Uscito nel 2012, Stones Grow Her Name dei Sonata Arctica è un album che presenta tipi di canzoni cui occorrono diversi ascolti per essere apprezzati. Non ha l’immediatezza di colpire l’ascoltatore come Winterheart’s Guild e Silence, due dei lavori migliori della band, e non raggiunge nemmeno il loro livello, ma presenta degli spunti di ascolto interessante.
Only the Broken Hearts (Make You Beautiful), brano di apertura, veloce e orecchiabile, ripropone melodie che sono il marchio di fabbrica dei Sonata Arctica.
Shitload of Money ha un attacco che ricorda molto il rock di Bon Jovi, proseguendo potente, con una prova convincente del cantante Tony Kakko. Qualche secondo di silenzio e poi la melodia triste di un pianoforte dà l’inizio a Losing My Insanity: trenta secondi malinconici che fanno presagire una canzone dalle tinte introspettive, che fanno pensare a cose perdute, per poi essere spiazzati dall’attacco veloce e graffiante della chitarra, dando il via a un brano che si leva nell’aria con potenza e leggerezza. La miglior prova dell’album.
Somewhere Close to You ha un attacco più pesante, portandolo avanti per tutta l’esecuzione, per poi passare a I Have A Right che inizia con una cantilena che accompagna per tutto l’ascolto, non facendo mai decollare mai la canzone. Accantonato questo brano si passa ad Alone in Heaven, che come Shitload of Money presenta elementi di hard rock, capace di risollevare dall’ascolto precedente.
The day è un brano ben suonato e composto, ma occorrono diversi ascolti per apprezzarlo interamente nella sua bellezza e complessità per via delle tante atmosfere create.
Con Cinderblox si ha a che fare con un pezzo che mischia power e musica country: un brano atipico, ma anche divertente per la commistione di suoni che propone.
Don’t Be Mean è invece una ballad che inizia lentamente e prosegue molto dolcemente, romantica e delicata.
Stones Grow Her Name termina con i due Wildfire. Wildfire, Part II – One With The Mountain, come può suggerire il titolo, presenta un attacco country che accompagna per il primo minuto e mezzo, per essere messo da parte da sonorità potenti che ricordano il passato. Sonorità che continuano nell’attacco veloce di Wildfire, Part III – Wildfire Town, Population: 0: dopo venticinque secondi travolgenti, una pausa di qualche secondo con un pezzo di pianoforte accompagnato da suoni della natura per poi riprendere con un ritmo incalzante fino a metà, dove si ripresentano melodie più da ballad che accompagnano per un minuto e trenta secondi prima di riprendere a incedere con potenza e velocità fino a scemare lasciando in sottofondo solo i suoni della natura e il verso di alcuni uccelli.
Stones Grow Her Name risulta essere una buona prova, non ai livelli dei lavori migliori, che si discosta dai toni cupi di The Days of Grays.
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