Molti ritengono che il Vangelo sia un elemento legato esclusivamente all’istituzione Chiesa. Vedendola in questo modo, pensano che sia un mezzo per inculcare il punto di vista della religione cristiana, e pertanto se ne tengono lontani per evitare condizionamenti di una mentalità che ritengono antica e sorpassata. Facendo questo, si precludono una saggezza universale, a disposizione di chiunque desideri trovarla, a prescindere che si appartenga a una determinata fede oppure no.
Per dimostrare ciò, si prende come esempio la parabola dei talenti.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: «Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque». «Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: «Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due». «Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». Il padrone gli rispose: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». (Mt 25,14-30)
In diversi hanno interpretato tale parabola in senso di efficienza, di beni da guadagnare, di fiducia riposta da Dio all’uomo (mostrando sia l’obbedienza sia il tradimento), ma tale brano è rivolto alle doti personali di ogni individuo e alla capacità o meno di sfruttarle. Il cercare di metterle a frutto, di utilizzarle, può riuscire perfettamente o solo in parte, ma in ogni caso porta sempre a un arricchimento (e quando si parla di arricchimento, non va inteso in senso materiale, anche se può avvenire come conseguenza dell’utilizzo delle proprie capacità): la propria persona si sviluppa ed evolve, si ottengono aperture verso nuove strade che portano conoscenze e contatti sociali utili a maturare e migliorare sempre più.
I benefici di mettere a frutto i propri talenti sono sotto gli occhi di tutti: una vita più piena, con più soddisfazioni, meritevole di essere vissuta. Pure se non si arriva alla fama e alla gloria (elementi che la società attuale li ritiene importanti, quasi primari, perché una persona possa essere considerata realizzata), la pace che si ha nei riguardi di se stessi è qualcosa che non ha prezzo e che difficilmente può essere raggiunta in altri modi.
Allo stesso modo, è evidente ciò che succede a chi tiene da parte le proprie doti, le “nasconde”, non le utilizza: una vita più grigia, dove si è più scontenti, dove si rischia di andare incontro alla depressione e a stati psicologici per nulla piacevoli (a volte deleteri). L’insoddisfazione che si prova nei propri riguardi si rispecchia su chi si ha attorno e ha influenza sulla loro vita, arrivando a scaricare il proprio malumore sugli altri e rendendo la loro esistenza poco piacevole.
Sembra una cosa strana, ma meno si usano le proprie capacità e più si perde, fino a quando, alle volte, non si finisce col fare sempre meno, arrivando a bloccarsi e a rimanere con niente; a questo punto, si è persa la capacità di assaporare la vita e tutto diventa un patema e una sofferenza.
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