Che cosa dire di Dune di Denis Villeneuve?
Per chi non conosce il romanzo di Robert Herbert, occorre fare subito una premessa: il film del 2021 racconta la prima metà del libro. Quindi, una volta conclusa la visione della pellicola, non si pensi di avere un film tronco o un finale aperto; un simile giudizio appare un po’ difficile da dare oggi con tutti i mezzi d’infromazione che si hanno (quindi si saprà che è uscito Dune – Parte due che narra il proseguio delle vicende di Paul Atreides), ma precisare non fa mai male.
Altra piccola premessa: ci sono diverse scene in cui Paul vede un piccolo topo canguro, uno degli animali del pianeta Arrakis (conosciuto anche come Dune), che i Fremen chiamano usul; il nome dell’animale diverrà poi il nome segreto di Paul Atreides. Per chi non conosce il libro, queste scene possono sembrare inutili o prive di senso, ma in realtà hanno un significato importante nella storia (non so se in Dune – Parte due tutto ciò verrà spiegato perché non l’ho ancora visto, ma mi sembrava importante farlo notare).
Detto ciò, c’è da costatare che Villeneuve ha fatto un buon lavoro, mantenendosi molto vicino a quanto scritto da Herbert. Come già si capisce dal titolo, tutto ruota attorno Dune, l’unico pianeta che possiede la spezia, una sostanza capace di potenziare le capacità mentali e di premonizione, ma sopruttatto capace di permettere i viaggi interstellari, senza la quale sarebbe impossibile effettuarli.
L’Imperatore Shaddam Corrino IV, temendo la crescita del potere e della fama degli Atreides tra le Grandi Casate, decide di togliere il controllo di Dune alla casata Harkonnen e di darlo agli Atreides: tutto questo fa parte di una congiura per eliminare la scomoda casata e il duca Leto Atreides lo sa, ma confida di trovare nel potere del deserto (i Fremen) la forza per ribaltare la situazione.
Le sue aspettative non vengono rispettate e, tradito da una persona di cui si fidava (il dottor Yueh, ricattato dal barone Vladimir Harkonnen), muore tra le mani del feroce nemico. Tuttavia, la sua concubina Jessica (una Bene Gesserit) e suo figlio Paul sopravvivono all’attacco, così come il maestro di spada Duncan Idaho, che li guida dai Fremen, dove vengono accolti dall’arbitro ed ecologo del pianeta Liet-Kynes (nel libro si tratta di un uomo, nel film è una donna).
Gli Harkonnen li trovano e mandano i feroci Sardaukar (le truppe più feroci e forti dell’Impero) a eliminarli; Duncan muore per proteggere Jessica e Paul (che così riescono a fuggire), e stessa fine fa Liet-Kynes.
Paul, intanto, dopo aver inalato la spezia, comincia ad avere delle visioni di lui che guida i Fremen in una guerra santa alla conquista dell’universo, idolatrato come il messia, l’eletto tanto aspettato e per cui per secoli le Bene Gesserit hanno lavorato perché nascesse. Sfuggito assieme alla madre (che è incinta) a un verme delle sabbie, viene trovato da un gruppo di Fremen guidato da Stilgar, che già aveva incontrato assieme al padre quando erano arrivati sul pianeta. I Fremen riconoscono Jessica come Bene Jesserit e la accettano, ma la stessa cosa non accade per Paul, che deve affrontare un duello per poter sopravvivere. Sconfitto e ucciso il suo avversario, il giovane Atreides entra nel gruppo e assieme alla madre e a Chali (una Fremen che ha sognato spesso fin da quando viveva su Caladan, il suo pianeta d’origine), si dirigono verso un rifugio, con le visioni avute che cominciano a prendere forma, dando così inizio al cammino dello Kwisatz Haderach, l’eletto capace di cambiare le sorti dell’universo.
Denis Villeneuve ha saputo creare un buon intreccio con Dune, con il giusto ritmo, rispettoso di quanto fatto da Herbert. Bella la fotografia, buona la resa degli attori: si può dire che nel film funziona tutto. Per qualcuno il film può essere un poco lungo, ma era necessario che così fosse per tutto il materiale a disposizione; magari si poteva dare più spazio agli Harkonnen, ma il poco tempo datogli è sufficiente per inquadrarli. Certo il barone di Villeneuve non è ciarliero come quello di David Lynch, è più cupo, ma non per questo meno efficace e convincente.
Nonostante i dubbi iniziali per tale uscita (bisogna ammettere che lo è quasi per tutto ciò che esce di recente), ho apprezzato questo Dune.
Nel secondo film si ha qualche maggiore libertà del regista con la trama, che si dissocia per un aspetto importante, almeno uno, dai libri, ed è l’atteggiamento di Chani verso la natura di profeta di Paul. Non dico altro, questo cambiamento secondo me ha un senso, non mi ritengo ad ogni modo un purista a tutti i costi. Quello che è bello del film è la solennità, la serietà, per qualcuno magari anche eccessiva. Qui siamo di fronte a una storia che vuole essere epica, non a un fumettone di supereroi, che mantiene (se pensiamo a quelli che vanno per la maggiore, non alle eccezioni) quell’aspetto di baracconata dove la risata è d’obbligo.
Piaccia o non piaccia, Villeneuve questo doveva interpretare e lo ha fatto.
Se Villeneuve ha proseguito con il tono avuto nel primo, a me sta bene: Dune deve essere di questo stampo.