Racconti delle strade dei mondi

Il falco

L’inizio della Caduta

 

Jonathan Livingston e il Vangelo

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L’Ultimo Demone

L'Ultimo Demone

L’Ultimo Potere

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Strade Nascoste – Racconti

Strade Nascoste - Racconti

Strade Nascoste

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Inferno e Paradiso (racconto)

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365 storie d’amore

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L’Ultimo Baluardo (racconto)

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Il magazzino dei mondi 2

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Bisogno di Dio

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DioDio con il passare degli anni nella storia dell’uomo ha perso sempre più valore. Con lo sviluppo crescente delle scienze e delle risposte che ha saputo dare, togliendo quel velo di mistero che apparteneva alle cose, la sua presa sull’uomo è diminuita, fino a quando molti hanno ritenuto che non fosse più necessario, che fosse qualcosa di arcaico, appartenente a epoche passate. La gente ha smesso di credere in lui, di ascoltare le sue parole, di leggere i libri sacri, perché lo riteneva qualcosa di superato. In parte questo è vero: l’immagine (che è una proiezione dell’inconscio umano) del vegliardo dalla barba bianca che siede su un trono dorato poteva far presa sugli animi delle persone delle antiche società patriarcali, non in quelle moderne.
Dio è stato chiamato così nel tempo in molte parti del mondo. Il suo nome è stato pronunciato in molte lingue. L’hanno mominato in molti modi, ma tutti volevano indicare la stessa cosa. L’hanno raffigurato in molti modi, gli hanno assegnato ogni ruolo possibile e immaginabile. Ma mai che si sia capito chi era realmente, mai che si cogliesse nel segno; pochi sono riusciti ad avvicinarsi per avere almeno un’idea di ciò che era, perché troppo impegnati a chiedere, ad aver bisogno di qualcosa, concentrandosi solo sulle proprie paure e pretese. Rassicurazioni, favori, giuramenti presto dimenticati, preghiere, invocazioni: sempre ad aspettarsi la risoluzione a qualsiasi problema si verificasse. Un continuo io, io, io che giungeva da tutte le parti, ma mai che ci fosse qualcuno che fosse disposto ad ascoltare quello che aveva da dare in risposta.
Dio è stato considerato un mezzo che va usato a proprio piacimento o capriccio. Un mezzo cui si ricorre perché dotato di grande potere, di capacità che nessuno è in grado di possedere. Un potere che si considera esclusiva di qualche essere unico, di qualche prescelto particolare.
E’ stato inevitabile, con una mentalità del genere, andare incontro a delusioni e a perdere la fede, a credere che non c’è bisogno di Dio.
Quanto invece c’è bisogno di Dio! Soprattutto in periodi, società come queste, c’è bisogno di Dio, perché nella loro stoltezza gli uomini sono andati a ingrassare tutto ciò da cui invece dovevano tenersi alla larga e si sono fatti sfruttare nelle varie lotte per il potere, per la supremazia l’uno sull’altro. Guerre, guerre e ancora guerre: in tutte le epoche questa è stata la costante; agli esseri umani deve fare schifo la pace, la tranquillità, non trovano quiete e soddisfazione nello scoprire e nel far crescere. Sempre in tensione, sempre in ansia, protesi verso qualcosa che non sanno nemmeno definire.
Sbagli si sono accumulati su sbagli.
Nessuno ha capito chi è Dio, che Dio è ed esiste quando c’è Creazione, che la Creazione è Dio e pertanto può esserlo chiunque mentre è impegnato a creare. Perché Dio è la manifestazione più alta dell’Uomo e l’Uomo è la manifestazione più bassa di Dio: i due sono la stessa identica realtà, solo con livelli di consapevolezza diversi.. Occorre questa consapevolezza per ritrovare un senso all’esistenza, per ritrovare equilibrio in un sistema sballato, perché Dio è consapevolezza, quella consapevolezza che tanti hanno dimenticato e sembrano averlo voluto fare apposta.
Io sono in Te e Tu in Me, dice Gesù parlando di Dio e dell’uomo, esortando le persone ad accorgersi di questa realtà: Dio è dentro di noi, perché noi siamo Dio. Realtà che Gesù tiene a sottolineare, ribadendolo in un altro brano del Vangelo “Io ho detto: voi siete dei” (Giovanni 10, 34) (una frase che viene usata e fa da fulcro al romanzo Straniero in Terra Straniera di Robert A. Heinlein, che ben riprende il significato di tale messaggio), perché questo è il modo in cui l’essenza divina aiuta l’uomo a evolvere. E l’uomo, evolvendo, aiuta a sua volta il Dio a crescere e a essere quell’infinito di cui tanto si parla.

Una riflessione da L'inizio della Caduta: Delirio d'onnipotenza

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Era il 2008 quando realizzai la prima stesura di Non Siete Intoccabili, scritta subito dopo Strade Nascoste. L’intenzione allora era di proseguire con la narrazione delle Storie di Asklivion; dieci capitoli erano stati scritti quando sorse l’idea per una storia staccata da quel mondo, ambientata nel nostro che parlasse del mondo del lavoro, delle sue ingiustizie, del mobbing, delle morti bianche. Un’idea che premeva con forza per prendere vita e che non mi permetteva di continuare con le vicende di Asklivion e dei suoi personaggi: così è nato Non Siete Intoccabili.
In quest’opera ho voluto sperimentare, cambiare stile e approccio, cercando di realizzare qualcosa che estremizzava i comportamenti, i dialoghi, rendendolo eccessivo, sopra le righe, alle volte grottesco. Non rinnego quanto ho fatto perché mi è servito a capire qual è la strada che è più adatta a quanto voglio narrare, a come voglio porre storia e personaggi, a quali sono gli errori da evitare. Non Siete Intoccabili ha delle idee e degli spunti validi e sono state mantenute, ma sviluppate diversamente: per questo delle parti sono state tenute e usate per realizzare una storia che partendo da esso è stata modificata per andare a completare il quadro che è andato formandosi con la realizzazione di L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone. Si tratta di una narrazione con forti elementi fantastici e paranormali, ma che è fortemente ancorata nella realtà. Anche se in Italia il fantastico è sottovalutato, esso è un forte mezzo, pregno di simbolismo, per affrontare la realtà e soprattutto i suoi lati oscuri: in questo Stephen King è un maestro, con le sue opere fantastiche che mostrano spicchi densi di realtà e dei suoi problemi, della sua follia.
Era il 2008, ma sembra di narrare i fatti di cronaca odierna. Non si tratta di essere stato profetico, ma se si osserva la realtà, il contesto storico, e soprattutto avendo studiato un poco la storia, si può vedere dove si vuole andare a parare. Quindi non sorprendono certe affermazioni fatte da Renzi contro i sindacati (Non lasceremo la cultura ostaggio di questi sindacalisti contro l’Italia) e da Squinzi (che vuole il dimezzamento degli stipendi dei lavoratori), dato che sono anni che governi e imprenditori cercano di togliere diritti ai lavoratori, rendere le loro condizioni peggiori e sfruttarli il più possibile. Più spesso di quanto si creda, realtà e fantastico non sono poi tanto lontani tra loro.

Il corno

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Un breve racconto fantasy umoristico per sorridere un po’.

cornoCinquant’anni, una vita trascorsa tra tomi polverosi, cimiteri abbandonati, laboratori impregnati dall’odore dolciastro della decomposizione, impegnato ad accumulare sempre più sapere ed eccolo in una situazione inverosimile.
“Dalla conoscenza viene potere.” Ripeteva sempre il suo maestro di necromanzia. Ma se aveva accumulato così tanto potere, perché era finito dentro un loculo per orchi, per di più delle dimensioni di un topo?
La risposta era sul fondo. «La prossima volta che tocchi qualcosa senza permesso, ti trasformo in ghoul.»
Il nano continuò ad affilare l’ascia. «Non sapevo che era una cosa incantata.»
«Siamo nella tana di un orco magi e ti meravigli che ci siano oggetti magici.» A Jardin partì un’imprecazione in elfico.
«Occhio, orecchie a punta: capisco il tuo idioma.» Il suono metallico della lama che veniva affilata accompagnò il tono serafico del nano.
L’elfo portò una mano alla faretra e una all’arco. «Vuoi che passi dalle parole ai fatti? Ti vedo anche al buio.»
Selidor si lasciò andare contro la parete. Un umano, un elfo e un nano rinchiusi in un sepolcro, perché il mentecatto che gli arrivava a malapena all’ombelico aveva ribattuto a un commento proprio nell’attimo in cui prendeva in mano un raro Opale dei Desideri.
“Vorrei che provaste a essere come topi chiusi in una tomba.”Il nano era sbottato tirando una manata sulla pietra lucente sopra il tavolo. “E vorrei esserci per sentire cosa avete da dire.”
Un lampo ed eccoli nelle tenebre del sepolcro. Represse l’impulso di trasformare il nano in uno scheletro ballerino. “Meglio di no: il rumore d’ossa che sbatacchiano sulla pietra sarebbe troppo fastidioso.”
E dire che era una missione facile quella intrapresa con Jardin: recuperare un corno d’orco magi per realizzare l’antidoto al morbo di Huxcrahimer, prima che riducesse gli gnomi di Valleiden in zombi putrefatti.
Dato il buon cuore e l’insegnamento nobiliare ricevuto, l’elfo non aveva esitato a prestare il proprio aiuto agli abitanti del villaggio. Un comportamento prevedibile. Come il suo, d’altronde: aveva accettato di accompagnarlo perché per caso sapeva che nella biblioteca del villaggio c’era un antico grimorio d’arti oscure. Grimorio che avrebbe avuto come ricompensa per il proprio servigio.
Un lavoro da niente e invece eccoli lì. Sbatté il pugno contro la pietra.
«Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.»
Selidor volse il capo verso la voce del nano. «Cosa vuoi dire?»
«Se non foste venuti tra queste montagne non vi trovereste nei pasticci.»
«Se avessi tenuto le mani a posto, non saremmo nei guai» ribatté acido Jardin.
«Basta!» scattò Selidor. «Non serve recriminare.» Si strinse addosso il mantello. «Se solo avessimo l’opale: con il desiderio che avanza potremmo uscire da qui.»
«Se la soluzione è questa, non c’è problema» rispose con calma il nano. «E’ qui con me.»
Nel sepolcro tornò a calare un silenzio di tomba.
«L’avevi e non hai detto nulla» il sussurro dell’elfo era teso dall’ira.
«Non l’avete chiesto.»
L’aria risuonò del vibrare di una corda, infranta da un tintinnio metallico.
«Ascia batte freccia» disse il nano con sicumera.
Selidor si alzò in piedi. «A dopo i chiarimenti. Esprimi il desiderio e facci uscire di qui.»
«E se volessi tenerlo per me?»
«Se non ci fai uscire di qui, ti riduco in cenere all’istante.»
Il nano sbuffò. «D’accordo. Dovevo dare ascolto alla mia vecchia e stare lontano dagli stranieri.» Tirò su con il naso e sputò. «Vorrei che quanti sono qua dentro ne escano e ritornino alla vita che conducevano prima di finire in questa tomba.»
Un lampo e si ritrovarono nella caverna.
«Tutto è tornato alla normalità» sospirò Jardin rimirando il corpo tornato alle solite dimensioni.
«Non direi» brontolò una voce contrariata alle loro spalle. «Qualcuno vuol spiegare chi ha spostato i mobili nella mia casa? E soprattutto, che cosa ci fa una freccia in una mia orbita?»
“Maledizione. Oggi non ne va dritta una.” Selidor lentamente si voltò, pensando a cosa dire al redivivo orco magi.

Una recensione su Strade Nascoste e altri lavori

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Sul blog Sole&Luna è stata pubblicata la recensione di Giancarlo Chiarenza su Strade Nascoste: fa piacere che l’opera che si è scritta sia apprezzata e valutata positivamente.
Quello di Strade Nascoste è stato un viaggio lungo, ma ne è valsa la pena, sia per il piacere del viaggio delle terre create accompagnati dai suoi personaggi, sia per quello che ho imparato su come migliorare lo stile, l’intreccio della trama, la caratterizzazione dei personaggi. Questo mi è stato di aiuto per le opere successive (L’Ultimo Potere, L’Ultimo Demone, la riscrittura di quello che era Non siete intoccabili e che ora è un’opera nuova), perché mi ha permesso di avere una maggiore sintesi che aiuta a mantenere un maggiore coinvolgimento nella lettura.
Parlando di altre opere che ho scritto, terminata come ho già scritto la revisione di L’ultimo potere (in attesa di risposta da parte di alcune ce, se ci sarà), adesso sto lavorando su un libro di saggistica: è un lavoro realizzato nel 2010, rimasto in attesa (sempre di risposte di ce che erano interessate al lavoro, ma che poi non se n’è fatto nulla per cambi al loro interno) e che ora ho ripreso sia per un ampliamento dei contenuti, sia per migliorare lo stile, renderlo più scorrevole e chiaro.
Scrivere un’opera di saggistica è un lavoro differente dal realizzare un’opera di narrativa, ma è comunque un viaggio interessante, perché si percorrono strade che solitamente non si prenderebbero, aiuta alla riflessione, all’osservazione e alla comprensione. Ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta (citazione di una frase tipica di La Storia Infinita di Michael Ende).

Copertina di Strade Nascoste e non solo

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La copertina ha la sua parte per quanto riguarda un romanzo, dato che è la prima cosa che il possibile lettore vede di esso: in pochi istanti deve comunicare quello che è scritto nelle pagine, trasmettere il messaggio che l’autore vuole comunicare e soprattutto deve mantenere quanto in pochi istanti ha trasmesso. Perché non ci si deve trovare nella condizione, come spesso accade, di vedere delle belle copertine e poi trovarsi ad avere a che fare con un testo deludente che non ha saputo dare compimento alle aspettative create; peggio ancora, trovarsi davanti delle copertine che non c’entrano assolutamente nulla con l’opera.
Pertanto la sua scelta è qualcosa d’importante, da non sottovalutare.
Ma che cosa si può fare se non si è una grossa ce che può investire su artisti come Michael Whelan, specie in ambito fantastico?
O sì è dei bravi disegnatori, o si hanno degli amici che sono bravi disegnatori o si paga un bravo disegnatore.
Oppure si sfruttano le proprie capacità.
Nel mio caso, il fare fotografie.
Strade NascosteMi piace fotografare, è un hobby che ho da diverso tempo (in questo articolo avevo scritto che cosa può spingere a fare foto; o forse si tratta di un brano di un’opera non ancora pubblicata) e che mi è tornato utile per la realizzazione della copertina di Strade Nascoste. La scelta è caduta sulla montagna innevata perché nel romanzo i protagonisti si ritrovano davanti a uno scenario del genere, in un momento che sarà il punto di svolta delle loro vicende. Questa immagine riesce a trasmettere la fredda e ruvida bellezza del paesaggio, suscitando allo stesso tempo sentimenti di meraviglia e fascino, ma anche trasmettendo quello che si prova nel trovarsi dinanzi a qualcosa di più grande dell’uomo, proprio come succede ai personaggi dell’opera.
Questo deve fare una copertina: comunicare.
Anche per le altre copertine che ho realizzato è stato così: basta andare alla pagina Opere personali e articoli per rendersene conto.
In Inferno e Paradiso ho unito due foto di nuvole , una con le sfumature del tramonto e una con il sole alto nel cielo per creare il contrasto di colori tra rosso e bianco e rendere la contrapposizione che si ha nella concezione di Inferno e Paradiso.
Con Non siete intoccabili ho modificato la foto scattata a un fulmine mettendola in negativo e poi sfocandola per conferire un’atmosfera indefinita e spettrale, cupa, proprio come lo è il romanzo.
La copertina di Per sempre ha necessitato di un poco di costruzione. La scena è stata preparata (fogli, boccetta di vetro, candela accesa, ambiente buio). La macchina fotografica è stata montata su un treppiede, impostata con le giuste regolazioni di esposizione e l’inquadratura scelta (di me si doveva vedere solo la mano), si sono scelte le modalità in bianco e nero e l’autoscatto. A quel punto mi sono sistemato sulla sedia, preso tra le dita la penna (di poiana) e aspettato che lo scatto avvenisse: in questo modo ho creato l’immagine perfetta del centro del racconto dedicato ad Edgar Allan Poe.
L’immagine del volo del rapace in Lontano dalla Terra riesce perfettamente a esprimere il senso del racconto, così come è emblematica la copertina di Il Seme, rappresentazione della vita nuova che viene alla luce.
L’immagine usata per Il Baluardo è stata rielaborata per conferire toni cupi, di minaccia; nel racconto non ci sono castelli, ma quanto si vede vuole essere il simbolo di qualcosa che si eleva a difesa, che si frappone alla minaccia.
Anche per altri lavori che ho realizzato (L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone) ho già realizzato le copertine, ma di questo ne parlerò un’altra volta.

Stato dei lavori

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In un altro post, ho parlato dello stato dei lavori delle opere che sono impegnato a realizzare.
Il lavoro su Non siete intoccabili è terminato. Anche se visto quanto fatto non si può più parlare di Non siete intoccabili: delle parti dell’opera sono state mantenute, ma è divenuto qualcosa di nuovo. I personaggi hanno ora connotazioni differenti, si presentano, parlano, pensano, agiscono in maniera diversa; scene sono state cambiate ed eliminate. Le ragioni e le cause di certe azioni sono mutate, dando una connotazione completamente diversa all’opera, al punto che c’è stato bisogno di cambiare titolo, dando al romanzo un nome nuovo.
Un lavoro che mi ha soddisfatto sia per il miglioramento di stile, di caratterizzazione dei personaggi e di approccio alla storia, sia perché ora il romanzo è maggiormente integrato in quell’insieme che è il raccontare gli eventi che si svolgono nell’arco narrativo della Caduta e si riallaccia in modo migliore agli eventi di L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone; è stata proprio la realizzazione di L’Ultimo Demone a permettermi di fare chiarezza su quello che doveva essere l’inizio di quanto accaduto alla Terra che ho descritto e a rendere quest’opera un’opera migliore.

Non l’avevo messo in preventivo, ma anche Storie di Asklivion – Strade Nascoste ha subito una revisione: meno totale di quella effettuata su Non Siete Intoccabili, ma comunque un lavoro di una certe entità. A livello di trama le cose non sono state cambiate; piuttosto è stato cambiato l’approccio delle vicende avvenute nei primi capitoli del romanzo. Il lavoro effettuato ha conferito una maggiore sintesi all’opera, mantenendo i punti salienti che permettono di delineare i personaggi ma eliminando quelle parti che rallentavano la trama, permettendo così al lettore di entrare fin da subito nel vivo della storia. A differenza di Non Siete Intoccabili, eliminare delle parti è stato più difficile, ma è stato necessario perché, anche se facevano comprendere in modo più approfondito il mondo, non erano indispensabili alla storia, portando a dilungarsi con il rischio di far perdere interesse.
Sistemato questa parte, al momento sono impegnato nella rilettura di Storie di Asklivion – Strade Nascoste: sia perché con l’esperienza acquisita in questi anni posso a livello di stile dare una maggiore sintesi a dialoghi e descrizioni, sia perché, per quanto si ponga attenzione, purtroppo qualche refuso sfugge sempre.
E mentre sono impegnato in questo lavoro, prendo appunti per lo sviluppo delle altre opere che ho in progetto di realizzare.

La morte di Dio

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Dio Padre di Giovanni MoneviLa morte di un dio non è qualcosa di recente, basti pensare a Nietzche con la sua esclamazione “Dio è morto”: lui e Schopenhauer sono stati i primi a rivelare il profondo significato della profonda mancanza di senso della vita. Una linea di pensiero sviluppatasi soprattutto negli ultimi secoli nel momento in cui la scienza ha cominciato a fare scoperte, a dare risposte, prendendo così il posto che tanto a lungo era stato di dominio delle istituzioni religiose. La figura del dio ha perso la sua centralità nella vita dell’uomo, facendo arrivare alla famosa affermazione della sua morte; cosa che se vogliamo oggi è ancora più accentuata, dato che l’uomo ha volto la sua attenzione sul denaro e sul materialismo, abbandonando la vita interiore e la ricerca di spiritualità.
Che un dio potesse morire si è già visto in tanti miti, come mostrato da uno dei più famosi, quello di Ragnarok, dove secondo la cultura vichinga le divinità conosciute e seguite avrebbero trovato la morte in un grande conflitto con le forze del caos. Ma come si è visto, il Ragnarok non ha significato la fine di tutto, ma semplicemente è stato segno di un cambiamento, dove il vecchio moriva per dare spazio al nuovo: nel mito infatti non tutti gli dei scomparivano, solo quelli che si conoscevano da più tempo, rimpiazzati da altri. Questo non è altro che un simbolo per indicare che tutto evolve, che c’è sempre cambiamento, ma che perché questo avvenga occorre che ci sia distacco con quello che non può più dare niente: realtà mostrata nella Bibbia quando Mosè lascia il popolo ebraico quarant’anni nel deserto prima di entrare nella Terra Promessa (dove le vecchie generazioni sono morte, permettendo così alle nuove, con una mentalità diversa, più aperta e non schiava, di avere un inizio) e nel Vangelo da Gesù quando dice che non si mette il vino nuovo in otri vecchi.
La frase “Dio è morto” fa scalpore e impressione se la si assume nel suo significato letterario, mentre diviene più comprensibile e meno “terrificante” se si assume il concetto che è morto un certo modo di vedere Dio che per tanto a lungo si è portato avanti: il Dio che sta sopra a tutto, la cima della piramide, cui ci si deve inchinare per adorarlo e rendergli lode.
Questo modo d’intendere Dio è già stato superato (anche se per secoli si è portato avanti la vecchia maniera di obbedienza e servilismo) duemila anni fa dal messaggio di Gesù con il suo insegnamento, sottolineata dalla frase “voi siete Dei“: un modo per far rendere consapevole all’uomo della sua natura e di che cosa è un dio.

Guerriero se ne stava in piedi, fermo davanti all’uomo, fissandolo con intensità. Nessuno all’interno della Cittadella conosceva il suo nome, nessuno glielo aveva mai chiesto. O meglio, nessuno aveva mai avuto l’opportunità di farlo: l’uomo se ne stava sempre lontano dai gruppi, dai luoghi in cui le persone si ritrovavano, preferendo orbitarvi intorno, sempre intento a passeggiare o giocare con il suo cane. Le poche volte che era a contatto con la gente aveva la straordinaria capacità di svicolare e sparire se qualcuno stava per porgli una qualche domanda: sembrava avere un particolare sesto senso oppure la capacità di leggere il pensiero. Per questo il suo nome o chi fosse in realtà, era stato un mistero fino a quel momento.
«Tu sei Dio.» Ripeté Guerriero.
L’uomo ricambiò lo sguardo sorridendo. «Dio è una parola un po’ grossa, sopravvalutata, in cui si vogliono vedere più cose di quel che ci sono nella realtà; una parola che gli uomini usano nei modi e nei contesti più inappropriati.»
«Tu sei Dio.» Ripeté Guerriero per la terza volta.
«È meglio non dirlo in giro, altrimenti le persone arriveranno a sciami per chiedere favori e miracoli.» L’uomo arruffò il pelo sulla testa del cane che aveva riportato la palla. Osservò l’animale scattare dietro al suo lancio. Il sorriso scemò mentre traeva un lungo respiro posando lo sguardo sull’orizzonte. «Così sono stato chiamato nel tempo, in molte parti del mondo. Il mio nome è stato pronunciato in molte lingue. Mi hanno chiamato in molti modi, ma tutti volevano indicare la stessa cosa. Mi hanno raffigurato in molti modi, assegnato ogni ruolo possibile e immaginabile. Ma mai che si sia capito chi ero realmente, mai che si cogliesse nel segno; pochi sono riusciti ad avvicinarsi per avere almeno un’idea di ciò che io sono perché troppo impegnati a chiedere, ad aver bisogno di qualcosa, concentrandosi solo sulle proprie paure e pretese. Rassicurazioni, favori, giuramenti presto dimenticati, preghiere, invocazioni: sempre ad aspettarsi la risoluzione a qualsiasi problema si verificasse. Un continuo io, io, io che giungeva da tutte le parti, ma mai che ci fosse qualcuno che fosse disposto ad ascoltare quello che si aveva da dare in risposta.»
Guerriero andò a sedersi sul masso vicino. «È per questo che sei sparito, abbandonando l’umanità al suo destino?»
«La questione è più complessa di quel che appare. Certo, a lungo andare diventa stancante essere considerato un mezzo che va usato a proprio piacimento o capriccio. Un mezzo cui si ricorreva perché dotato di grande potere, di capacità che nessuno era in grado di possedere. Un potere che si considerava esclusiva di qualche essere unico, di qualche prescelto particolare. Ma quello che stanca di tutto questo è che nonostante tutto quello che è stato detto, tutti gli esempi dati, gli uomini non hanno imparato nulla. Assolutamente nulla. Veniva mostrato come fare e loro, invece di capire, si mettevano ad adorare, a creare culti che volevano attirare altre persone al loro interno; come se si potesse fare qualcosa con i complimenti!» Sbottò Dio. «Nella loro stoltezza sono andati a far ingrassare tutto ciò da cui invece dovevano tenersi alla larga e si sono fatti sfruttare nelle varie lotte per il potere, per la supremazia l’uno sull’altro. Guerre, guerre e ancora guerre: in tutte le epoche questa è stata la costante; agli esseri umani deve fare schifo la pace, la tranquillità, non trovano quiete e soddisfazione nello scoprire e nel far crescere. Sempre in tensione, sempre in ansia, protesi verso qualcosa che non si sa nemmeno definire.»
Guerriero lo fissò leggermente perplesso. «Più che Dio sembri un filosofo o un vecchio stanco.»
«Tu non saresti stanco sempre dello stesso copione, del suo continuo ripetersi? Non è forse per questo che per anni hai intrapreso la ricerca di un luogo che è stato solamente immaginato?» Disse Dio. «Eppure anche tu, nonostante quanto visto, appreso, non riesci a staccarti da una concezione secolare di Dio: ti sei fatto l’immagine che lui sia un Risolutore, Colui che Mette a Posto Tutti i Problemi. Problemi che fra parentesi non è stato certo lui a generare.»
Guerriero lo fissò perplesso. «È come se stessi parlando di qualcun altro.»
«È così: sto parlando dell’immagine che gli uomini si sono creati, non di com’è la realtà. Nessuno ha capito chi è Dio, che Dio è ed esiste quando c’è Creazione, che la Creazione è Dio e pertanto può esserlo chiunque mentre è impegnato a creare. Una verità molto semplice cui chiunque può accedervi, chiunque può attingere a tale forza tutte le volte che vuole, ma chissà perché ai molti è così difficile da comprendere. L’umanità è profondamente ottusa e stupida.»
Guerriero abbozzò un sorriso. «Si dice che l’hai fatta a tua immagine e somiglianza.»
«Si dice anche che sono un Dio geloso, veloce all’ira e tremendo nella sua giustizia vendicatrice.» Sbuffò Dio. «Gli uomini hanno scritto tante cose su Dio: spesso erano solo voci messe in giro da chi comandava i culti per condizionare e far star buoni i fedeli, instillando in loro timore e paura per chetare l’insorgere di dubbi e ribellioni di fronte a regole insensate e astruse. Ma di ciò che realmente è stato detto, poco o niente è stato riportato; chi ha provato a parlare di qual era la verità, è rimasto inascoltato, isolato o messo a tacere prima che potesse raggiungere una posizione che lo rendesse irraggiungibile e inattaccabile.» Inspirò profondamente. «Senza contare gli errori di trascrizione e traduzione dei testi sacri che si sono accumulati nei secoli che hanno contribuito ancora di più a travisare i significati che dovevano essere trasmessi. Dopo tutto questo, dopo averlo usato per qualsiasi pretesto il suo nome, l’umanità a un certo punto ha deciso che non c’era bisogno di Dio, s’è dimenticato di lui come ci si dimentica di un pezzetto di carta che non serve più: ha deciso di fare di testa sua o meglio di non fare di testa sua, appoggiandosi alle voci di chi sapeva raccontare meglio le cose, di chi le diceva quello che voleva sentirsi dire. L’umanità ha creduto di seguire il percorso della libertà, invece ha intrapreso quello del caos. Non è stata per nulla abbandonata, ma non si può salvare chi non vuole essere salvato: si può dare aiuto solo a chi lo ricerca per davvero.»
«Il libero arbitrio…è in suo nome che si sono lasciati imperversare i Demoni? È in suo nome che Dio non è intervenuto?»
Il cane arrivò di corsa gettando il pallone ai piedi di Guerriero, abbaiando perché glielo lanciasse.
«Preoccuparsi degli altri, cercare di fare sempre la cosa giusta, di essere altruisti, di rivolgere le attenzioni sempre verso l’esterno.» Riprese a parlare Dio quando il cane ripartì all’inseguimento del pallone lanciato. «Gli uomini credono che ogni scelta, ogni responsabilità debba ricadere sulle spalle di uno solo, di una singola entità che si faccia carico di tutto. Ciò che non si capisce è che Dio non è nient’altro che una parola, che cerca di spiegare tutto, ma che in realtà non dice nulla: è solo l’illusione di un’onnipotenza lontana su cui si vuole scaricare ogni responsabilità. Gli uomini hanno sempre attribuito colpe e meriti ad altre figure immaginarie, senza considerare che i fautori di certe creazioni sono proprio loro in base al rapporto che hanno con le energie dell’universo: la nascita di Dei o Demoni dipende solo da questo. E così tutto quello che ne consegue.»
«Nient’altro che un uomo: è questo quello che stai dicendo di essere.»
«È questo quello che già sai sull’Essenza. Puoi attribuirgli i nomi che vuoi, ma è di questo che si tratta; l’aspetto esteriore può cambiare in base ai tempi, ma la sostanza è sempre la stessa. Un Dio può fare quello che gli uomini gli permettono di fare: questa è la realtà. Sia per il bene, sia per il male. Io sono un Creatore, non un Guardiano o un Protettore: così ho deciso di essere. E non voglio cambiare per fare un favore agli altri: ho fatto le mie scelte, gli altri le loro. Ognuno paga per quanto si è scelto.»
«Allora è questa la ragione per la quale non sei intervenuto, perché hai permesso tutto questo.» Costatò Guerriero.
Dio scosse il capo. «L’uomo ha voluto distruzione. L’uomo ha scelto questa strada, assecondando un’indole aggressiva, distruttiva. Quando è così, non si ha bisogno di un Creatore: tutto quello che farebbe, andrebbe perduto.»
«Allora stai aspettando che non rimanga più nulla prima di tornare a intervenire?»
«I tempi devono essere maturi: la forza dell’ondata di distruzione deve terminare il suo vigore prima che si possa agire diversamente.»
Guerriero lo fissò a lungo, intensamente. «È un modo per dire che i Demoni sono più forti di te?»
«È un modo per dire che chi è stato artefice di una certa situazione è anche capace di trovarne la soluzione.» Il cane gli si mise al fianco, lasciando cadere la palla ai suoi piedi, la lunga lingua che penzolava mentre ansava. Dio prese il pallone, lo infilò nello zaino e si mise quest’ultimo in spalla alzandosi in piedi. «Non c’è sempre un Dio a portata di mano che può risolvere tutto.» Si allontanò verso i canyon con il cane che gli trotterellava alle calcagna.

Estratto da L’Ultimo Demone.

Progetti presenti e futuri: Non siete intoccabili e altro

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Da poco ho terminato la seconda revisione di L’Ultimo Demone, il romanzo che conclude il ciclo I Tempi della Caduta: è il quarto di questa serie, anche se inizialmente era in programma che fosse una trilogia. Ma con L’Ultimo Potere sono saltate fuori trame e vicende che per avere una degna realizzazione hanno necessitato di un altro volume: alla luce dei fatti è stata la scelta giusta e il lavoro fatto è stato soddisfacente. Proprio alla luce di quanto scritto, ci sono stati degli input per la nascita del secondo volume in ordine cronologico della serie: ogni libro, anche se autoconclusivo, presenta degli elementi che lo collegano agli altri e quanto scritto in L’Ultimo Demone ha fatto chiarezza su cosa scrivere in questo romanzo. Le basi del progetto e su cosa e come si sviluppa la trama erano già chiare, ma quanto scritto è servito per avere una visione migliore dei dettagli e del percorso da seguire per arrivare dal punto in cui si comincia a quello in cui si vuole arrivare.
Ma prima di arrivare alla stesura di tale volume, ho un altro progetto da portare a termine: la riscrittura di Non Siete Intoccabili. Nel 2008/2009, periodo in cui lo realizzai, diedi vita a qualcosa di diverso da quello che avevo realizzato fino a quel momento, Strade Nascoste del ciclo Storie di Asklivion: l’idea di un romanzo più breve, più diretto, più di denuncia sulla realtà, era nata con forza e necessitava di prendere forma, perché non dava spazio per altri lavori (a causa di essa ho dovuto interrompere la stesura di Strade Smarrite, seguito di Strade Nascoste, al decimo capitolo), reclamava di essere scritta.
Nella realizzazione di questo romanzo ho voluto discostarmi dall’approccio usato con Strade Nascoste, portando all’estremo dialoghi, situazioni, andando “sopra le righe” per essere più diretto, per colpire con più forza: ho sperimentato un modo diverso di lavorare, di approcciarmi alle storie.
Ora però, grazie anche a spunti e idee nate con L’ultimo Demone, una nuova stesura è necessaria per fare sì che ci siano i collegamenti giusti; soprattutto occorre riscrivere la storia con lo stile che è divenuto mio nelle varie opere che ho realizzato. Dialoghi, riflessioni, descrizioni: tutto verrà cambiato. La storia manterrà l’impronta di base (la denuncia al sistema basato sull’economia che calpesta gli individui), ma assumerà toni più paranormal; soprattutto darà sfumature diverse ai protagonisti.
Terminato questo progetto, sarà la volta di dare vita a una novel basata su un racconto scritto anni fa e poi passare al secondo volume di I Tempi della Caduta per così arrivare a rendere completo questo ciclo. Fatto ciò, sarà la volta di riprendere in mano un’opera dedicata ai bambini e poi tornare alle origini, a riparlare del mondo di Asklivion, con le sue storie e i suoi protagonisti.

Semi piantati

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Dopo un periodo di stacco, ho iniziato la revisione di L’Ultimo Demone, l’ultimo romanzo che da poco ho terminato. Qualche correzione (di piccolo conto) per rendere la trama più scorrevole, eliminazione di refusi, messa a punto a livello di stile per rendere più fluida la lettura, ma nel complesso, a parte alcuni punti, il lavoro è meno impegnativo di quello che ho dovuto fare con Strade Nascoste – Storie di Asklivion: non che allora ci fossero problemi con la storia, ma essendo agli inizi non avevo acquisito la capacità di sintesi e uno dei tanti errori in cui s’incorre quando si comincia a scrivere è che si ritiene che più si usano parole, meglio è. Con l’esperienza si capisce che non è così che si ottiene il lavoro migliore (come si capisce che non si devono usare troppo gli aggettivi, gli avverbi e i pronomi possessivi), ma come ogni cosa ci vuole il suo tempo e solo con la pratica ci sono elementi che possono essere acquisiti; elementi che permettono di ottimizzare le risorse e il tempo, evitando un surplus di lavoro nelle successive fasi la prima stesura.
Ma più che il lavoro di messa a punto, il pensiero è andato alla nascita di questa storia. Non mi riferisco al fatto che è legata direttamente a L’Ultimo Potere (anche se sono due volumi separati, li considero parte della stessa opera, un’unica “entità”), quanto a come è sorta l’idea di parlare di un mondo finito in rovina, con l’umanità preda di vizi e dei suoi lati più oscuri. L’idea di parlare della caduta del mondo e dell’uomo è sorta nel 2009 alla conclusione di Non siete intoccabili (dove il nucleo del romanzo era l’attacco al potere economico) e allora ho gettato le basi per un romanzo che narrava le conseguenze dei fatti accaduti; il progetto, benché terminato e pronto per la stesura, è stato messo in attesa di maturazione perché un’altra idea è nata con forza e che spingeva per prendere vita: in un mondo che s’allontana sempre più da valori quali dignità, rispetto, etica, dove sempre più si spinge per andare dietro a simboli vuoti e dannosi, cercare di capire cosa è stato a causare tutto ciò. Certo i Demoni, queste essenze spirituali corrotte che hanno contaminato gli uomini e che si sono infiltrate in qualsiasi istituzione, hanno avuto la loro parte, ma non è dovuto solo a loro lo sfacelo: le cause sono state cercate molto più lontano, perché hanno radici più profonde.
Questa è stata l’idea da cui è partito il tutto. Ma andando a ritroso nel tempo, grazie allo sfogliare vecchi album di foto, rileggendo libri e ascoltando musica che ascoltavo tempo fa, mi sono accorto che i semi di questa storia erano già stati piantati ai tempi delle scuole superiori. Allora non avevo nessuna velleità di mettere per iscritto le storie che immaginavo (il dover scrivere era un supplizio, causato dalla scuola che richiedeva di dover scrivere di cose che non m’interessavano), né tantomeno avrei immaginato che di lì a qualche anno avrei iniziato il percorso di scrittura che tuttora sto percorrendo, ma capitava che da un libro, un film, l’immaginazione prendesse spunto e cominciasse a creare una storia con vita propria. In quel tempo furono due elementi a dare spunto per quella che anni dopo sarebbe stata la storia di Guerriero, protagonista di L’Ultimo Potere: il videogioco Duke Nukem e una melodia che anni dopo ho ritrovato nella canzone Enjoy The Silence dell’album Karmacode dei Lacuna Coil. Il tema del videogame e il sound della musica mi hanno fatto immaginare una città dai palazzi resi scuri dal fumo, costantemente sotto un cielo plumbeo, con strade piene di barricate e rifiuti. In essa s’aggira un uomo, uno dei sopravvissuti dell’invasione di mostri feroci (la loro natura è ignota, non si sa se demoni, alieni o un esperimento scientifico andato a male), reso duro dalle esperienze, armato di tutto punto, che vive in un bunker fortificato con muri e spesse porte blindate d’acciaio, difeso con ogni sorta di ritrovato tecnologico. In una delle sue uscite in cerca di cibo salva una ragazza dai capelli neri e la prende con sé, difendendola dagli attacchi delle mostruose creature.
Una storia semplice, di certo non originale, usata per fantasticare alle volte nel tempo libero, ma che faceva provare qualcosa, che è rimasta viva per più di quindici anni in attesa di venire narrata e che dimostra che ciò che conta davvero trova sempre il modo di tornare e avere il suo spazio, non importa quanto tempo deve aspettare.