Racconti delle strade dei mondi

Il falco

L’inizio della Caduta

 

Jonathan Livingston e il Vangelo

Jonathan Livingston e il Vangelo

L’Ultimo Demone

L'Ultimo Demone

L’Ultimo Potere

L'Ultimo Potere

Strade Nascoste – Racconti

Strade Nascoste - Racconti

Strade Nascoste

Strade Nascoste

Inferno e Paradiso (racconto)

Lontano dalla Terra (racconto)

365 storie d’amore

365 storie d'amore

L’Ultimo Baluardo (racconto)

365 Racconti di Natale

365 racconti di Natale

Il magazzino dei mondi 2

Il magazzino dei mondi 2

365 racconti d’estate

Il magazzino dei mondi 2
Marzo 2024
L M M G V S D
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
25262728293031

Archivio

Cultura Woke

No Gravatar

New York, città dove è stata contestata la cultura Woke da parte di un'italiana«Ho 42 anni, arrivai dal Veneto a New York nel 2009 e me ne innamorai subito. Dovevo rimanere per uno stage di pochi mesi, sono ancora qui. Oggi però stento a riconoscerla. In Italia mi considero una progressista, perfino radicale. A New York ora devo scusarmi in continuazione per essere bianca, quindi privilegiata e incapace di capire le minoranze etniche. Sono catalogata dalla parte degli oppressori. Passo il mio tempo a camminare sulle uova, a dribblare le regole della cultura woke, qualsiasi cosa dica o faccia può essere condannata come una micro-offesa rivolta contro afroamericani o latinos»
Queste sono le dichiarazioni di un’italiana che vive a New York. Secondo tale dichiarazione, nella cultura Woke e all’interno dell’università new yorkese, il vero razzismo è quello dei bianchi contro i neri, se si è bianchi bisogna scusarsi per il razzismo di cui si è portatori, bisogna partecipare frequentemente a riunioni di White Accountability (“responsabilità bianca”) per riconoscere le micro-aggressioni verso i neri e chiedere pentimento.
Un discorso che è similare alle affermazioni della sorella di Giulia Cecchettin, la ragazza uccisa dall’ex fidanzato: “Io ripeterò sempre che la differenza non deve essere sulle spalle delle donne, anzi gli uomini devono fare un mea culpa, anche chi non ha mai torto un capello perché il catcalling o l’ironia da spogliatoio non vanno bene. Fatevi un esame di coscienza e iniziate a richiamare anche i vostri amici perché da voi deve partire questo. Noi donne possiamo imparare a difenderci ma finché gli uomini non si fanno un esame di coscienza e non si rendono conto dei privilegi che hanno in questa società non andremo da nessuna parte.”
Sebbene sia la cultura Woke sia la sorella della vittima affrontino due cose serie come il razzismo e la violenza sulle donne, presentano una mentalità distorta: non perché uno è bianco o uomo è colpevole di ciò che fanno altre persone che sono bianche o uomini verso donne o persone di colore. La responsabilità è individuale: se uno non ha commesso nulla di male, non solo non è colpevole, ma non deve nemmeno sentirsi colpevole per quanto fatto da altri. La responsabilità è individuale, non dipende all’appartenere a un certo gruppo.
Sia la cultura Woke sia i movimenti che vedono gli uomini come gli unici portatori di violenza, sbagliano e stanno portando avanti un messaggio che non solo non aiuta, ma rischia di fare più danni che altro, perché non è così che si risolvono certe problematiche: rispondere con durezza (e anche vendetta se si vuole) per gli errori di una parte di persone non è una scelta saggia, come dimostra la storia con un evento importante come la Seconsa Guerra Mondiale. La Germania, scoffita nella Prima Guerra Mondiale e ritenuta responsabile dello scoppio del conflitto, subì durissime sanzioni, che possono essere definite anche esagerate; tali sanzioni portarono nella popolazione tedesca un forte senso di rivalsa che fu cavalcato poi da Hitlher con l’ideologia nazista, portando in questo modo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale (certo questa non fu l’unica causa dello scoppio di tale conflitto, fu dovuta anche all’influenza che il fascismo di Mussolini ebbe su Hitler e anche a una certa connivenza dei paesi europei che videro il nazismo come un mezzo per contrastare il comunismo russo, ritenuto allora molto più pericoloso). Quindi bisognerebbe stare attenti con un certo modo di agire e non esasperare con mentalità di rivalsa che non porteranno a nulla di buono.
(Piccola nota a margine: si tratterà di una semplice coincidenza, ma fa pensare che praticamente nello stesso periodo esca un articolo di un’italiana che mostra una stortura americana e si critichi un sistema all’interno di un’università e intanto ci siano due italiani che elogiano Putin e la Russia, come fatto da Irene Cecchini e Jorit. Una cosa che fa pensare, dato che non è una novità che la Russia cerchi di farsi pubblicità e di mostrarsi per quella che non è per avere consensi e appoggi).