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Mondiali in Brasile (parte seconda)

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Che l’Italia non superasse il girone era un risultato più che prevedibile: solo chi voleva illudersi o sopravvalutava le capacità della nazionale poteva pensarla diversamente, dato che non c’era nessun presupposto che facesse pensare a un risultato diverso dall’eliminazione.
Il Mondiale di calcio era partito sotto auspici per nulla favorevoli: polemiche, scelte tecniche sbagliate, dove si è usato due pesi due misure, dove sono stati selezionati giocatori non in forma lasciandone fuori altri che sarebbero stati più utili e avrebbero dato un apporto diverso, soprattutto a livello di gruppo e d’impegno. Soprattutto diversi dei giocatori selezionati o non erano al top, reduci da infortuni (o con infortuni), o erano arrivati alle gare mondiali in riserva (le partite lo hanno dimostrato: la squadra correva meno delle altre, non arrivava prima sul pallone).
Poi c’è stata la direzione tecnica dell’allenatore durante le gare, che non ha saputo avere carattere e soprattutto avere le idee chiare, ripetendo gli stessi errori di allenatori che l’hanno preceduto (Lippi, che dopo aver vinto il Mondiale 2006 ha puntato su buona parte del gruppo che gli ha concesso la vittoria, anche se ormai aveva dato tutto quello che poteva dare e le sue prestazioni erano in discesa; Trapattoni, che si è intestardito a voler far giocare lo stesso attaccante, Vieri, nonostante fosse cotto). Se poi si considera che l’Italia non aveva una squadra adatta per partecipare a una competizione del genere, ma soprattutto non aveva giocatori all’altezza di fare la differenza come è stato nel passato (non ci sono più i Baresi, Bergomi, Maldini, Ancelotti, Baggio, Schillaci), l’eliminazione è quanto di meno sorprendente possa esserci: si è partiti male e si è finiti nella stessa maniera, specchio di quell’armata allo sbando che è tutta l’Italia.
Come non sorprende la direzione arbitrale delle partite viste finora, palesemente a favore delle squadre sudamericane: lo è stato nella partita d’esordio del Brasile (favorito in ogni modo dall’arbitro), lo è stato nella partita con l’Uruguay che è costata il passaggio all’Italia. Perché un conto è essere consapevoli del valore della propria nazionale, un conto è vederla sconfitta a causa di un arbitraggio sempre a favore della squadra uruguayana. Emblematiche l’espulsione di Marchisio (che non c’era, non essendo nemmeno da giallo) e la mancata espulsione di Suarez per aver morso un avversario (Chiellini) alla spalla: nonostante il segno palese lasciato dai denti, l’arbitro ha reputo tutto regolare. Qualcuno avrebbe dovuto ricordare all’arbitro (che ricorda tanto il famoso Moreno), che simili comportamenti non sono tollerati nella maniera più assoluta in nessuno sport, tantomeno il calcio, e sono quanto di più scorretto possa esserci.
Perché non ci si sorprende di questo modus operandi a favore dei sudamericani?
Perché i Mondiali non sono più una manifestazione sportiva, sono un gigantesco business dove circola una gigantesca quantità di soldi e ci sono troppi interessi in gioco. Interessi che spingono la competizione sportiva in direzioni definite.
Come andrà finire questo mondiale? Male, perché lo sport ha perso e gli interessi economici hanno vinto: quale che sia il risultato finale, sarà una sconfitta, perché è solo una questione di soldi. Non c’è nulla di scritto, ma si può già fare una previsione abbastanza attendibile sul vincitore: il Brasile. E non perché è la squadra più forte come può essere stato ai tempi di Pelé, ma perché con tutto quello che si è fatto e speso, se i Verdeoro non vincono la coppa, in Brasile c’è una sollevazione di massa della popolazione, con il rischio dello scoppio di una guerra civile. Questo modo di vedere può essere visto come un pensare male, ma se si riflette sugli interessi politici che sono in gioco, non è qualcosa di tanto astruso.