In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso
e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse:
«Sia la luce!»
E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona
E separò la luce dalle tenebre (Genesi)
La voce degli Ainur, quasi con arpe e liuti, e flauti e trombe e viole e organi, quasi con innumerevoli cori che cantassero con parole, prese a plasmare il tema di Iluvatar in una grande musica…
Ma giunti che furono nel Vuoto, così Ilùvatar parlò: «Guardate la vostra musica!» Ed egli mostrò loro una visione, conferendo agli Ainur vista là dove prima era solo udito. (Il Silmarillion, J.R.R. Tolkien)
Ecco un paio d’esempi che parlano di creazione di mondi. Molti sanno che le opere di Tolkien sono specchio delle sue esperienze (la perdita degli amici durante prima guerra mondiale, l’amore per la moglie, l’orrore verso l’industrializzazione sfrenata) e delle credenze religiose che aveva (cattoliche), asserendo pertanto che questo autore s’è ispirato alla Bibbia per creare l’ambientazione dei libri che ha scritto.
Non è questo il punto su cui voglio soffermarmi, bensì sull’Inizio; sia che si tratti di storia inventata, sia di credo religioso, hanno la stessa origine: l’uomo. O meglio, qualcosa che è presente in lui e che solo dando il via a questa parte della sua essenza (il Creatore), riesce a scoprirla.
Tuttavia sarebbe errato parlare d’inizio vero e proprio, perché è una cosa al di fuori del tempo e dello spazio, è dove tutto è possibile: nell’immaginazione, il luogo della creazione.
La parola ha la capacità di creare, ma non di creare dal nulla: semplicemente dà forma a qualcosa che già c’è, ma che prima era diverso e che sembra oscuro solo perché non lo si conosce ancora. E’ guardando in questa oscurità che si scoprono le cose, come illuminare gli abissi degli oceani: sono ricchi di vita, di creature e mondi inesplorati . E’ da questo buio che si fanno emergere scoperte, cose nuove: nuove vite.
E’ così nella Genesi, così nelle leggende vichinghe con il mondo che sorge dal Ginnungagap (voragine primordiale, l’abisso insondabile che racchiudeva forze contrastanti separate tra loro e in stato d’inerzia)
Nel tempo remoto non c’era nulla: non sabbia, non mare, né gelide onde; non esisteva la terra e neppure la volta del cielo, l’erba non cresceva in alcun luogo. C’era soltanto il Ginnungagap, la voragine immane.
Tuttavia l’abisso degli abissi non era vuoto; vi erano in esso due mondi contrastanti: a settentrione Niflheim, la dimora delle nebbie, territorio di duri ghiacci e di nevi esistenti da innumerevoli ere; a mezzogiorno Muspell, la dimora dei distruttori del monfo, regione di fiamme e calore ardente impenetrabile allo straniero e a chi non vi era nato. (Miti e leggende dei vichinghi, Gabriella Agrati-Maria Letizia Magini, Mondolibri.)
E così in ogni religione esistita; è così quando si fanno emergere pensieri e conoscenze nascoste dall’inconscio.
Allo stesso modo quando si scrive un romanzo. Si va a ricercare il principio ed esso, nell’avanzare della scoperta, s’ingrandisce, come i cerchi creati da una goccia che cade nell’acqua che s’allargano sempre più.
Così inizia una storia: con la creazione di un mondo. Un luogo dove far vivere e agire i personaggi, permettendo lo svolgimento delle vicende. Senza di esso non vi sarebbe nulla.
Per questo occorre creare la geografia delle terre: mari, continenti, fiumi, colline, pianure, laghi. La sua superficie.
D’aiuto in questo caso è la realizzazione di una mappa, che oltre a dare un’idea di com’è creato il mondo, potrà dare suggerimenti per gli sviluppi della storia. Lasciare spazio all’immaginazione, all’intuizione e alla mano che disegna sul foglio, darà il via alla creazione, espandendo il mondo tratto dopo tratto.
Solo quando questa creazione sarà avvenuta, si potrà passare alla fase successiva.
Sai che un po’ dissento?
Condiviso il fatto che l’inizio di un romanzo sia l’inizio di un mondo, ma non concordo sulla necessità di una geografia del contesto. Credo che un romanzo possa essere buono anche senza riferimenti precisi, e che ci siano interi mondi anche “dentro” un personaggio 🙂
Quanto tu dici è vero, dipende che approccio si vuole avere; in questo caso sto parlando dell’esperienza avuta personalmente nello scrivere il primo romanzo.
Non Siete Intoccabili non ha punti di riferimento precisi perché quanto narra può esistere in qualsiasi contesto o parte del mondo: non è un caso se la città e i personaggi secondari non hanno un nome proprio, perché sono come i tanti, non si distinguono dalla massa, non sono individui sviluppati: sono più similari ad automi che ripetono copioni che hanno visto e acquisito.
Storie di Asklivion – Strade Nascoste è nato con basi differenti ed è quello che pian piano voglio mostrare.
Il mondo, come ogni cosa, è un mezzo, un costrutto, per arrivare a comprendere; può servire oppure no: dipende dal contesto 🙂 .
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