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Le Cronache di Corum

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Le Cronache di CorumRhalina, novantaseienne e bella, era morta. Corum aveva pianto per lei. Erano passati sette anni e ne sentiva la mancanza. Iniziano così Le Cronache di Corum, trilogia scritta da Michael Moorcock che va a concludere la storia del principe e ultimo superstite del popolo dei Vadhagh. Dopo aver sconfitto gli Dei del Caos e liberato la Terra dall’influenza delle divinità, Corum ha trascorso anni felici con la sua amata, la cui morte l’ha fatto estraniare da tutto quello che lo circonda; solamente il ritorno del suo amico Jhary-a-Conel, il Compagno degli Eroi, riesce a riscuoterlo e a spingerlo a rispondere all’invocazione d’aiuto che sente giungere nei suoi sogni. Si ritroverà in un futuro molto lontano del suo mondo, dove poco rimane di ciò che ha conosciuto: i Mabden (gli esseri umani) non credevano quasi alla sua esistenza dalle leggende che narravano le sue imprese, ma il disperato bisogno d’aiuto li ha fatti ricorrere all’uso della magia per essere salvati dai Fhoi Myore, giganti provenienti dal Limbo, che stanno distruggendo loro e il mondo in cui vivono. Queste strane e abominevoli creature non agiscono consapevolmente, ma le loro azioni per ritornare da dove sono venuti o trovare la morte, hanno risvolti nefasti sugli uomini.
I sette giganti portano un inverno perenne ovunque vadano, facendo presagire il loro arrivo col giungere della nebbia, guidando le loro legioni di cani mostruosi ed esseri vegetali alla rovina dei pochi superstiti umani. Corum si erge a difensore dei Mabden, trovandosi a scontrarsi ancora con Gaynor il Dannato, indossante le armi del Caos, e a intraprendere una serie di ricerche eroiche che lo porteranno a trovare oggetti di grande potere capaci di aiutare il popolo oppresso nella lotta contro le creature del Limbo.
I primi due libri di Le Cronache di Corum, Il Toro e la Lancia, La quercia e l’Ariete, prendono nome dagli oggetti che Corum deve trovare; nel terzo, la Spada e lo Stallone, ciò che viene citato nel titolo serve a scoprire ciò che porterà alla vittoria finale. Un finale epico ma drammatico, dove si compirà quanto profetizzato da un Oracolo sul destino di Corum: “Temi l’Arpa. Temi la bellezza. E temi il fratello.”
Le Cronache di Corum è una trilogia che affonda le sue radici nella mitologia celtica e irlandese: il calderone che guarisce e fa rinascere, i Sidhi che sono una deformazione del celtico Seidh (elfi), i Fhoi Myore che richiamano i Fomori Celtici, il Dagda, la lancia di Assal che non manca mai il bersaglio e ritorna al suo possessore, sono solo alcuni elementi che Moorcock usa per creare la sua opera. Un’opera lineare, senza grandi colpi di scena (tranne nel finale dove si compie la profezia dell’oracolo) che vede Corum compiere grandi imprese e affrontare nemici e tradimenti assieme a Jhary, al nano Goffanon (che tanto nano non è) e Ilbrec; il testo di Moorcock è godibile, ma il suo stile risente del passaggio degli anni e manca del mordente di certi autori moderni. Tuttavia, è innegabile che si respira un’atmosfera epica in tutte le pagine, con i temi tanti cari all’autore che si riconoscono fin da subito: le energie superiori che giocano con i mortali, il Fato che è sempre amaro per chiunque e non c’è consolazione per nessuno, l’eroe che non trova pace nemmeno dopo tutti i sacrifici che ha fatto. Corum, incarnazione del Campione Eterno, figura tanto usata dallo scrittore britannico, si erge a difensore degli oppressi e riportatore dell’equilibrio, ma i suoi sforzi non sono ripagati, vittima com’è di un fato che appare nefasto fin da quando giunge in un tempo che non è più il suo. Forse non l’opera migliore di Moorcock, eppure va dato merito a questo autore con le sue idee di aver ispirato autori come Martin (i suoi Estranei ricordano i Fhoi Myore, esseri venuti da un altro mondo e che portano l’inverno), Erikson (non è difficile capire da chi prende Anomander Rake), e di aver dato un contributo importante al mondo del fantasy.