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Ready Player One

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Ready Player OneReady Player One è un inno nerd: c’è poco da girarci attorno. Adattamento del romanzo del 2010 di Ernest Clive, il film del 2018 di Steven Spielberg è una godevole pellicola che si può apprezzare appieno se si è nerd e si ha una discreta conoscenza di tutto ciò che è retro di film, musica, giochi, fumetti, serie tv, cartoni animati; un lungo omaggio alla cultura che va dagli anni Settanta a quelli d’inizio Duemila. Di certo per Spielberg non è stata una passeggiata avere tutti i diritti per i tanti elementi da citare. Da Terminator a Shining, da Gundam a Il Gigante di Ferro, da Ritorno al futuro a Hellboy, da Guerre Stellari a Jurassic Park e King Kong, per non parlare dei tanti videogiochi partendo dai primi dell’Atari a Halo e Doom: i riferimenti alla cultura pop sono tantissimi, al punto che qualcuno può sfuggire.
Visivamente è uno spettacolo, il ritmo è buono e anche la trama non è male, seppur nulla che faccia gridare al capolavoro (per intenderci, non bisogna pensare che si sia davanti a qualcosa di livello come Blade Runner o i primi due Alien); ma Ready Player One è un film d’intrattenimento e il suo lavoro lo fa egregiamente, magari si sarebbe potuto avere qualcosina di più con una caratterizzazione migliore dei personaggi, che risultano stereotipati, specialmente il cattivo della situazione (ma non è colpa della produzione, visto che nemmeno il romanzo eccelleva per questo).
Nell’anno 2045 la situazione sulla Terra è drastica: sovrappopolazione, inquinamento, indebitamento che si arriva ad avere una nuova sorta di schiavitù. Ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli per risolvere i tanti problemi dell’umanità, ma sono davvero pochi quelli che si preoccupano di come far cambiare le cose: i più pensano di fuggire da una realtà da schifo immergendosi nella realtà virtuale di OASIS, un mondo creato dal genio di James Halliday, un individuo che non è mai riuscito a relazionarsi con gli altri e a trovare un suo posto nella vita, vivendo sempre in mondi di fantasia fin da quando era bambino. Alla sua morte, il suo avatar Anorak l’Onnisciente annuncia una gara per trovare un easter egg all’interno di OASIS, ma per arrivarci servono tre chiavi nascoste da conquistare in tre sfide sconosciute; chi lo otterrà avrà il controllo di OASIS e il suo intero patrimonio. Tanti si mettono alla caccia dell’easter egg, tra questi la multinazionale IOI, dello spietato e senza scrupoli Sorrento, un tempo dipendente di Halliday.
Le vicende si concentrano su Wade Watts, conosciuto in game come Parzival, grande estimatore di Halliday, di cui ha studiato e conosce tutta la vita. Assieme ai suoi amici di gioco Aech, Daito, Sho, cui si unirà poi Art3mis, riescono a trovare gli indizi per raggiungere le tre chiavi, ma la difficoltà non sarà soltanto questa, dato che Sorrento, dopo aver cercato di averli dalla sua parte, tenta di eliminarli. Si arriverà così alla sfida tra l’idealista e sognatore Wade e il cinico e affarista capo della IOI, cui non importa nulla di ciò che rappresenta OASIS, ma pensa solamente ai soldi su cui potrà mettere le mani. Quella che apparentemente è una gara tra “buoni” e “cattivi”, si rivelerà essere un ripercorrere la vita di Halliday, affrontando quei punti cruciali in cui lui ha commesso degli sbagli (non fare il salto con la ragazza che amava, scaricare l’unico amico che aveva, non riuscire a vivere la propria vita fuggendo in quella virtuale). Parzival e i suoi amici, che si faranno chiamare gli Altissimi Cinque per essere stati i primi a conquistare la prima chiave, guideranno una rivolta nerd contro la spietata multinazionale che possiede i Centri Fedeltà (dove chi ha debiti con l’IOI lavora fino a che non li estingue; gli orari disumani cui sono costretti a seguire possono portare alla morte, come successo al padre di Art3mis, la ragazza di cui Parzival s’innamora e che guida la resistenza), ottenendo la vittoria; diverranno proprietari di OASIS, Sorrento verrà arrestato e l’eroe Parzival starà con la sua amata. Il film ha anche una morale: va bene stare nei mondi virtuali, ma essi non potranno sostituire quella reale, quindi conviene viverla. Cosa giusta, peccato che ci si sia dimenticati come risolvere i problemi più grossi del pianeta, ma questo non era lo scopo della storia. Visto il cammino del protagonista e come supera la prova finale, il film sotto un certo aspetta ricorda un’altra pellicola, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (1971).
Ready Player One fa il suo dovere d’intrattenimento, facendo passare due ore e passa piacevoli e divertenti; etichettato come appartenente alla fantascienza distopica, di distopia ha poco e si ha davanti a un gigantesco videogioco che racchiude tanti altri videogiochi e chicche di vario genere provenienti da ogni angolo della cultura popolare, musica compresa. I brani famosi che si sono aggiunti alla colonna sonora sono una goccia dell’oceano cui si poteva accedere (Springsteen, Bee Gees, Prince, per citarne alcuni), ma sono azzeccati; apprezzato che sia stato messo quel gran pezzo che è We’re Not Gonna Take It dei Twisted Sister.

2 comments to Ready Player One

  • PRima o poi mi devo guardare questo film… Ma mi dà quella sensazione… come di aver preso una tematica importante e averla banalizzata, semplificata, e resa argomento di un filmetto dove invece si poteva e doveva fare un filmone. Chissà, magari prima o poi lo faranno.

    • Più o meno è così anche il libro, quindi il film non poteva fare di più. O meglio, magari si poteva ma l’intento non era fare, per esempio, qualcosa di profondo come Blade Runner ma qualcosa di facile usufrutto. Se lo si prende come un videogioco che mette insieme altri videogiochi e non solo, allora il suo lo fa. Certo che di materiale per fare qualcosa di grosso c’era, ma sinceramente ho visto di peggio. Quindi direi che lo si può promuovere.

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