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La violenza dell'uomo

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Molti animali vengono definiti feroci perché cacciano altri animali per sopravvivere, ma non si considera che devono seguire la loro natura perché non hanno altra scelta, perché devono mangiare per sopravvivere.
A tal proposito viene in mente un brano di Shakespeare tratta da Riccardo III:

– Non c’è belva tanto feroce che non abbia qualche senso di pietà!
– Ma io non ne ho alcuno, sicché non sono una belva.

Questa è la definizione che viene data dell’uomo. Questo è ciò che è stato e che è. Ciò che ha deciso di essere, il frutto della sua libertà di scelta.
Con le sue capacità, l’uomo può essere tante cose, ma spesso la storia ha mostrato che la strada intrapresa era indirizzata verso la distruzione, la violenza, l’ignoranza. Guerre, stupri, omicidi, schiavitù.
Nessuna società, civiltà o religione è stata ed è esente dalla violenza. E questo perché la violenza è qualcosa che è dentro l’uomo, che è stata fatta nascere ed è stata coltivata al suo interno.
La morte di Ipazia - C.W.MitchellAnalizzando la cultura in cui siamo cresciuti, anche la religione cristiama, la cui fede, il cui principio fondamentale è l’amore, la comprensione, è cresciuta ed è stata permeata di violenza e sopraffazione.
Di esempi ce ne sono tanti, ma quello più immediato che mi viene in mente per via di aver visto di recente il film Agorà, è quello della matematica, astrologa e filosofa Ipazia.
A parte l’odio e il disprezzo verso la donna, la sopraffazione e il desiderio di affermazione, di essere migliori e superiori, sono l’anima di questa pellicola. E’ così che intere culture, tesori inestimabili di sapere e conoscenza, sono andati distrutti per ignoranza, per la superbia e l’ottusità di considerarsi nel giusto, di essere gli unici depositari della verità.
Del messaggio evangelico originario è rimasto ben poco: le parole sono state usate per strumentalizzare, per ottenere potere, per creare una grande istituzione capace d’influenzare i destini delle nazioni e controllarle. Belle parole per coprire uno spirito sopraffattore, impositivo, violento, distruttore, che non rispetta il diverso. C’è da dire che anche altre religioni hanno fatto la stessa cosa: un gruppo che sopraffà un altro.
Non che le cose vadano meglio a secoli di distanza: è lo stesso copione. Guerre e conflitti che fioriscono in ogni parte del mondo, dove il debole viene calpestato e il forte esaltato, dove ciò che è delicato viene infranto. L’uomo è l’unica creatura capace di distruggere la bellezza.
Senza andare lontano basta guardare dove viviamo, un paese che legge poco e non apprezza il patrimonio culturale, anzi, lo lascia andare in rovina e lo distrugge, non capendo che ricchezza sta dilapidando. Ma un popolo grezzo e ottuso, ignorante, che si fa guidare da classi politiche altrettanto grezze, ottuse e ignoranti, che cosa può capire del vero valore delle cose, di cosa è importante da cosa è superfluo?
I culti dell’Ego e dell’Apparenza, del Narcisismo hanno portato a un abbruttimento spaventoso, fatto solo di violenza. Si parla tanto di pace, amore, giustizia, ma si sta solo cercando di coprire o non accorgersi degli impulsi distruttivi che sono dietro la maschera che si porta ogni giorno.

Nei riguardi dei loro impulsi distruttivi, fanno invece l’esatto contrario: li temono a tal punto da parlarne il meno possibile, e preferiscono intrattenersi su quel che di giusto, di lodevole credono di avere, o di voler avere nel proprio cuore. In tal modo gli impulsi distruttivi non fanno che crescere.
In ciò consiste, oggi, uno dei principali pericoli per le popolazioni della C.O.*
Tutte le volte che gli occidentali si indignano ascoltando notizie di crimini contro l’umanità, tutte le volte, cioè, che in quelle notizie si sforzano di vedere qualcosa che contrasta con quel che di lodevole essi credono di avere dentro di sé, stanno in realtà proteggendo la carica d’odio che hanno ereditato dalla generazione attiva tra il ’40 e il ’45, e che da allora hanno imparato a nascondere a se stessi.
Farebbero molto meglio a considerare quei crimini come qualcosa di normale per loro, figli e nipoti di coloro che avevano commesso o tollerato sessanta milioni di vittime in sei anni. Perlomeno non mentirebbero a se stessi. Non sarebbero impegnati in continue autocensure più o meno segrete. L’uomo occidentale, cresciuto tra i reduci, i traumatizzati, i colpevoli, i testimoni indifferenti o impotenti e gli amnestici della Seconda Guerra Mondiale, non può che essere un violento o, qualora si sforzi di negarlo, un ipocrita, sulle cui labbra parole come «amore», «fratellanza», «pace» suonano sempre false, moralistiche, banalmente didattiche.
Non vi è sforzo più costoso, per la psiche umana, del non voler accorgersi di qualcosa. Ed è ciò che, negli ultimi sessant’anni, ha impedito agli occidentali sia di riflettere seriamente sul proprio presente e sul proprio futuro, sia di creare valori nuovi, o di ascoltare i pochi che tentavano di crearne o di riscoprire i valori antichi. Da tale sforzo, gli occidentali appaiono oggi sfiniti.
L’unico principio etico condiviso da tutte le popolazioni della C.O. è, oggi, lo stesso che potrebbe avere un criminale angosciato: «Speriamo di tirare avanti ancora un po’, prima che me la facciano pagare». E al contempo, l’effetto degli impulsi distruttivi che quelle popolazioni nascondono a se stesse diventa sempre più evidente: proprio grazie allo sviluppo tecnologico voluto, diffuso e imposto ovunque dall’Occidente, l’umanità intera è costretta a sperare di tirare avanti ancora un po’, prima che gran parte del pianeta diventi inabitabile.
(Libro delle Epoche – Igor Sibaldi – pag.140,141)

Per un sistema così non c’è speranza. L’unica speranza per un individuo è non averne parte, restarne fuori, per non divenire come esso.

*Civiltà Occidentale