cosa è sbagliata si ammetta che è anche giusta.
Tipica contraddizione e ingiustizia del sistema attuale italiano. Si deve stare zitti e far finta di niente, dire che tutto è buono e giusto quando invece è un morbo dilagante che distrugge ogni cosa.
Se una cosa è sbagliata va denunciata, giudicata e condannata: non si deve lasciar correre nulla.

Dalle notizie della televisione, a quelle della rete: argomenti di portata minore, ma più soddisfacenti e arricchenti, dato che sono fonti di spunti e riflessione.
Val e Licia Troisi parlano di scrittura e sono tante le domande che si possono porre su questo argomento; tra le tante ci sono se scrittori si nasce o si diventa (interessante il punto di vista che condivido di Luca Tarenzi nell’intervista a Fantasy Magazine), qual è la tecnica migliore da usare, se i manuali di scrittura sono validi.
Gli argomenti sono tanti e tutti interessanti. Come Licia penso che ogni individuo debba trovare il proprio metodo per scrivere e che ogni evento, incontro, persona possa essere fonte d’ispirazione per un’opera.
Certo, occorrono delle solide basi per intraprendere il percorso dello scrittore.
Innanzitutto leggere molto, di ogni genere, così da variare la propria cultura e avere differenti punti di vista: aiuta nell’andare in profondità negli argomenti che si vuole affrontare.
Avere delle buoni basi nella grammatica e nella costruzioni delle frasi, oltre che possedere un ampio e vario vocabolario da arricchire in continuazione.
Saper dar ascolto al genio, all’intuizione, all’ispirazione, ma saperli anche imbrigliare e organizzare perché quanto di buono c’è in un’idea non sia caotico o vada perduto: bisogna sapersi organizzare.
Ma soprattutto occorre una pratica continua, un allenamento quotidiano dove si affina la tecnica e la capacità costruttiva. E’ la costanza, la volontà di fare bene che danno buoni risultati.
L’esperienza può fare la differenza e la si acquisisce solo facendo, perché non basta sapere, bisogna applicare. La teoria è utile solo se trova riscontro nella pratica.
E’ quanto ho potuto costatare nella mia esperienza prendendo di nuovo a lavorare sulla prima opera che ho prodotto (e che ho finito di revisionare dopo un lavoro di editing di due mesi), di cui utilizzo dei brani per mostrare come il fantastico possa essere un mezzo di crescita.
A quattro anni di distanza dalla sua conclusione, con l’esperienza di altre tre opere su cui ho lavorato, insieme allo scrivere sul sito, racconti e articoli, la nuova revisione ha portato una capacità di sintesi e di forma che hanno reso più scorrevole e fluido il romanzo.
Costatare che quanto fatto per passione e interesse ha portato a migliorarsi è una soddisfazione che può essere comprensa da chi fa e vive lo stesso cammino. Certo, l’impegno comporta fatica e tempo, mà da i suoi premi, rende persone migliori. Per niente non si ottiene niente e i guadagni facili si perdono altrettanto facilmente: non bisogna dare ascolto a personaggi come il Gatto e la Volpe di cui è piena la società, dei furboni che se seguiti portano solo ad avere un pugno di mosche in mano.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita!
Era uno degli insegnamenti di Gesù: un insegnamento antico che trova attuazione in tutti i tempi. L’impegno, la volontà danno sempre buoni frutti; le vie facili e veloci sono solo fuochi di paglia d’un istante, che lasciano solo cenere.
Questa è la ricerca, la crescita: un non arrendersi di fronte a niente, ma continuare ad andare avanti, pronti a saper cogliere qualsiasi insegnamento, a ricominciare per raggiungere la meta. E solo se si ha volontà ce la si può fare.

Ciclicità

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La vità delle persone è fatta di cicli, periodi che iniziano e che terminano: infanzia, adolescenza, età adulta, vecchiaia. Il termine di un ciclo non è la fine di tutto, ma un mutamento che porta allo stato successivo.
Così nel piccolo, così nel grande.
Alla stessa maniera è per l’umanità, per la sua storia: passa attraverso stadi d’evoluzione. Preistoria, età antica, medioevo, rinascimento, età industriale.
Come si può osservare ci sono molte somiglianze tra l’uomo e l’umanità, cambiano solamente i tempi in cui si sviluppano, ma sono lo stesso periodo in cui un elemento si svilluppa e cresce.
Ma come ogni cosa, raggiunto il punto più alto, dopo l’ascesa inizia la discesa. E’ un dato di fatto, che la saggezza di chi ci ha preceduto ha tentato di trasmettere. A ogni civiltà dopo il suo periodo massimo corrisponde la caduta, la decadenza. E’ sempre stato così, solo che l’uomo non vuole vedere, non sa riconoscere i segni dei tempi, vuole continuare a vivere nell’illusione di poter disporre tutto a suo piacimento, senza comprendere che fa parte di un meccanismo più grande, ma che non è il meccanismo.
E’ quanto sta capitando adesso. I governi, le popolazioni, non si stanno rendendo conto che un’epoca si sta concludendo, che il cambiamento è in atto e che se non lo si seguirà, cercando invece di restare ancorati a un periodo morto, si andrà incontro alla rovina, invece del mutamento.
Crisi economica, disoccupazione e povertà crescenti, crescita di malattie fisiche e psicologiche, guerre, perdita di valori umani: sono tutti segni che caratterizzano la fine di un ciclo.
Ma la fine di un periodo, non significa la fine di tutto.
Perché allora non fermarsi a riflettere invece di voler correre verso il precipizio?

Il mondo conosciuto come lo era nel passato, era svanito. La quiete e lo sviluppo raggiunti spariti da tempo. Quando sembrò di aver raggiunto la massima crescita ed evoluzione, e stoltamente si credette che non ci fosse più nulla da temere, tutto precipitò. Nessuno ricorda come successe: le informazioni raccolte erano poche e confuse, la maggior parte perdute. Quel che conta fu che il sistema di vita collassò, precipitando vertiginosamente in un vortice che spazzò via tutto. L’esistenza tranquilla e spensierata avuta fino a quel momento si dissolse, un’illusione durata troppo a lungo. Il sogno collettivo di un’umanità egoista e limitata bruciato nella sua inconsistenza. Per troppo tempo come un gregge di pecore si era fatto guidare da pochi, lasciando ad altri le redini della propria vita. Inconsapevolmente e inevitabilmente era andata incontro alla rovina. Poteva evitarlo, ma la capacità di vedere era stata lasciata da parte e così perduta. La verità dei fatti era sotto i suoi occhi, ma l’umanità li volle tenere chiusi per continuare a sognare. Quando fu costretta a riaprirli, l’incubo aveva preso forma.
La violenza si scatenò con velocità ed efficienza, spazzando via quanto incontrava sul cammino. Gli uomini non erano pronti per quello che accadde e prima che riuscissero a organizzarsi, interi paesi piansero le loro vittime.
La guerra scoppiò ovunque con ferocia e barbaria. Tutto il mondo divenne un campo di battaglia, poche erano le zone dove non si combatteva. S’andò avanti per anni, finché non divennero decenni: per tanto si tenne la strenua difesa. Per molto tempo si fronteggiò il nemico per sconfiggerlo, affrontandolo in campo aperto; poi si cercò di rigettarlo indietro, di rimandarlo oltre i confini e mantenere liberi i territori posseduti.
Alla fine gli uomini si barricarono nelle città e nei bastioni, cercando di sopravvivere. Il nemico divenne più forte e numeroso e loro s’indebolirono a ogni battaglia.
Gli assedi furono senza tregua; le persone morirono e le città caddero. Alcuni baluardi resistettero più a lungo, ma alla fine cedettero. Senza più rifugi, la gente fu in rotta, in una fuga senza speranza, cacciata e braccata come delle bestie; alcuni lottarono ancora, ma era una lotta che non potevano vincere. Gli uomini combattevano un male cui loro stessi avevano dato vita: un male che aveva origine in lui e che gli si era rivoltato contro. Nella loro cecità credevano di aver trovato ciò che da sempre avevano cercato; in realtà avevano decretato la loro condanna. Una condanna ben peggiore della via dell’estinzione: si erano incamminati sulla via della perdizione. Un cammino che li avrebbe condotti a un’esistenza infernale da cui non c’era possibilità di redenzione.
Il destino era scritto: la fine scelta sarebbe giunta inesorabile.

Apologia di Fascismo

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E’ notizia di questi giorni che alcuni parlamentari della destra (il senatore Cristano De Eccher (Pdl), cofirmatari i senatori del Pdl Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e il senatore Fli Egidio Digilioha che però ha ritirato la firma dopo colloquio con Bocchino) hanno presentato al Senato un ddl costituzionale per l’abolizione della la XII norma transitoria e finale ella Costituzione che vieta la “riorganizzazione del disciolto partito fascista”.
Per chi non lo sapesse, L’apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente “Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione”), anche detta Legge Scelba, che all’art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».
Certo, una proposta è solo un tentativo per cambiare le cose, non è detto che ci riesca. Ma resta un fatto comunque grave, specie in un periodo e in un paese dove l’illegale viene legalizzato e si cerca continuamente di smantellare la giustizia per assecondare i fini di poche potenti persone e i diritti umani (come si sta vedendo fare nel mondo del lavoro).
Non passiamoci sopra: la gravità dello stato in cui versa la nazione è palese. Un paese che non rispetta le regole, le vuole piegare ai propri voleri e le vuole cambiare per il proprio tornaconto. Purtroppo fatti simili come quelli verificatisi in questi giorni non sono stati i primi. Già tempo fa ci fu un tentativo di riscrittura della storia dove si voleva far passare la destra e la nobiltà come beneffatori del paese, interessati solo al bene dei cittadini, al contrario della sinistra che aveva voluto ostacolarli per fare il proprio interesse. O come dimenticare le parole di La Russa che affermava che i fascisti erano eroi romantici, d’altri tempi, incompresi e perseguitati per un ideale più alto.
Si vogliono cambiare le carte in tavola, rendere legale l’illegale. E’ ora di porre un freno a questi tentativi e far sì che la legge venga rispettata e applicata. Perché anche se molti lasciano correre, qualsiasi cosa legata al fascismo è perseguibile penalmente.
Molti dimenticano Il Decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni in legge 25 giugno 1993 n. 205, comunemente detto Legge Mancino, legge che condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali,che punisce anche l’utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.
L’inerzia, il lasciar correre, permettere a chi governa di fare tutto quello che vuole è pericoloso.
Ancora una volta la letteratura mette in guardia da simili tentativi. Lo fa George Orwell con 1984, un’opera molto lucida e soprattutto capace di dare consapevolezza su cosa è in grado di portare chi è al governo se non è controllato. “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza”, “La menzogna diventa verità e passa alla storia”, “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”, sono solo alcuni degli slogan del partito descritto nel romanzo. Slogan molto attuali, visto i tentativi di far passare per vere le prese in giro del governo e di riscrivere la storia a proprio favore. Come viene anche questo ben mostrato nel romanzo (es. se Eurasia e Oceania diventano alleati dopo essere stati in guerra, nessuno deve portare memoria della precedente ostilità, divendo vero che l’Eurasia è sempre stata alleata dell’Oceania e che non vi è mai stata inimicizia tra i due stati): la storia non deve esistere più, se non per spalleggiare il partito. Gli uomini si devono adeguare, cancellando la memoria dei fatti indesiderati e sostituendoli coi fatti che il Partito vuole che si ricordino.
Occorre fare attenzione al conformismo, al totalitarismo, all’abbattimento delle diversità, al volere avere un unico pensiero in nome della sicurezza e della tranquillità. La vita è mutamento, è cambiamento, non è staticità, perché questa caratteristica appartiene solo ai cadaveri, alle cose morte. Ed è innegabile che il paese in cui viviamo sta propagando una cultura di morte, avvizzente e limitante.

Leggi e regole e loro (ingiusta) applicazione: multe e carburanti

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Le regole, le leggi sono fatte per essere rispettate, una tutela volta a protezione della comunità e dell’individuo, usando la pena come deterrente per mantenere l’ordine.
Così dovrebbe essere, ma viviamo nell’Era dell’Economia e tutto è volto al profitto, l’unica cosa cui dare importanza.
Lo si vede nel mondo del lavoro, dove i diritti e la dignità delle persone sono calpestate senza ritegno.
Lo si vede nell’editoria, dove l’arte e la buona letteratura sono sacrificate per il consumismo.
Lo si vede nei rapporti umani, dove spesso i sentimenti sono sacrificati per un migliore tornaconto economico, per avere una posizione migliore nella società.
Lo si vede nella giustizia, dove chi ha i soldi può piegare la legge al suo volere.
Tutto quanto detto e che si vive ogni giorno è un’ingiustizia. Questo sistema è sbagliato e occorre denunciare la realtà che impone a ogni individuo, perché gli peggiora la vita, causando anche perdite.
Molti pensano che quanto accade intorno non li riguardi.
Il governo taglia i fondi alle regioni? La cosa non li tocca, è un problema di chi le amministra, non della popolazione.
Mentalità sbagliata, perché è sempre la popolazione che ci rimette. Per mantenere servizi, infrastutture occorrono soldi e se non vengono elargiti dallo stato, da qualche parte devono essere pur presi, se non si vuole far fronte alle proteste dei cittadini.
Alcuni forse non sapranno che tra le voci di bilancio di comuni e città ci sono le multe stradali. Sì, fanno parte delle previsioni di bilancio, sono un’entrata calcolata: e come ogni entrata, alla fine del bilancio, quanto preventivato dev’essere mantenuto. Questo perché la legge dice che i bilanci devono essere trasparenti e così i preventivi di spese ed entrate. E’ una realtà.
Come è una realtà che le multe sono l’elemento principale di guadagno dei bilanci, sono il modo per sistemare i conti delle cittadine italiane.
Una tassa ombra, asserirebbe qualcuno.
Ora, ragioniamo per assurdo.
Poniamo caso che tutti gli automobilisti non trasgrediscano un solo punto del codice stradale, nessuna infrazione. Tuttavia, i bilanci devono essere rispettati, si deve raggiungere l’obiettivo posto: quindi cosa si fa? Si puniscono ingiustamente le persone, perché si deve far cassa? Sarebbe un furto, un reato.
Prendiamo il caso opposto. Si è raggiunto quanto preposto, quindi si può essere più buoni, chiudere un occhio e lasciar correre su qualche infrazione, passando per “buoni” e acquisendo la benevolenza dei cittadini? Altra cosa sbagliata: chi sbaglia deve pagare, altrimenti passa il messaggio che si può fare quello che si vuole, tanto si rimane impuniti e a quel punto si rischia di degenerare verso il caos.
Si tenga ora conto che le amministrazioni locali disattendono la lettera dell’articolo 208 del Codice della strada che prevede che tali proventi siano reinvestiti in sicurezza e prevenzione. Invece almeno la metà dei comuni s’intasca i soldi. E la devoluzione del 50% dei proventi agli enti proprietari di strade è priva di decreto attuativo.
Visto che siamo in argomento automobilistico, parliamo di carburante. Tutti sanno i continui rincari su benzina e diesel. Quello che pochi sanno è che la quantità esatta del carburante erogato dalle pompe è regolata da direttiva europea del 2009 che fissa l’oscillazione massima dell’imprecisione dell’erogato del +/- 5 per mille. Il Ministero dello Sviluppo Economico però sta studiando una modifica alla legge che porterebbe tale scostamento al 7.5 per mille. Non basta: il decreto Milleproroghe varato di recente concede ai presidenti delle regioni d’innalzare fino a un massimo di 5 centisimi per litro le addizionali sui carburanti destinati agli enti locali per far fronte a eventuali calamità naturali e relativi stati d’emergenza. E i cittadini colpiti da catastrofi, oltre al danno subito, si troverebbero a pagare ulteriormente, invece d’essere aiutati con limitazioni alle spese.
Come dicevo nel post precedente, dalla conoscenza potere.
Potere d’opporsi all’ingiustizia.

Plastik-Ultrabellezza (seconda parte)

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La tecnologia fornisce molti mezzi per studiare e conoscere le persone, i loro comportamenti, i loro gusti: permette di delineare un quadro dettagliato sulla loro personalità, pemettendo di capire i punti deboli su cui andare a fare leva per ottenere quanto si desidera. Facebook è un ottimo bacino di raccolta dati e di studio, come lo sono tutti i social network, i siti in cui occorre registrarsi, solo per fare alcuni esempi.
Sì, siamo nell’epoca del Grande Fratello, come scriveva George Orwell in 1984: siamo controllati e il sistema arriva a conoscerci meglio di noi stessi. E lo fa senza tanti sforzi e dispendio d’energia: lo fa grazie al nostro aiuto, un aiuto inconsapevole e di cui spesso si è felici.
Non è un’esagerazione e per dimostrare faccio un semplice esempio. Pochi giorni fa ho scritto un post sulla trasmissione televisiva Plastik-Ultrabellezza, un articolo nato vedendo la pubblicità, scritto in pochi minuti, un mettere in forma scritta una semplice riflessione, senza pretese. E dal nulla è saltato fuori qualcosa che non mi aspettavo: il numero di visite in pochi giorni è lievitato esponenzialmente, arrivando all’ordine delle diverse centinaia per giorno.
Questo fatto rivela molte cose. La curiosità per il programma e la novità, certo, ma soprattutto la dipendenza televisiva, il dare molto peso all’apparenza, ma anche la morbosità di vedere e sapere tutto sulle altre persone, l’ossessione di apparire in televisione, di essere sotto i riflettori e sentirsi protagonisti, importanti per una volta, emergendo dalla massa: tanti tra le chiavi di ricerca hanno digitato come poter partecipare al programma. Una dimostrazione della mania di protagonismo di cui questa società è pervasa: una società egocentrica ed accentratrice, oltre che narcisista.
Questa è una semplice disamina avvenuta grazie a un semplice plug-in di WordPress: senza sforzo e costi si sono ottenute molte informazioni, per chi sa osservare.
C’è da considerare che ci sono persone preposte per fare questi studi, che sono preparate e formate per elaborare i dati raccolti dalla rete: un vero e proprio lavoro.
Perchè tutto ciò?
Perché dalla conoscenza viene il potere. Un potere che può essere usato in tanti modi, anche per controllare le persone e guidarle dove si vuole. E naturalmente sfruttarle.
La rete e la tecnologia sono utili, ma occorre essere consapevoli di cosa sono e possono fare realmente.