Qualcosa in ambito editoriale sta cambiando. Per il cambiamento vero e proprio ci vorrà tempo, perché non è mai facile eliminare le scorie lasciate da quanto è preceduto, ma un mutamento sta prendendo piede.
Negli ultimi anni, specie nel fantastico, l’editoria si è buttata a pubblicare opere di autori giovani, convinti che solo i giovani potevano parlare ai giovani: tutto questo naturalmente è stato un modo per sfruttare e fare soldi, proponendo storie con stili e trame di basso livello, senza grandi differenze, tutte conformate sullo stesso modello. Romanzi che hanno saturato il mercato e che sono stati pubblicizzati con parole altisonanti, con grandi proclami: un modo di fare che cercava di compensare tutte le loro mancanze, dato che se un prodotto è valido non ha bisogno di tanta pubblicità.
Per anni si è andati avanti così, ma come tutte le cose arriva la fine e la gente sta cominciando a stancarsi che gli vengano propinati prodotti mediocri, cercando altro, cercando storie migliori. Accadendo questo, prodotti tanto andati per la maggiore, perdono mercato e di conseguenza portano meno guadagno.
Perciò non è un caso che ci siano editori che stanno riproponendo opere del passato di qualità, invece di novità. Un esempio è Gargoyle, che oltre a puntare su nuovi autori come Abercrombie, sta riproponendo autori di spessore come Le Guin e Martin, le cui storie sono distanti anni luce dal basso livello di quanto è stato propinato nel passato recente.
Sintomatico di tale cambiamento sono anche le dichiarazioni di autori che hanno rappresentato tale periodo: in un’intervista, Stephenie Meyer prende le distanze dalla saga di Twilight che ha realizzato, pentita di averla realizzata, quasi rinnegandola. Dichiarazioni che fanno pensare.
In primis perché non si sputa sul piatto dove si è ben mangiato: questa saga le ha dato fama, successo e soldi e se è conosciuta è proprio grazie a essa.
Ma come tutte le cose ha un prezzo da pagare: le ha lasciato un marchio addosso che sempre la seguirà e che ora si sta accorgendo che è pesante, che è un’etichetta per niente piacevole. Certo, ha avuto i suoi fan, ma anche molti che l’hanno criticata: ha scelto la via semplice, ovvero quella di adattarsi al tempo e di abbassarsi al suo livello. E ora che magari sta provando a imparare a scrivere bene e a scrivere storie decenti si ritrova con il fardello d’essere la scrittrice che ha realizzato opere mediocri, di basso stampo e farebbe a meno di questa saga che ne pregiudica la via e che la farà sempre riconoscere come quella che ha scritto prodotti di bassa lega.
Ha fatto una scelta: se voleva qualcosa di diverso doveva pensarci prima. La qualità richiede tempo, impegno e saper aspettare, perché non sempre è colta nell’immediato, ma è un percorso più duraturo, che alla lunga dà più frutto, invece del tutto subito che però brucia e dopo non rimane più nulla.
Dopo che l’editoria ha realizzato prodotti dozzinali, meramente consumistici, si sta accorgendo che la via percorsa finora è una strada senza uscita: per questo si sta cercando di tornare indietro, provando a riacquistare credibilità con lavori validi, di tutt’altro stampo di quello che purtroppo si è visto ultimamente.
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