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Il cane che guarda le stelle Racconti

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Il Cane che guarda le stelle RaccontiIl Cane che guarda le stelle Racconti è un’opera di Takashi Murakami ed è il seguito di Il cane che guarda le stelle. A differenza dell’altro seinen manga, è diviso in tre capitoli.

Il primo, Stelle gemelle, racconta la storia del fratello di Happy, il cane protagonista del primo volume: lì, il piccolo animale faceva una veloce comparsa (si vede di spalle a Happy all’interno della scatola nella quale sono stati abbandonati prima che venga adottato dalla bambina). A differenza del fratello, non se la passa molto bene: la sua salute non è delle migliori e, rimasto solo, non gli rimane che terminare la sua breve vita di stenti. Viene però adottato dalla signora Nagano, un’anziana signora che vive in un piccolo e misero monolocale di tre tatami (4.6 metri quadrati). Il suo non è però altruismo: prende con sé il cane perché crede che sia in punto di morte e vede nella sua scomparsa il giusto pretesto per farla a sua volta finita. L’anziana signora è oppressa dalla solitudine e da una vita che sente solo come dolore, perché non aiutata da nessuno. Ma seppur cagionevole di salute, il cucciolo si riprende; questo sconvolge i piani dell’anziana, che decide di riportarlo dove l’ha trovato, ritornando però poi sui suoi passi. A questo punto la nonna (come la chiama il cucciolo) rinuncia ai suoi intenti suicidi, ma proprio in quel momento il piccolo ha una crisi più forte del solito, costringendola a recarsi alla più vicina clinica veterinaria; da sola, a piedi, però non può farcela e allora si ritrova a fare una cosa che non fa mai: chiedere aiuto a qualcuno.
Il piccolo si riprenderà, ma non è questa la cosa più sorprendente: con il suo semplice esserci non solo ha salvato la vita dell’anziana che voleva suicidarsi, ma ha fatto anche cambiare il suo modo di vivere e di porsi verso gli altri.

Il secondo racconto, Stella di prima grandezza, narra le vicende di un bambino e di un cane, entrambi non voluti da nessuno. Il bambino, lasciato sempre solo dalla giovane madre che vuol fare la bella vita, patisce la fame e la solitudine, trovandosi alle volte a rubare cibo nei market per poter mangiare qualcosa e facendo così intervenire i servizi sociali. Disperato, decide di tornare dal nonno, in Hokkaido, con il quale un tempo ha vissuto. Inizia così il suo lungo viaggio, fatto di stenti e furtarelli; uno di questi è ai danni del proprietario di Happy, che lo stava aiutando disinteressatamente. Un altro è un cane, rubato in un negozio per animali perché convinto che vedendolo a passeggio con un animale la polizia non si insospettisca di lui e lo fermi. Il cane, un carlino ultimo di una cucciolata che nessuno vuole adottare, viene così inavvertitamente salvato da una brutta fine, dato che dopo un certo tempo, se non fosse stato venduto, sarebbe stato soppresso. I due riescono a raggiungere il nonno e finalmente il bambino si sente a casa.

Nell’ultimo racconto, il nonno del bambino e l’anziana del primo racconto stanno parlando seduti su una panchina; l’uomo sta raccontando che, assieme al nipote, sta ripercorrendo a ritroso il percorso del bambino per chiedere scusa e rimediare ai furti commessi. Lì incontrano anche Piccolo, il cane della donna, che, vista la somiglianza, viene scambiato per Happy: il suo proprietario è l’ultimo della lista che i due devono trovare per scusarsi e risarcirlo, ma nel luogo in cui sono giunti grazie ai documenti presenti nel portafoglio, lui non c’è e nessuno sa che fine ha fatto (ma il lettore, anche se non ha letto il precedente volume, lo sa grazie ad alcune tavole che mostrano l’epilogo della sua storia). Il nonno del bambino è triste, perché voleva ringraziarlo per aver salvato il nipote, non solo dandogli da mangiare e prendendosi cura di lui, ma anche perché, con il suo rapporto con Happy, ha ispirato il bambino a prendere un cane. Cane che ha salvato il bambino da un triste destino con il suo semplice esserci.

Il Cane che guarda le stelle Racconti è sempre una storia tra cani e uomini, ma rispetto al volume che lo precede ha un’impronta meno triste; seppur parli di solitudini e abbandono, è volta al lieto fine. Certo, è il lieto fine della normalità, non quello delle favole, ma lascia qualcosa di buono; sicuramente non raggiunge la profondità del suo predecessore, né tocca in modo così struggente, ma è una storia piacevole, capace di strappare un sorriso grazie a personaggi meno drammatici, ma non per questo superficiali. Una storia comunque di un certo spessore perché, anche se in sottofondo, c’è la denuncia contro la solitudine delle persone anziane e i bambini lasciati a se stessi dai genitori.