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L'ultimo viaggio di Dio

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L'ultimo viaggio di DioL’ultimo viaggio di Dio è un romanzo di James Morrow che ho conosciuto grazie a Bruno Bacelli e che ho trovato in un mercatino dell’usato: un buon acquisto e soprattutto un bel romanzo. La storia è abbastanza semplice: Dio è morto e il suo gigantesco corpo è precipitato nell’oceano. Gli angeli, per empatia, muoiono a loro volta ma non prima di aver chiesto alla Chiesa e al capitano Van Horme di dare sepoltura al Creatore, portandolo nell’Artico dove hanno preparato la Sua bara nel ghiaccio. Nessuno sa il motivo del Suo decesso, ma ognuno che partecipa alla missione ha le sue ragioni. Per Padre Thomas Ockham è scoprire questo segreto affidandosi alla filosofia e alla scienza, per Anthony Van Horme è trovare una sorta di redenzione dopo aver fatto sbattere una superpetroliera contro gli scogli e aver causato un disastro ambientale che ha portato alla morte centinaia di animali.
Radunato un equipaggio, il difficile non è tanto individuare il corpo di tre chilometri di lunghezza o difenderlo dai predatori che vogliono cibarsi di esso o trainarlo per migliaia di chilometri, ma mantenere uniti gli uomini che cominciano a risentire psicologicamente della vicinanza del cadavere. A questo si aggiunge che senza preavviso (ma probabilmente causato dalla presenza del corpo di Dio) dalle profondità marine sorge un’isola piena di rifiuti e di idoli pagani che non solo fa incagliare la nave e perdere il prezioso carico trainato, ma scatena gli istinti più primitivi e beceri di molti membri dell’equipaggio che si ammutinano. Esecuzioni in stile gladiatori nell’arena romana, orge, baccanali sfrenati, fanno perdere ogni senso morale alla maggior parte dei marinai e a nulla valgono le esortazioni di Padre Thomas a ritrovare la ragione. Ma dove non può la ragione, può la necessità: la fame e il provvidenziale ritorno del cadavere, cui dei pazzi di carne sono usati, dopo essere stati consacrati, come sostentamento, fanno ritornare il personale tra i ranghi che, di buona lena, libera la nave permettendo di riprendere la navigazione.
Naturalmente le cose non possono andare lisce e non può non mancare un attacco organizzato da Cassie, una naufraga salvata dalla superpetroliera, che cerca di distruggere il corpo di Dio per dare un colpo letale a quel patriarcato che esso ben rappresenta e che tanti danni ha portato (per lei) alle donne. Non mancheranno colpi di scena, come non mancherà la risposta tanto cercata di questa morte eccellente.
L’ultimo viaggio di Dio è un’opera intelligente, pervasa in tutte le sue pagine di un’ironia che non risparmia nessuno; non è facile spiegare un qualcosa che non vuole prendersi sul serio ma che allo stesso tempo affronta con una certa profondità temi come la perdita di fede, l’etica, la morale e che cosa guida i pensieri e le azioni degli uomini. Certo fa sorridere vedere gli angeli che sfruttano per il loro volere (un volere che nulla ha a che fare con quello di Dio) il senso di colpa degli uomini o che seppelliscono Dio come farebbero certe persone con i propri animali domestici mettendogli accanto gli oggetti cui erano più affezionati; a qualcuno potrebbe far storcere il naso che la morte di Dio sia spiegabile con il suicidio, rasentando l’eresia o la blasfemia, o che il suo corpo sia davvero eucarestia, visto che viene usato per sfamare gente moribonda. Tuttavia non bisogna soffermarsi all’apparenza, perché L’ultimo viaggio di Dio è molto di più di quello che una lettura superficiale potrebbe suggerire: il romanzo va a scavare sulla natura umana, mettendo in mostra il meglio e il peggio (sia in fatto di crudeltà che d’imbecillità), intrattenendo il lettore ma anche spingendolo a riflettere e a porsi delle domande su come si reagirebbe se venissero a mancare credenze, pensieri, consuetudini su cui ha fondato la propria esistenza.
Una piccola chicca e ringrazio Bruno di avermela fatta scoprire.