Zeferina è un romanzo fantasy di Riccardo Coltri, ambientato in Alta Italia durante il periodo della sua unificazione, popolato da creature del mito, delle favole e del folclore della credenza popolare di quei luoghi. Sono stati questi gli elementi che incuriosiscono la lettura, specie il fatto che sia presente il mito della Caccia Selvaggia. Già in altre opere fantastico la si è potuta vedere: dalla magnifica e toccante versione di Guy Gavriel Kay nella trilogia di Fionavar a quella epica di Robert Jordan in La Ruota del Tempo, per non dimenticare il ruolo che ha nelle vicende di Geralt di Rivia (protagonista della serie realizzata da Andrzej Sapkowski) nella serie dei videogiochi di The Witcher.
In questo caso non si ha nulla di così potente ed evocativo, è qualcosa di nebuloso, poco accennato: della Caccia Selvaggia non c’è traccia, se non una breve menzione per quanto riguarda il personaggio di Beatrico (lo si capisce leggendo l’appendice, non la storia). Così come nebulose sono le vicende dei personaggi Nero e Zeferina attorno a cui le vicende ruotano: il primo in cerca della seconda e questa in fuga da tutti quelli che stanno cercando lei e il suo bambino. I fatti si svolgono velocemente e proprio a causa di questa velocità non si ha ben chiaro quante siano le parti in causa, quali siano gli schieramenti: si riesce solo a comprendere che Zeferina è sola contro tutti, in un mondo ostile dove è cercata da molti. In questa corsa frenetica non c’è spazio per un approfondimento psicologico dei personaggi, cosa che avrebbe permesso di dare uno spessore maggiore alla storia; così, invece di avere dei personaggi, si hanno delle semplici figure che si muovono in uno scenario anonimo, che spesso non viene descritto. Così come non sono descritte le varie creature che vengono nominate, lasciando il lettore a chiedersi di che aspetto esse possono avere o se invece si tratta solamente di uomini chiamati in un determinato modo per via delle proprie origini o dello stile di vita che conducono (così si riveleranno essere i vari orchi, regninsaori, massariòl che vengono nominati). Le appendici permettono di farsi un’idea delle origini dei miti e delle creature menzionate nel romanzo, ma questo non aiuta a recuperare quanto la lettura della storia non è riuscita a trasmettere.
A causa di queste mancanze non si riesce a provare empatia e attaccamento verso i personaggi, facendo perdere molto al romanzo, trovandosi in alcuni casi a chiedersi del perché usare una violenza che è gratuita e non serve a nulla per le vicende.
Invece è stato ben realizzato e curato il mostrare le credenze e le superstizioni di cui le persone di quell’epoca erano permeate.
Zeferina risulta essere un’occasione perduta, con ottimo materiale che avrebbe potuto creare una storia affascinante e avvolgente, una favola oscura capace di far addentrare il lettore nel folclore e nelle credenze del nostro paese. E invece si rimane solo con una lettura nebulosa che giunge alla fine senza entusiasmare.
un libro praticamente privo di trama e assai ostico da leggere. Certo ci sono spunti interessanti ma lo ricordo come una faccenda piuttosto sofferta.
Mi sono avvicinato al libro quando ho letto dai commenti in rete che trattava della Caccia Selvaggia, mito che mi ha affascinato da quando ho letto quanto scritto da Kay con Fionavar (fatto che si è consolidato con La Ruota del Tempo e The Witcher). In questo romanzo della Caccia se ne parla solo nelle appendici, così come la maggior parte dei miti; alla fine tutto è un continuo fuggire e un continuo cercare che non suscita interesse e coinvolgimento.