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L'uomo mascherato da clown

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«Ehi tu!»
Il ragazzo si voltò, trovandosi a fissare un volto torvo oltre la recinzione del giardino.
«Qui non devi più passare» gli intimò l’uomo.
«Prego?» domandò sorpreso il ragazzo.
«Non devi più passare davanti a casa mia» ordinò l’uomo.
«Non capisco…»
«Non prendermi per il culo!» l’uomo alzò la voce. «Tutti i giorni passi di qua! Tu spii me e la mia famiglia!»
Il ragazzo sbarrò esterrefatto gli occhi. «Porto solamente a passeggio il cane…»
«Tu e quel coso di merda non dovete passare più di qui!» sbraitò l’uomo. «Se ti rivedo da questi parti, chiamo i carabinieri, spione!»
«Io non la spio…»
«Non dire cazzate! Ti vedo tutti i giorni guardare verso casa mia!» l’uomo sventolò i pugni oltre la recinzione, costringendo il ragazzo a indietreggiare.
«Signor Santorelli, si calmi» un anziano uscì dalla casa antistante.
«Fatti i cazzi tuoi!» urlò l’uomo. «Anche tu sempre a rompere i coglioni!»
«Cerchi di tranquillizzarsi…» tentò di dire l’anziano, ma il tono di voce dell’altro lo sovrastò.
«Io ci starei tranquillo, se non fosse per dei rompicoglioni come voi!»
Alle finestre delle villette vicine si affacciarono diverse teste, ma subito si ritrassero vedendo di chi si trattava.
Il ragazzo si allontanò con il cane, che aveva preso ad abbaiare in risposta alle urla dell’uomo.
«Quel cane è cattivo! Se lo rivedo, lo faccio sopprimere!» strepitò ancora l’uomo, passando subito a squadrare furioso l’anziano che si stava ritirando in casa sua. Poi si girò e tornò sotto il portico dove erano seduti i tre figli e la moglie. «Ho dato allo stronzetto quello che si merita. Vero, Monica?»
«Certo, Marco» convenne orgogliosa la moglie.
«E se ritorna, gli spezziamo i denti con questa» disse il figlio più grande carezzando la mazza da baseball.
«Oppure la usiamo per sfondargli il culo» aggiunse ammiccante la sorella.
Il fratello più piccolo rise sguaiatamente. «E col suo cane ci facciamo un bell’arrosto.»
«A proposito» cambiò discorso la figlia. «Questa sera Vanessa e Giulia mi hanno invitato per la serata Halloween giù al pub.»
Il padre si voltò accigliato verso di lei. «Ci andrai col vestito che ho visto l’altro giorno sul letto?»
«Sì.»
«Scordatelo!» scattò il padre. «Tu con quello non esci!»
«Ma caro, è soltanto per una sera» disse la moglie.
«Non ho tirato su una puttana! Lei questa sera non esce! Anzi, nessuno esce!» ordinò imperioso l’uomo. «Halloween… la notte delle streghe… quante minchiate! Ora, a cena! E vedete di non farmi incazzare ancora di più.»

Marco si svegliò lentamente. Alzò la testa. Tutto intorno era tenebra, a parte un paio di candele poste negli angoli opposti della stanza.
Scosse il capo, cercando di scacciare la nebbia che gli offuscava la vista e di far ordine nei suoi pensieri.
Ricordava che dopo cena si era sdraiato sul divano nella speranza che il mal di testa scatenatosi dopo la lite in famiglia passasse; tutti gli avevano dato addosso perché non voleva che festeggiassero Halloween; persino Monica lo aveva contestato ferocemente, facendolo incazzare ancora di più. Poi, sfinito, si doveva essere addormentato.
Ora eccolo lì, in un ambiente che non riconosceva.
Si guardò intorno. Riusciva appena a scorgere le sagome delle cose che lo circondavano: sembravano sacchi e scatoloni ammucchiati lungo le pareti.
Cominciò a sentire un rumore strano.
No, non era rumore, ma una cantilena. C’era qualcuno lì con lui.
Malocchio e gatti neri
Malefici misteri
Il grido di un bambino
Bruciato nel camino
Nell’occhio di una strega
Il diavolo s’annega

«Chi c’è?»
Alla sua destra qualcosa si mosse. «Ti sei svegliato.»
Marco sussultò: aveva già sentito quella voce. «Chi sei?»
«Non ti ricordi di me?»
«Perché dovrei?» Marco strinse gli occhi cercando di vedere chi stava nascosto nel buio.
«Perché mi hai visto tante volte.»
La voce aveva qualcosa di famigliare. Si concentrò, cercando di ricordare. Poi ebbe un’illuminazione. «Sei quello spione che passa tutti i giorni davanti a casa mia con quel coso di merda.»
«Uhuhuh» ricevette in risposta un basso risolino di derisione.
No, non poteva essere quel ragazzo: la voce aveva una tonalità troppo bassa. «Sei quel rincoglionito del mio vicino che non si fa mai i cazzi suoi.»
«Uhuhuh» la stessa risposta di prima.
Marco sentì il mal di testa tornare. «Chi sei?» sbottò.
«Ti darò un indizio» sussurrò la voce. «Sono uno a cui non piace sentirsi minacciato, che odia che gli altri interferiscano con la sua vita.»
«Non ti conosco.»
«Davvero? Allora vieni qua e guardami» rise la voce.
Marco si alzò e prese una candela, avvicinandosi alla voce con cautela. Un volto mascherato da clown cominciò a prendere forma dalle tenebre. «Non aver paura, da me non devi temere nulla. A differenza della tua famiglia.»
«Che cosa le hai fatto?» spaventato, Marco si voltò di scatto per dirigersi verso la porta in fondo alla stanza, ma scivolò e sbatté la testa contro qualcosa di duro. Divenne tutto buio.
Quando rinvenne, tutto quello che sentì fu la tempia destra pulsare con violenza. Poi aprì gli occhi e vide la candela che bruciava a pochi centimetri da lui, incredibilmente ancora accesa dopo la caduta. Allora si ricordò dell’altro e si alzò di scatto: un’ondata di nausea lo aggredì, ma resistette, ricacciandola indietro. Raccolse la candela e s’aggirò per la stanza. Era solo.
Sotto i suoi piedi qualcosa scricchiolò. Abbassò lo sguardo: sembravano pezzi di vetro e alluminio. Li dimenticò subito: doveva raggiungere Monica e i ragazzi.
Rischiando di far spegnere la candela, corse alla porta e salì le scale oltre di essa. Con sorpresa, si ritrovò nel suo salotto.
Lo shock lo bloccò. Era sempre stato in casa sua.
Tu da me non devi temere nulla. A differenza della tua famiglia.
Le parole dell’altro lo riscossero, spingendolo a cercare i suoi cari.
Mattia era nudo, con braccia e gambe legate insieme con una catena dietro la schiena. Un grosso gancio lo teneva sospeso sopra il fuoco acceso nel camino. Il bianco della schiena strideva con la pelle abbrustolita dell’addome. Il capo era chino, ma da dove si trovava, poteva vedere la mela che gli era stata ficcata in bocca.
Marco fece per precipitarsi a slegarlo, quando vide Giuseppe steso sul divano, la testa reclinata in modo innaturale contro lo schienale: dalla bocca spalancata spuntava il manico della mazza da baseball. Pezzi di denti insanguinati risaltavano sulla camicia nera.
«Nonononono» Marco corse sulle scale che conducevano al primo piano.
It, uno dei clown più famosi della letteratura e del cinema«Carla… Monica…» chiamò con voce strozzata.
Trovò la figlia in camera sua, gambe e braccia divaricate e legate alle sponde del letto con le calze e i lunghi guanti del vestito con cui voleva uscire quella sera. Da sotto la corta gonna nera spuntava un’estremità del bilanciere che Giuseppe usava per i suoi pesi; l’altra sporgeva sanguinante dalla bocca aperta, facendo risaltare i suoi occhi chiari, quasi schizzati fuori dalle orbite.
Muovendosi come uno zombie, Marco seguì la pozza d’acqua che si espandeva nel corridoio, conducendolo al bagno. Oltre la porta socchiusa, Monica galleggiava nella vasca da bagno, il tubo della doccia stretto attorno al collo. La lingua violacea pendeva innaturalmente lunga fuori dalle labbra. Una gamba scivolò oltre il bordo.
Il cozzo del piede sul pavimento fece scattare Marco lungo le scale, superare di volata il salotto e uscire nel giardino mentre stava arrivando una pattuglia dei carabinieri.
«I miei cari… tutti morti» disse rantolando, caracollando verso i carabinieri che si avvicinavano impugnando le pistole. «È stato l’uomo mascherato da clown…»
Sentì le braccia che gli venivano torte con forza dietro la schiena. Poi avvertì il freddo delle manette sui polsi. Cercò di liberarsi dalla stretta dai carabinieri, ma i due lo trascinarono spietatamente verso l’auto. «Il clown! Dovete prendere il clown!»
Una mano premette con forza sulla sua testa e lo costrinse a piegarsi in avanti. Fu allora che sul cristallo della portiera vide il volto del clown distorto in un ghigno rabbioso.
L’urlo di Marco esplose nella notte.

La figura appostata nei pressi del parchetto osservò l’auto dei carabinieri allontanarsi. Quando sparì oltre la curva, si diresse verso la fontanella tra gli alberi. Aprì il rubinetto e prese a lavarsi le mani e la faccia con cura; una volta finito, lo richiuse e si allontanò. Davanti alla fontanella, la pozza di acqua sporca di bianco cominciò a essere assorbita dal terreno.