L’informazione si basa sulla parola. E dall’uso che se ne fa si possono avere risultati positivi o negativi. Se l’infromazione è accurata, si può avere conoscenza. Se non lo è o si basa su menzogne, può portare a storture non da poco: un esempio è il caso di certe notizie senza fondamento che vengono sparse in rete, un altro è certa propaganda politica che tira acqua al suo mulino e condiziona intere nazioni.
Per questo è molto importante sorvegliare l’informazione, perché l’informazione è una forma di potere non indifferente. Anzi, si può dire che è uno dei poteri più forti attualmente a disposizione e proprio per questo bisogna superlo usare, altrimenti i danni possono essere davvero notevoli.
Per far capire quanto può essere influente l’informazione, riporto una riflessione fatta per Jonathan Livingstone e il Vangelo proprio su quanto può essere grande il potere della parola.
Un libro sacro è un libro di potere; un potere che ha la capacità d’insegnare, a chi vuole ascoltare, il cambiamento comportante la crescita. È un libro vivo, sempre attuale, perché di vita parla: attraverso la parola (uno dei mezzi per dare forma a volontà e pensiero) mostra un cammino che ogni individuo, in qualsiasi epoca, può intraprendere. Da solo però non può fare tutto: se dopo averlo letto, o ascoltato, non seguono atteggiamenti concreti, tutto risulta vano. Il messaggio in esso contenuto, se non è sorretto dalla volontà dell’individuo di metterlo in atto, è solo lettere che si dissolvono, finché non rimane niente. Realtà che invece cambia se lo si mette in pratica: esso diviene una forza capace d’influenzare chiunque, di cambiare l’esistenza dei suoi simili. Una forza che però non avrebbe nessun potere sugli altri se questi non glielo permettono.
Comprendendo da questo ragionamento come agisce il potere della parola sulle persone, si capisce come si creano le maggioranze e da esse gli uomini che governano: tutto dipende da quanto gli individui sono disposti a concedere agli altri. Un modo di conferire potere con il quale i popoli hanno concentrato, incanalato, proiettato le proprie energie su pochi individui perché li guidassero e decidessero per loro, facendoli responsabili delle proprie azioni.
Un qualcosa da cui stare in guardia, perché vuol dire affidarsi e dipendere dagli altri, sottostare alla loro volontà e non essere più liberi, pagandone perciò un prezzo; ne parla la Bibbia nell’Antico Testamento e precisamente nel Primo Libro di Samuele (8, 5-22), quando il popolo ebraico chiese a Samuele di dargli un re perché lo governasse ed egli, seguendo la parola di Dio, lo concesse perché imparasse l’errore che stava commettendo (con tale scelta, il popolo ebraico non voleva più seguire Dio, che altro non è che il vero essere interiore dell’uomo, rinunciando alla libertà).
Un brano attuale adesso come allora perché serve agli individui a essere responsabili e consapevoli della vita che vivono e delle scelte che compiono. Consapevolezza che tanto spesso sfugge all’uomo: pochi riescono a comprendere questa lezione, i più sono impegnati nel cercare lontano e negli altri ciò che già possiedono. Una mancanza di comprensione che comporta delle conseguenze: nel piccolo, perché condiziona e limita la libertà personale, nel grande, perché può portare all’impoverimento d’intere nazioni, quando non addirittura la rovina.
Il pensiero va a Hitler, esempio eclatante cui è facile fare riferimento, capace d’aver infiammato con le sue parole gli animi di un’intera nazione (ancora oggi, dopo decenni dalla sua scomparsa, riescono a fare presa) e aver spinto a compiere ogni genere di efferatezze in nome di un ideale, cambiando il corso della storia.
Un esempio (uno dei tanti della storia, che è il ricordo e la comprensione dei fatti) da assimilare perché i suoi errori e orrori non siano più ripetuti, da tramandare perché la memoria umana ha la particolarità di dimenticare i fatti, specialmente quelli più gravi. C’è una sorta di volontà nel cancellare ogni traccia degli sbagli commessi, una volontà di cui occorre essere consci per evitare i danni che può causare, perché il suo agire è come una ferita ignorata: se non se ne è consapevoli e non la si cura, può fare infezione, divenendo più dolorosa di quando è stata causata.
Simili lezioni servono a comprendere l’importanza della parola, del potere che possiede, perché essa ha capacità di far presa sugli animi, d’attivare energie presenti nell’uomo in grado di spingerlo a compiere qualsiasi cosa, nel bene come nel male. Spesso non si dà peso a ciò, come non lo si fa con i semplici atteggiamenti quotidiani, perché si ritengono insignificanti le reazioni che possono avere sugli altri, dimenticandosi che un uomo nel mondo è come una cellula nel corpo: senza si può vivere tranquillamente, ce ne sono miliardi come lei, ma se la cellula diventa cancerosa, cosa succede? Si moltiplica, ne crea di simili e propaga il male di cui è portatrice, infettando il corpo, facendolo ammalare, alle volte uccidendolo.
Questa comprensione va riscoperta, perché da essa dipende il mondo che si vuole creare; soprattutto va riscoperto il modo di utilizzare la parola, dato che attualmente è usata a sproposito, quando non sciupata. Basti solamente pensare all’uso del termine eroe, ormai utilizzato per tutti, da sportivi a imprenditori, quando di eroe non hanno assolutamente nulla. Una realtà da non sottovalutare, perché l’uso inappropriato di tutto ciò che forma la lingua di un popolo porta a impoverire sia essa sia il popolo stesso; pochi si rendono conto dell’effetto scaturito da tale azione e ormai chi sa stimare la reale portata di quanto viene detto sono solo individui che utilizzano la parola per screditare, creare divisioni, odi, ottenere interessi personali.
Illuminante di ciò è quanto scritto da George Orwell in 1984 quando parla della neolingua, la lingua ufficiale dell’Oceania, fortemente voluta dal partito che la governa, il Socing.
Si riteneva che, una volta che la neolingua fosse stata adottata in tutto e per tutto e l’archelingua dimenticata, ogni pensiero eretico (vale a dire ogni pensiero che si discostasse dai principi del Socing) sarebbe stato letteralmente impossibile, almeno per quanto riguarda quelle forme speculative che dipendono dalle parole. Il lessico della neolingua era articolato in modo da fornire un’espressione precisa e spesso molto sottile per ogni significato che un membro del Partito volesse correttamente esprimere, escludendo al tempo stesso ogni altro significato, compresa la possibilità di giungervi in maniera indiretta. Ciò era garantito in parte dalla creazione di nuovi vocaboli, ma soprattutto dall’eliminazione di parole indesiderate e dalla soppressione di significati eterodossi e, possibilmente, di tutti i significati secondari nelle parole superstiti.
…
La neolingua non era concepita per ampliare le capacità speculative, ma per ridurle, e un simile scopo veniva indirettamente raggiunto riducendo al minimo le possibilità di scelta. (1)
L’opera di Orwell è un ottimo esempio di come attraverso il linguaggio si possa limitare la libertà delle persone; se si riflette, si possono trovare delle analogie con la realtà. Tanti regimi, come mostrato dalla storia, hanno adottato questo mezzo per condizionare e soggiogare la popolazione al suo volere: il nazismo, famoso, tra le altre cose, con il rogo dei libri che non corrispondevano all’ideologia nazista, e il fascismo, che mise al bando i romanzi stranieri e fece un’attività di censura e di controllo sistematico della comunicazione. Questi sono solo alcuni esempi del voler colpire ciò che è legato al linguaggio.
1. 1984. George Orwell. Oscar Mondadori 2011. Pag.307-308.
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