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Fantascienza e realtà

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Anni fa lessi un racconto di fantascienza ambientato in una società dove ai bambini, raggiunta una certa età, veniva fatto un test attitudinale e nel caso desse un certo esito, venivano eliminati secondo la procedura stillata dal governo.
Che requisito occorreva per incorrere in un simile destino?
L’intelligenza.
Il bambino del racconto era curioso, faceva domande, aveva voglia d’apprendere e imparare cose sempre nuove, non s’accontentava delle semplici risposte limitate del padre (figlio esemplare della società: s’accontentava della vita fatta di lavoro e dei passatempi passati dal sistema, non chiedeva altro).
Un racconto che mi ha sempre colpito, lasciandomi un timore che con il tempo ho visto concretizzarsi. Mettere da parte l’intelligenza perché può far crollare il sistema, un castello di carte campato in aria.
Molti racconti del genere, specie di fantascienza scritti nel passato, lanciavano moniti che allora sembravano solo fantasie, dove nei sistemi immaginati si potevano avere storie d’amore in base a punti da spendere conferiti dalla società, permessi d’avere figli in base al reddito o alla mappatura genetica.
Solo storie, si diceva, ma in realtà mostravano un futuro a cui si stava andando incontro: un futuro asettico, rigido, basato solo sulla produttività e sul far proliferare la società, il tutto per dar fasto al sistema, per dare splendore alla società. Il tutto naturalmente a discapito dell’umanità, dei sentimenti e dei rapporti umani; un processo che porta all’estraniazione dell’individuo.
Rende bene l’idea di questo il film Blade Runner: un mondo cupo, sempre battuto dalla pioggia, dove i protagonisti sono abbandonati a se stessi e non c’è speranza.
Non occorre guardare alla fantascienza del passato: il presente ne è un esempio concreto.
Basta pensare ad Alitalia e a Fiat, che hanno fatto e voluto accordi dove conta solo il lavoro e non si tiene in considerazione il fatto che le persone debbano avere una propria vita. Un esempio è quello che fa riferimento alle donne che hanno figli e che dovevano essere tutelate, aventi diritti che le società hanno ignorato, perchè la produttività e il profitto viene su tutto.
Se si continuerà di questo passo, si tornerà al passato, dove la gente sarà costretta a lavorare più di dieci ore al giorno, sabato e domenica compresi, con stipendi bassi, nessun diritto, solo il dovere di produrre, com’era all’inizio della rivoluzione industriale. Si avrà un futuro dove l’istruzione sarà per pochi, dove la gente non potrà più scegliere di creare la vita che vuole, ma sarà imposta dall’alto, dove avere anche una relazione o un figlio sarà deciso da regole fissate da chi governa.
Un mondo incentrato solo sul lavoro.
Un mondo privo di rapporti sociali e umani.
Privo di sentimenti.
Privo di amore.
Schiavitù.
Detta così sembra un racconto d’umor nero; si diceva così anche dei racconti di fantascienza: ora ci ritroviamo che la realtà li sta superando.
Non ci si crede? Andate a ricercare i racconti di tanti anni fa e vedrete. Non ascoltate chi dice che le produzioni attuali sono il meglio che ci possa essere: tirano solo acqua al loro mulino. Storie che dicono poco o niente, ma dove tutti sono felici e contenti, utilizzando un linguaggio (e tematiche) scarso ed elementare (un altro sintomo dell’impoverimento della cultura di una popolazione). Fate il confronto con le storie scritte nel passato e si avrà svelata la natura della società e il modo per contrastarla.
Perché con le storie si possono toccare tanti argomenti attuali: chi scrive con passione conosce questa realtà.

Nota a margine. Finora ho voluto parlare di mondo del lavoro,di mobbing, morti bianche, diritti, disagi (hichikomori):realtà che spesso non si vogliono sentire, ma che attraverso un racconto possono giungere lontano. Su questo è incentrato Non Siete Intoccabili, una storia che ho voluto scrivere.
Continuerò a parlare di storie, anche se cambierà la loro natura: nei prossimi post ci sarà un ritorno alle origini.