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L’Ultimo Potere – Secondo Atto – XV Scacchiere (parte 2)

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«Allora adesso vuoi iniziare a giocare la partita?»
«Solo continuare: altri l’hanno già cominciata.» Dallo schieramento nero Maestro tolse quattro pezzi. «La torre e il cavallo dell’avversario sono già stati abbattuti.»
«Non ti resta che far cadere il re.» Dedusse Guerriero.
«Alla fine questo avverrà, ma il compito per cui sono qui riguarda l’alfiere: non si può lasciare in circolazione un nemico del genere. Quello di cui ti ho parlato adesso è soltanto un fronte di un piano più ampio: ce ne sono altri due, ma di questo se ne occuperanno altri.»
«Bene, bella spiegazione.» Guerriero si mise a braccia conserte. «Ma perché tutto questo parlare?»
«Oh, tu lo hai già capito.» Sorrise furbescamente Maestro. «Ma ora rispondi a questa domanda. Negli scacchi, che pezzo vorresti essere? O pensi di essere?»
Guerriero fissò a lungo la scacchiera prima di rispondere. «Nessuno.»
Gli occhi di Maestro si socchiusero. «Perché?»
«Perché non mi piace essere parte di qualche schema, non mi piace essere usato. Io voglio essere libero.»
Maestro portò l’indice a coprire la bocca. «Al di fuori della Tela.» Borbottò tra sé. «L’Osservatore che guarda dall’alto senza avere coinvolgimenti. Non s’identifica in alcun pezzo, bensì nel Giocatore.»
«Cosa stai dicendo?» Sbottò Guerriero.
«Niente.» Liquidò la domanda Maestro, ma all’altro non sfuggì la sua espressione soddisfatta. «Torniamo alla questione che stavamo affrontando. Dovresti conoscere la storia recente del nostro mondo, ma lascia comunque che ti ragguagli di nuovo sui fatti passati: ti aiuterà ad avere una comprensione più chiara. Adesso vedi il caos, ma un tempo c’erano ordine e schemi che regolavano ogni funzione di vita, rendendo tutto regolare e sotto controllo; almeno in apparenza. In realtà era un sistema malato già allora e quanto ora vedi è la malattia che era in incubazione: un tumore che stava silenziosamente lavorando. Molti hanno contribuito a crearlo e molti hanno voluto non vederlo; alcuni si stavano rendendo conto che c’era qualcosa di sbagliato, ma non avevano la forza o la volontà di agire. Il risultato è che il tumore ha continuato a lavorare e presto si sarebbe rivelato nella sua totale virulenza, fino a far giungere la fine. Fu a quel punto che qualcuno decise di intervenire, risoluto a estirpare il male infettivo: una terapia d’urto, brutale, ma efficace. Com’era naturale che fosse, andando al cuore delle cose si creò scompiglio: gli organi vitali, ormai infetti, furono tolti, sostituiti con dei nuovi.»
«Stai facendo una lezione di chirurgia?»
«No, ma il paragone tra il corpo umano e il mondo è giusto, dato che praticamente sono la stessa cosa, solo vista più in grande.» Maestro sorrise mestamente. «Se non fosse stato per una volontà che non aveva nulla d’umano, tutto sarebbe passato inosservato.»
«Significa che furono i Demoni la causa scatenante?»
«No, i Demoni allora non c’erano; almeno non come li conosciamo adesso. Ma di questo te ne parlerò dopo. Quello che devi capire è che gli uomini hanno creato quel sistema con l’intento di vivere meglio, ma poi non sono riusciti a tenerne il controllo. O meglio, il controllo è stato affidato alle mani di pochi, che lo hanno sfruttato per rendere schiava la gente. Un sistema gigantesco che non si curava di quanti stritolava sotto le sue ruote e tra i suoi ingranaggi: l’unico scopo era andare avanti, senza curarsi di nulla. Fu allora, prima che i danni fossero irreparabili, che sorse qualcuno a guidare il moto di rivolta per arrestare quella macchina infernale.»
«Stai parlando di un uomo?» Guerriero azzardò un’ipotesi, cercando di seguire le fila del discorso.
«Un tempo lo era stato, ma non è della sua natura che dobbiamo parlare, quanto dell’inferno che ha scatenato contro il sistema. E’ stato l’esempio che ha fatto scendere molti in campo nella lotta che ancora sta attraversando la Terra.» Sottolineò Maestro, per fargli rendere conto quanto fosse importante il punto. «Qualsiasi ordine si basa sul potere e per distruggerlo occorre colpire ciò che lo sorregge. Il primo potere a cadere fu quello economico, seguito da quello politico e di conseguenza di quello informativo.»
«Se la torre è il potere economico e il cavallo è quello politico, quello informativo allora che pezzo è?» Domandò Guerriero.
«Non ha una rappresentazione negli scacchi. È stato un mezzo usato dagli altri due per espandersi e crescere: senza questo strumento la loro forza era in parte limitata. Ma senza gli altri poteri a usarlo, il potere informativo perde forza e utilità. In realtà l’informazione avrebbe dovuto essere neutrale e riportare i fatti come avvenivano, non di piegarli in base alle esigenze dei potenti: era attraverso di essa che si promulgava il verbo dei governi, o meglio le menzogne con le quali s’ingannava la popolazione e si traviava la verità; con essa si facevano sorgere le paure, le fobie, i meccanismi per controllare le persone e condizionarle. Eliminata la politica, l’informazione ha perso la sua fonte principale di vita e quindi non ha più avuto modo di esistere: ne era divenuta dipendente al punto da non poter più sopravvivere da sola. Taglia l’albero e anche l’edera è destinata a morire.»
«Perché non usare la forza bruta per avere controllo sugli altri?» Lo interruppe Guerriero. «In questo mondo, chi è più forte sopravvive e domina.»
«Nell’immediato, forse. Qualunque sciocco potrebbe raggiungere tale obiettivo con la forza, ma riuscirebbe a mantenerlo alla lunga? Oltre che dispendioso in termini d’energia, si corre sempre il rischio di trovare chi è più forte.» Precisò Maestro. «E’ quello che non si può vedere che crea la forza. E la conoscenza nata dall’informazione può fare proprio questo: creare il dubbio o dissolverlo, dare il modo di consolidare una posizione o farla crollare. Se ci pensi bene, è un potere che non potrà mai essere distrutto: limitato, strumentalizzato, contorto a seconda di chi lo usa, ma ci sarà sempre. Tuttora è utilizzato per controllare la gente. Per questo, perché non diventi un danno, occorre eliminare chi ne fa un cattivo uso.»
«E così sono stati tolti di mezzo i detentori di tale potere.»
Maestro confermò le sue parole. «Dopo l’epurazione, i concetti di nazione, di popolo e di classe svanirono: le gerarchie furono spazzate via e ogni forma d’influenza d’uomini su altri uomini cessò di esistere. Le differenze furono appianate: fu un tornare agli albori, all’inizio della storia umana. Un reset necessario per attuare la salvezza e permettere agli uomini di tornare a vivere.»
«Perché prima non vivevano?» Guerriero sorrise in tralice.
«Erano in schiavitù. Non avevano catene fisiche come si può pensare e neppure erano tenuti segregati dentro a prigioni, ma non erano liberi. Erano condizionati nel modo di pensare, vestire, mangiare. Il pensiero, i desideri che avevano non nascevano dalla propria volontà, ma erano presi in prestito, imposti da altri. Erano divenuti greggi bovini, sballottati a destra e sinistra come più piaceva a chi era dietro al sistema. Per questo sono state eliminato le persone di potere; un lavoro non da poco, che ha richiesto tempo, ma alla fine i poteri economico e politico sono stati annientati e hanno liberato il mondo.»
«Solo per cacciarlo in questo inferno. La gente ha ringraziato?» Sorrise sardonico Guerriero.
Maestro lo fissò intensamente. «La gente nemmeno s’è resa conto del dono che le è stato dato; non ha fatto altro che piangersi addosso perché il bel gioco s’era rotto. E’ stata schiava troppo a lungo per poter apprezzare la libertà: la sua mente è stata talmente condizionata e imprigionata che ha voluto ritornare nella condizione in cui è sempre stata. Se avesse saputo per tempo quello che si stava facendo, avrebbe ostacolato, anche ucciso, pur di difendere quelli che considerava privilegi. Adesso paga lo scotto per non essere abituata a vivere secondo le proprie scelte: per troppo tempo è stata guidata e ora non è più in grado di stare in piedi con le proprie gambe. Non è più capace di pensare, di avere desideri e una morale propria: è confusa e allo sbando. E’ caos. Ma è un passaggio scontato e necessario per un nuovo inizio; anzi, in principio è sempre così.»
«E per far cominciare da capo c’era bisogno di questo macello?»
«Ogni atto di creazione nasce da un atto di distruzione: il vecchio deve morire per lasciare spazio al nuovo. Tu hai conosciuto solo rovina, ma in alcuni luoghi stanno nascendo culture diverse, mentalità incontaminate, libere dalle catene del passato. Sono piccole società cresciute all’interno degli Alveari, dove ogni persona dà un contributo e tutti sono importanti allo stesso livello: l’umanità si sta rialzando dalle sue ceneri e ne sta emergendo purificata. Il nuovo inizio è già presente.»
«Mi fa piacere, ma perché sei qui? Che cosa vuoi?» Guerriero manifestò senza mezzi termini il sospetto celato fino a quel momento.
«Questa società è giovane ed è ancora debole: basta un niente per essere spezzata. Ha bisogno di essere protetta: serve gente esperta in grado di farlo. Gente dura, che conosce la lotta e sia in grado di difendere ciò che è prezioso.»
«Difendere da che cosa? Hai detto che tutti i poteri sono stati distrutti.»
«Rimane ancora l’alfiere, il potere religioso. Nazioni, popoli, paesi, sono caduti, ma questo potere ha sempre resistito, attirando a sé ingenti masse e rafforzando sempre più la sua forza. Nonostante la rovina caduta sulla Terra, continua a persistere e le sue catene stringono a sé ancora molte persone.»
«E tu vuoi distruggerlo. Che cos’è che ti spinge? Il dovere?»
«La necessità. Perché è l’unico modo per dare compimento alla Caduta dei Poteri del Mondo, per dare una possibilità di vita all’umanità: colpire il cuore dell’ultimo potere rimasto ed eliminare il capo di questa gigantesca serpe.»
«E tu pensi che eliminando il capo tutto si risolva.» Commentò caustico Guerriero.
«Visto che si tratta di un Demone, sì.» Maestro confermò le sue parole.
Guerriero rimase di sasso. «Non si può combattere un Demone.»
«Certo che si può. Basta avere il potere giusto e tu lo possiedi: solo che non ne sei cosciente. Io te lo mostrerò.»
Lo sguardo di Guerriero s’incupì. «Finora non hai fatto altro che dare testimonianza di come il potere sia stato deleterio e ora vorresti che lo abbracciassi per combattere contro i Demoni. Vuoi per caso farmi incorrere nel loro stesso destino?»
«Nulla di tutto ciò.» Lo rassicurò Maestro. «Finora ti ho parlato dei Poteri del Mondo, ma ora ti sto parlando del Potere dell’Essenza, che è la forza di cambiare le cose. Ciò a cui mi riferisco è la capacità di lasciar scorrere l’Essenza liberamente, permettendole di trovare la forma che più le si addice; Essenza che permea ogni cosa, uomo compreso, e che racchiude l’energia dell’universo. Attingere a essa è trovare le armi per combattere i Demoni ed è una cosa totalmente naturale. I poteri del Mondo, invece non lo sono: anche se danno forza per ottenere ciò che si vuole, sono estranei all’Essenza, sono innaturali, un abominio al di fuori dell’ordine delle cose.»
«Essenza?» Chiese perplesso Guerriero.
«La conoscerai solo dopo aver risposto a una domanda.»
Guerriero incrociò le braccia al petto. «Quale?»
«Voglio sapere se tu vuoi unirti a questa lotta.»
«Lottare?» Guerriero s’alzò in piedi, allontanandosi dal tavolo improvvisato. «No: ho già lottato abbastanza. Sono stanco di combattimenti e sangue. Sono finito qua sotto solo per sfuggire ai Demoni e riprendermi dalle ferite, ma quando sarò guarito me ne andrò da questo inferno, lontano da ogni conflitto.»
«Puoi anche andare in capo al mondo, ma dovunque andrai la follia degli uomini e dei Demoni ti raggiungerà.»
«Non credo.» Disse Guerriero sicuro di sé e sfidando Maestro a contraddirlo. «Esiste un posto dove non c’è nulla di tutto questo, dove si vive in pace e in armonia, dove c’è tutto quello di cui si ha bisogno. Un posto che non è stato toccato dalla guerra e dall’odio, dove non ci sono Posseduti e Demoni.»
Maestro lo fissò a lungo. «Un posto del genere non c’è: dovunque sia arrivato l’uomo, là sono arrivati anche i Posseduti e i Demoni. E l’uomo è giunto dappertutto.»
«Quel posto esiste e io lo raggiungerò. Riuscirò a trovare Luna Azzurra.» Affermò con forza Guerriero.
Maestro ebbe un guizzo nello sguardo. «Luna Azzurra?»
«Sì, un luogo dove si sono radunati uomini che hanno creato una comunità armoniosa e serena: niente a che vedere con questo mondo.»
«Che certezze hai che non si tratti di un’utopia?»
«Queste.» Guerriero estrasse dalla tasca del giubbotto la busta plastica contenente le pagine ripiegate. «La conferma che Luna Azzurra esiste: in questi fogli è descritta la sua esistenza.»
Maestro sfilò i rettangoli di carta dall’involucro, spiegandoli e scorrendo le righe d’inchiostro sbiadito. «Stai inseguendo la descrizione di un sogno. Nient’altro.» Affermò conclusa la lettura.
Guerriero s’alzò in piedi. «Non importa quello che dici. Io la raggiungerò.»
Aveva appena voltato le spalle al suo interlocutore, quando le parole di Maestro lo colpirono come una pugnalata.
«Sconfiggendo la Testa della Bestia che sono venuto a combattere, si potrà costruire Luna Azzurra. Ma non prima.»
Guerriero tornò a guardare Maestro. «Che cosa stai dicendo?»
«Non è mai esistita Luna Azzurra.»
«Stai farneticando.» Ringhiò Guerriero. «Hai visto le prove.» Puntò il dito sui fogli di carta. «Queste pagine ne danno conferma.»
Maestro s’alzò in piedi, dirigendosi verso un cumulo di cartoni e scatole di legno ammuffito. «Sono parte di una storia inventata.» Rovistò per qualche secondo in mezzo alle scartoffie prima di tirare fuori un libro. «Controlla le pagine che hai tu con quelle che sono stampate qua sopra.»
«Che cosa vorresti dimostrare?»
«Fallo e basta.» Disse Maestro porgendogli il libro.
Guerriero prese tra le mani il piccolo tomo, sentendo sotto i polpastrelli la copertina ruvida e screpolata. Orizzonte Perduto, diceva il titolo in caratteri marcati sotto l’immagine di una donna e un uomo dalle sfumature bluastre.
Una sgradevole inquietudine prese a serpeggiare all’altezza del cuore, come il ricordo di una profezia a lungo dimenticata. Le dita si mossero refrattarie a far scorrere le pagine. I fogli di carta si susseguirono con snervante lentezza, arrivando a quelli che conosceva perfettamente. Trattenendo il respiro, lesse le parole che ormai conosceva a memoria. Le frasi scorsero veloci, divorate in pochi istanti mentre il sospetto si faceva più forte. Veloce raggiunse la quarta di copertina: una storia fantastica, gli balzarono subito agli occhi con lapidaria chiarezza le tre parole dell’inizio del paragrafo.
«Ma allora…» Stentò a parlare, non riuscendo a dare voce alla verità che si stava svelando.
«Mi spiace: è così che stanno le cose.»
Con mani tremanti, come se all’improvviso il piccolo libro fosse divenuto un peso insostenibile, Guerriero lo appoggiò sulla schiera di bidoni vuoti al suo fianco.
«Non si è trattato d’altro che di una fantasia di uno scrittore, un sogno che può trovare realtà solo nella mente di chi legge.» Mormorò atono.
«Sì, era solo un sogno.» Convenne Maestro. «Ma un sogno che può essere realizzato per davvero, se si ha fiducia, se si lotta per quello in cui si crede.»
Guerriero lo guardò come se lo vedesse per la prima volta e gli stesse parlando in una lingua sconosciuta. Indietreggiando di un paio di passi, come se avesse subito il più grande tradimento della storia, imboccò lo stretto passaggio che conduceva all’uscita, senza voltarsi indietro.

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