Ormai la nostra vita dipende dalla tecnologia e se vogliamo vi è anche dominata: sembra quasi che senza di essa non si possa vivere, arrivando a essere una dipendenza, anche patologia (ci sono casi di gente entrata in panico perché non poteva essere collegata alla rete per qualche ora).
Le cose non sono certo destinate a migliorare: l’essere umano oramai è monitorato praticamente a 360° gradi: su internet, negli acquisti, per strada; in città sempre più punti sono videosorvegliati, come sempre più semafori hanno le telecamere per le infrazioni di passaggio con il rosso. A breve anche negli asili e nelle case si riposo ci saranno telecamere per evitare gli abusi su minori e anziani che sono divenuti tanto diffusi, una vera e propria piaga.
Da un lato la cosa è giusta, perché si deve porre fine a comportamenti violenti (sia psicologicamente sia fisicamente): individui indifesi, in difficoltà, vanno protetti e tutelati, deve finire il subire in silenzio, porre un freno a chi abusa della sua posizione e la usa per scaricare le sue frustrazioni.
Dall’altro lato è qualcosa che va a invadere ogni spazio delle persone e non si è più liberi, ma invasi da sistemi che monitorano in continuazione. Come spesso succede, a rimetterci sono le persone che non hanno colpe, che si ritrovano a dover essere nelle stesse condizioni di chi ha sbagliato: per colpa di pochi, dei cosiddetti furbetti, ci si rimette tutti. Arrivare a un sistema che controlla ogni cosa ovunque e impone indiscriminatamente la sua legge (tradotto: distopia), il passo è breve. 1984 di George Orwell è sempre attuale: siamo nell’Era del Grande Fratello (oltre che nell’Era dell’Economia) e tanti non se ne sono accorti. Peggio ancora al non saperlo, è che ne sono contenti.
Leave a Reply