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L'ottimismo

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Tonino Guerra, famoso per il suo "l'ottimismo è il profumo della vita"L’ottimismo è il profumo della vita, diceva Tonino Guerra in un famoso spot pubblicitario qualche anno fa.
C’è una parte di realtà in queste parole, perché l’ottimismo può aiutare ad andare avanti, può essere quel guizzo in più che permette di affrontare le difficoltà e gli ostacoli, perché se in un’iniziativa si parte con una visione di sconfitta, questa non è destinata a finire bene se si continua con uno spirito negativo volto al fallimento.
Ma l’ottimismo non deve essere traviato, non deve diventare un modo per non vedere la realtà, per stravolgerla, come purtroppo invece nel nostro paese si fa. Berlusconi e Renzi (uno è la copia dell’altro) ne hanno fatto il loro grido di battaglia, facendo credere cose non vere, mascherando la realtà, cercando di far vedere quello che non è. I risultati di questo falso e travisante ottimismo si sono visti, con una situazione che è andata peggiorando, anche se si è voluto far credere diversamente (vedere i dati non veritieri sull’occupazione) per tirare acqua al proprio mulino, per far vedere che si sta facendo un buon lavoro. Tanto ottimismo, ma il mondo del lavoro (solo per citarne uno) non è migliorato, tutt’altro: sono state fatte regole sempre più dalla parte degli imprenditori, i lavoratori hanno meno diritti, sempre meno tutelati e sempre più sfruttati dal sistema che vuole guadagnare e accumulare in modo crescente. L’uomo non è più individuo ma oggetto, usato finché è utile e poi gettato via come spazzatura. Proprio questa voluta mancanza di attenzione verso il lavoratore ha fatto peggiorare la sua condizione e, alla faccia di tanto decantato ottimismo, si continua a morire per colpa del lavoro. Con il lavoro si crea ricchezza, ma, nello stesso tempo, uno rischia di morire a causa di esso. E chi muore è sempre il lavoratore che mette a repentaglio la sua vita per sopravvivere. I diritti conquistati sono stati perduti e calpestati. E le morti bianche continuano a essere una costante che cresce: ogni giorno si sentono notizie di persone che perdono la vita lavorando.
Di chi è la colpa di tutto ciò? Del mercato privo di soggettività e del guadagno esasperato che non guarda la condizione dei lavoratori in fabbrica: manutenzione e sicurezza costano, facendo abbassare i profitti, motivo per cui è meglio lasciarli perdere. Una buona percentuale dei lavoratori la mattina si alza e va a rischiare la propria vita, spesso per salari bassissimi, o lavorando “in nero”, dove mancano le condizioni di sicurezza; lavorano e muoiono per uno stipendio che non fa arrivare alla fine del mese.
Ma la colpa è anche delle persone che permettono che questo sistema vada avanti, che si adeguano a esso, che non fanno nulla per ribellarsi e contrastarlo, che se ne fregano di quanto accade, continuando ad andare avanti per inerzia, servili, senza diventare consapevoli che sono padroni del proprio destino. Verso questa realtà non c’è solo il disinteresse delle istituzioni, ma i lavoratori stessi se ne disinteressano, come se vivere male o morire non faccia alcuna differenza.
Ecco a cosa ha portato il tanto strombazzato ottimismo.
Quello del lavoro è uno dei tanti casi di come l’ottimismo ha portato negatività, ma ce ne sono altri, per esempio quello che riguarda il fantasy.
Quando c’è stato il suo boom qualche anno fa e si pubblicava di tutto senza avere conoscenza, preparazione, organizzazione (e se si era oggettivi si vedeva la mediocrità in atto), tanti proclamavano l’inizio di una nuova era per il fantasy, che ci sarebbe stato il riscatto di un genere sottovalutato e disprezzato, che sarebbe stato l’inizio di qualcosa di grande. Non ci si preoccupava che ai giovani lettori venisse propinata roba di scarsa o inesistente qualità, che avessero un esempio del fantasy negativo, asserendo che purché lo leggessero era tutto ok, che andava bene perché poi crescendo avrebbero letto i libri del genere che erano davvero validi, che era il trampolino di lancio per la sua diffusione. Ciechi guide di ciechi, che non hanno capito, che non hanno voluto vedere il madornale errore che si stava commettendo: si è dimostrata la fine del genere, almeno in Italia. Il mercato è stato bruciato, la fiducia dei lettori è stata persa, gli editori ora vedono il fantasy come la peste, un qualcosa su cui più non puntare.
C’era tanto ottimismo, ma questo ha permesso solo di non vedere (o non voler vedere) la realtà: chi ha cercato di farla vedere, di mostrare le cose che non andavano non è stato preso in considerazione o è stato criticato, tacciato di voler dare addosso all’editoria che stava ottenendo un buon risultato, dando lustro al fantasy (invece gli gettava solo fango addosso). Incapacità di vedere, disonestà, essere di parte con interessi da difendere, ignoranza, ma anche mancanza di oggettività, presenzialismo, protagonismo, hanno portato alla situazione che ora ben si conosce. Il tanto decantato ottimismo, che sarebbe meglio chiamare con il suo vero nome, illusione, è servito solo a far danno.
E continua a farlo.