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Usare la propria testa

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In questa società, usare la propria testa non è una qualità ricercata, anzi viene deplorata. Chi pensa con la propria testa, chi difende le proprie idee, chi giudica ciò che è sbagliato, viene ritenuto un fastidio, un elemento destabilizzante che va messo da parte, tenuto fuori, eliminato.
Viviamo in un sistema chiuso dove si vuole uniformità di pensiero, appiattimento, obbedienza. Il confronto con idee e punti di vista diversi viene ritenuto superfluo se non intralciante. Fare domande, obiettare: sono considerati uno sterile trovare da dire.
Politici, imprenditori, dirigenti, istituzioni religiose, vogliono avere a che fare con persone che ubbidiscano e basta, eseguano tutto quello che gli viene detto senza domandare, porre obiezioni: si deve sottostare all’autorità, alle gerarchie. Le tanto declamate libertà, democrazia, sono solo parole vuote: lentamente si sta involvendo, si stanno facendo passi indietro di decenni, se non di secoli. E la gente sta accettando tutto questo restando passiva, adeguandosi a questo modo di fare.
Tutto ciò porta a un’assenza di riflessione critica per non mettere in discussione decisioni e strutture, perché si ritiene che consenso e assenza di domande rendano migliore l’efficienza e l’organizzazione. Si ritiene che l’intelligenza sia una perdita di tempo, mentre se invece regna la stupidità si riducono i conflitti e si aumenta la sicurezza. Una stupidità funzionale che elimina riflessione e ragionamento, che spinge sul senso d’appartenenza che fa mettere in secondo piano valori etici, morali e di dignità e far abbracciare il diktat promulgato. Un modo di fare che vuole che si rimanga inconsapevoli, che non si conosca ciò che non va, che porta a una fede irrazionale e a una cecità intenzionale: due elementi che portano solamente alla rovina. Il non voler vedere le cose che non vanno, l’evitare il confronto è spesso voluto da chi è al comando per non creare incrinature nel potere che possiedono; questo forse nell’immediato può dare risultati, ma alla lunga presenta un alto prezzo da pagare. Non ci si rende inoltre conto che questa cieca obbedienza, porta in continuazione a calpestare la dignità dell’individuo, crea stress, demoralizzazione, demotivazione e stanchezza, prima mentale e poi inevitabilmente anche fisica.
Una verità mostrata da Silvana De Mari con gli Yurdoni in L’ultima profezia del mondo degli uomini – L’epilogo, una popolazione barbara che deve eseguire gli ordini di chi li guida e basta, senza metterli mai in discussione: si vuole solo muta accettazione, nient’altro. Niente domande, niente critica, niente obiettività: solo conformarsi al modello di base conosciuto. Una stupidità diffusa in tutta la popolazione, dove cultura, istruzione, scrittura sono abolite e perseguitate. Una popolazione grezza e brutale che conosce solo la forza e la violenza, che non rispetta nulla e nessuno, capace solo di portare distruzione e di rovinare la bellezza. Proprio come sta facendo questa società.
Non si tratta di un semplice racconto, di una favola scritta per bambini, perché nel romanzo di De Mari, c’è la Storia, quella Storia che tanto spesso si dimentica o non si studia e che invece sarebbe meglio conoscere. Anche i tedeschi, prima della Seconda Guerra Mondiale, diedero cieca obbedienza ai loro capi, al loro governo, accettando tutto quello che gli veniva detto senza farsi venire dei dubbi (o se venivano, accantonandoli), senza porsi domande. Il risultato è stato il sorgere del Nazismo, della Seconda Guerra Mondiale, dell’eccidio di milioni di persone, dell’orrore dei campi di concentramento, della distruzione di molte città e regioni.
La mera e cieca obbedienza, il non sapere che cosa si sta facendo, porta solo disastri.
Sicuri che evitare la fatica di pensare, di seguire gli altri in nome di una fantomatica società civile, sia un risparmio di energie conveniente?
A fronte di questo, un brano che rende chiaro il pensiero esposto.

Insieme avrebbero portato la civiltà alla rovina, ovunque e in qualsiasi momento l’avessero trovata. Poiché, nonostante tutto il bene che creava, il suo unico scopo era allevare seguaci, a sufficienza da mettere in moto forze di distruzione, spargendo ondate di sangue secondo il capriccio di quei cinici tiranni nati per comandare. Comandare, sì, con le menzogne, con parole di ferro – dovere, onore, patriottismo, libertà – che nutrivano il volontariamente stupido con grandiosi propositi, con motivazioni per la miseria umana e che allo stesso tempo distribuivano miseria.

I Segugi dell’Ombra. Parte PrimaSteven Erikson pag.374