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Dio è Morto

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    Ho visto
    La gente della mia età andare via
    Lungo le strade che non portano mai a niente
    Cercare il sogno che conduce alla pazzia
    Nella ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già
    Lungo le notti che dal vino son bagnate
    Dentro le stanze da pastiglie trasformate
    Lungo le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città,
    Essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà

Mai come adesso questa canzone scritta nel 1965 da Francesco Guccini ed incisa due anni dopo dai Nomadi è attuale. Un titolo che prende ispirazione da un aforisma di Nietzche (Gott ist tot, moto ripreso da Francesco Falconi nel suo romanzo Gothica) , che mostra come l’uomo possa uccidere Dio, togliere sacralità all’essenza dell’esistenza, rendendola una cosa vuota, morta.
Una canzone che parla di generazioni che se ne vanno all’estero per sfruttare le proprie capacità, per non vederle ammuffire, calpestate e infangate da un sistema fatto di raccomandazioni, corruzioni e mentalità chiuse e ottuse.
Un sistema paludoso, arroccato su se stesso che cerca di mantenere i privilegi di pochi e che non comprende come l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo siano l’unico modo per non rimanere indietro.
Un sistema che disprezza l’impegno e la volontà, sostenendo favoritismi e illegittimità.
Non c’è da stupirsi se si cercano lidi dove si possa respirare aria migliore.
E se si rimane si cerca di tirare avanti, di sopravvivere, anestetizzando il malessere e l’insoddisfazione con alcool, droga, emozioni forti, cercando di trovare qualcosa che non faccia pensare, non faccia sentire quel non senso che è l’esistenza proposta dal sistema.

    E un Dio che è morto
    Ai bordi delle strade Dio è morto
    Nelle auto prese a rate Dio è morto
    Nei miti dell’estate Dio è morto.

Una società fatta di consumismo e materialismo, che si sobbarca di debiti per stare al passo con i dettami di ciò che dice la moda e il sistema, perché se si fa diversamente si è tagliati fuori, si è diversi.
Una società che ricerca nel conformizzarsi, nel rendere piatti alla stessa maniera dei miti che forgia attraverso i media: personaggi costruiti attraverso i reality, figure fatte solo d’illusione, prive di sostanza, specchietti per le allodole per attirare la gente e condizionarla al proprio volere. Miti, eroi, che durano il tempo di una stagione, bruciando come fuochi di paglia: una vampata d’un attimo, ma che non lascia nemmeno le braci per scaldarsi ai suoi resti.

    Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede
    In ciò che spesso han mascherato con la fede
    Nei miti eterni della patria o dell’eroe
    Perché è venuto il momento di negare tutto ciò che è falsità
    Le fedi fatte di abitudini e paura
    Una politica che è solo far carriera
    Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto
    L’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
    E un Dio che è morto
    Nei campi di sterminio Dio è morto
    Coi miti della razza Dio è morto
    Con gli odi di partito Dio è morto.

Generazioni, quelle ora tra i quaranta e i vent’anni, che non hanno più valori, che non credono più in niente, cresciute da genitori che li hanno viziati, non gli hanno insegnato a impegnarsi per conquistarsi le cose, abituandoli ad avere tutto e subito senza fare fatica.
Generazioni lasciate allo sbando, senza una guida, senza un punto di riferimento. Istituzioni religiose, politiche, scolistiche hanno perso di vista il loro scopo, ovvero quello di essere mezzi per formare, aiutare a crescere e a vivere meglio gli individui, troppo concentrate a rimirarsi e a compiacersi del potere ottenuto e della loro forza di condizionamento sulla massa.
Una facciata di sepolcri imbiancati, di belle maniere e falsi sorrisi, pronti a denigrare, schiacciare e colpire alle spalle. Una schiera di esseri che si mette sempre dalla parte della moltitudine, della maggioranza, perché i numeri sono potere e più sono grandi e più sono forti. Una schiera di codardi che non hanno il coraggio di ricercare la verità e stare al suo fianco, difendendola.
Come succede da sempre, dove in nome della razza, della religione, delle ideologie si uccidono i propri simili per dimostrare che le proprie ragioni sono migliori di quelle altrui: l’arroganza dell’ego che fa considerarsi superiori a chi sta intorno, il disprezzo per la diversità vista come minaccia e non come fonte d’arricchimento.
Il pensiero va certo ai campi di concentramento, a tuttti i popoli oppressi, alle guerre africane, alle guerre d’indipendenza dei vari paesi, ma si deve anche soffermare sull’attuale classe politica, sulle condizioni di lavoro degli operai, sui diritti che sempre più si vuole togliere, vedendo il lavoratore non come una persona che collabora e dà un contributo alla realizzazione di un progetto, ma come un mezzo da sfruttare e da far rendere al massimo (e poi buttare quando non serve più).

    Ma penso
    Che questa mia generazione è preparata
    A un mondo nuovo e a una speranza appena nata
    Ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi
    Perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni
    E poi risorge
    In ciò che noi crediamo Dio è risorto
    In ciò che noi vogliamo Dio è risorto
    Nel mondo che faremo
    Dio è risorto,
    Dio è risorto

Eppure, nonostante lo squallore di questa generazione e periodo, il cambiamento è possibile. Sì, perché quando si è sul fondo, quando si è lasciata andare ogni forma di ritegno e dignità, scatta un meccanismo che spinge a risollevarsi, a risalire dal buco nel quale si è caduti.
Quando ormai non si ha più niente, si è perso ogni credenza, allora si trova qualcosa di valore, qualcosa in cui credere. E non appartiene a religoni, partiti, gruppi di qualsiasi genere: non dipende più dagli altri, da niente e nessuno. Dentro di sè si trova un centro che equilibra, che rende saldi.
E allora è una Resurrezione, è un tempo di cambiamento.

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