Racconti delle strade dei mondi

Il falco

L’inizio della Caduta

 

Jonathan Livingston e il Vangelo

Jonathan Livingston e il Vangelo

L’Ultimo Demone

L'Ultimo Demone

L’Ultimo Potere

L'Ultimo Potere

Strade Nascoste – Racconti

Strade Nascoste - Racconti

Strade Nascoste

Strade Nascoste

Inferno e Paradiso (racconto)

Lontano dalla Terra (racconto)

365 storie d’amore

365 storie d'amore

L’Ultimo Baluardo (racconto)

365 Racconti di Natale

365 racconti di Natale

Il magazzino dei mondi 2

Il magazzino dei mondi 2

365 racconti d’estate

Il magazzino dei mondi 2
Dicembre 2024
L M M G V S D
 1
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
3031  

Archivio

Death Gate

No Gravatar

Qual è la parte che deve avere più rilevanza quando si racconta una storia? L’ambientazione o i personaggi che si muovono in essa?
Ogni scrittore, a seconda di quello che vuole raccontare o delle proprie preferenze, dà più spazio all’una o agli altri. Quale che sia la scelta, alle volte capita che entrambe le opzioni siano un mezzo per parlare del lascito di ciò che è stato in tempi andati: il passato, con il suo carico di lezioni ed errori da cui imparare per giungere alla conoscenza e alla consapevolezza necessari al cambiamento nella vita perché tale possa essere considerata.

Questo è l’incipit dell’articolo che ho realizzato per Fantasy Magazine sul Ciclo di Death Gate di Margareth Weis e Tracy Hickman; una saga, quella dei due scrittori famosi soprattutto per i romanzi su Dragonlance, affascinante, che trasporta in un viaggio di scoperta attraverso mondi differenti che sono parte però di uno. Una scoperta che fa affiorare conoscenze perdute e rivelazioni che mostrano come non conoscere la storia di un mondo e dei popoli che lo abitano e il voler mantenere celata la verità perché non vengano alla luce gli errori del passato, mantenendo un’aura di saggezza e perfezione, sia uno dei più grossi errori che l’umanità continua da secoli a perpetrare.
Un modo per far comprendere che per avere un mondo migliore non servano più capi o dei, ma la collaborazione di tutti, perché è riconoscendo i propri limiti e capendo che si può crescere solo vivendo insieme, e non separati, che si può giungere a capire l’armonia che è l’esistenza.