
In questo periodo sono accaduti fatti in ambito editoriale che hanno fatto levare proteste su decisioni che lasciano perplessi; decisioni che fanno compiere riflessioni verso dove si sta andando e che piega possa prendere il quadro delle case editrici.
Non è facile trovare una risposta, ma non è nemmeno possibile che tutto si debba ricondurre solo a una questione di soldi, dato che il libro è più di un elettrodomestico, di un oggetto inanimato. D’accordo che una casa editrice deve fare utile per sopravvivere e deve valutare il venduto (non solo osservare i resi: perché se un libro vende centomila copie, ma si è fatta una tiratura di un milione, la colpa non è dello scrittore che non è valido, quanto dell’editore che ha fatto valutazioni errate). Purtroppo, come succede in tutta l’imprenditoria, si ritiene che la panacea ai problemi sia il taglio dei costi, senza riuscire a comprendere che per uscire da certi periodi la soluzione è aumentare invece la professionalità e la qualità del prodotto, perché è questo che fa sopravvivere e dà futuro.
Soprattutto va ricordato che lettori e scrittori sono persone, non oggetti da sfruttare, macchine da cui spremere soldi, e vanno rispettate. Come vanno rispettati i valori e le idee che esprimono, perché la libertà d’opinione, sempre nei giusti modi, è un bene prezioso, non qualcosa da condannare e perseguitare, mettendo da parte, cercando di eliminare chi non segue le direttive del potere e dell’adattarsi al sistema (come questo buio periodo storico del nostro paese ha dimostrato in questi anni).
Occorre riflettere su quanto sta accadendo e prenderne coscienza, sapendo che tutti si è responsabili. Occorre che ognuno faccia la sua parte, dia un contributo insieme alle altre persone a cambiare il sistema.
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