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Nebbie

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Le nebbie da sempre sono state considerate qualcosa di misterioso per il loro ammantare, rendere indefinite e celare le cose. Il caratteristico colore grigio le rende una frontiera, una terra di nessuno, un confine tra zone diverse; una sorta di difesa per ciò che è prezioso, come luoghi di potere, luoghi dove è raccolto il sapere, la conoscenza; una difesa che rende invisibile, che non fa trovare la strada, dove solo chi è meritevole può accedere a quanto sta cercando.
Nella mitologia ci sono tante storie su di esse, la più famosa è quella che riguarda Avalon, isola leggendaria legata ai miti arturiani, considerata da alcuni il regno delle fate: un luogo magico, un luogo fuori dal tempo, precluso ai più, a cui a pochi era concesso d’accedere.
Idea simile viene usata da Terry Brooks nel regno di Landover, dove le Nebbie sono il Mondo delle Fate, un luogo di magia dove è facile perdersi. Certo le nebbie rappresentano un confine per questo mondo, ma sono molto di più: sono un crocevia, un punto di passaggio e collegamento tra tutti i mondi, come le sinapsi del cervello. Un mondo fatato, un mondo effimero di non-esistenza, che esiste e allo stesso tempo non esiste affatto, dato che si trova contemporaneamente dappertutto e in nessun luogo. Una sorta di corridoio, di passaggio temporale per vari piani d’esistenza, oltre che fonte della magia. Specchio del viaggio interiore, dell’incontro con l’inconscio e dei timori che ogni individuo possiede e che solo con il coraggio d’affrontare la verità si può uscire da quei meandri nebulosi che lo caratterizzano.
Anche Brandon Sanderson nella trilogia Mistborn non vede le nebbie come semplice agente atmosferico, tuttavia dà una connotazione differente da quelle appena viste: non una barriera protettiva (un oggetto) o un canale comunicante (un mezzo), ma un’essenza senziente, con una volontà propria (una forza vivente). Un’energia che è parte ed è creatrice del mondo su cui scivola, una sorta di guardiano il cui agire è sconosciuto alla maggioranza, così misterioso che i più la vedono come una forza malevola che minaccia l’umanità, dal quale bisogna proteggersi e fuggire; solo attraverso la temerarietà e la ricerca di alcuni si potrà scoprire come azioni ritenute anche minacciose in realtà sono volte alla preservazione della vita, alla scoperta del modo di proteggere ciò che è prezioso.
Di stampo simile è la visione data da William W. Connors e Steve Miller per l’ambientazione Ravenloft di Advanced Dungeons&Dragons, anche se la scelta della natura delle Nebbie, come è giusto che sia, dato che si tratta di un gioco di ruolo, viene lasciata al DM. Nei Domini del Terrore non ci si arriva di spontanea volontà, ma grazie al loro sottile abbraccio: pochi conoscono l’identità di questa essenza, ma tutti le temono, sapendo che sono una forza inarrestabile (capace di piegare al proprio volere anche un semidio) e che attirare la loro attenzione non porta nulla di buono. Che esse siano il mezzo attraverso cui agiscono le Potenze Oscure che governano Ravenloft o le Potenze stesse, è un mistero da sempre insoluto. Quale che sia la verità, le Nebbie compaiono come pallidi banchi inquieti che sgorgano dalla terra e avvolgono gli autori di azioni malvagie, veri e propri esseri dannati che vengono trascinati all’interno dei Domini del Terrore dai quali non c’è via d’uscita.
Come non si riesce a comprendere la natura di tali manifestazioni, altrettanto avviene per le motivazioni del loro agire. I più le ritengono come un elemento naturale, un qualcosa che esiste, ma che non si riesce a capire, i cui fini è meglio che rimangano un mistero e che vanno accettati per come accadono, senza fare domande. Chi ha tentato di fare luce su tutto questo ha potuto sviluppare solo teorie. Secondo alcuni le Nebbie o le Potenze hanno un’indole malvagia e cercano di radunare tutta la malvagità del multiverso per creare un’immensa armata del Male da usare come forza di conquista di tutti i piani; altri le vedono come una sorta di guardiani che puniscono le creature più terribili e le rinchiudono in un semipiano creato appositamente per loro come prigione, un modo per proteggere gli innocenti dalla loro malvagità. Esiste anche la possibilità che esse non siano divinità o potenti entità che agiscano nell’ombra, ma che semplicemente siano la manifestazione del karma negativo creato dalle azioni malvagie decise e volute dagli uomini, una forza che con il tempo ha assunto potere e che agisce come se avesse una volontà: un’energia d’attrazione che tira verso di sé chi possiede un’essenza simile alla propria.
Tutti modi fantasiosi per dare spiegazione a qualcosa di misterioso e allo stesso tempo attraente, ma in cui si cela una verità: la ricerca dell’uomo di fare chiarezza, di riuscire a sollevare il velo d’ignoranza che gli preclude la conoscenza. Quel velo che la nebbia riesce così bene a incarnare e che può essere l’icona di ciò che deve essere superato, una sorta di varcare la soglia per un mondo nuovo, più grande, oppure il rimanere immobile in una situazione stagnante, limitante, e triste come un limbo, dove si conduce un’esistenza come i Signore dei Domini: un’esistenza confinata come una prigione e maledetta.

Mad Max – Viaggio attraverso gli Archetipi e la Mitologia

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Questo è l’articolo pubblicato su Fantasy Magazine lunedì sulla trilogia di Mad Max che vede come interprete del protagonista Mel Gibson.
Un pezzo che era nato inizialmente con un altro intento, dato che volevo utilizzarlo per mostrare come questa trilogia cinematografica fosse stata in parte ispirazione per un romanzo che ho scritto e che sto pubblicando sulle pagine del sito. Ma si sa che alle volte gli articoli, come i libri, prendono una piega differente da quella iniziale ed ecco che ci si trova con un pezzo come quello che si può leggere sulla rivista FM.
Un pezzo che parla dell’archetipo del Viaggio, del Guerriero e degli altri che in ogni vita umana, in momenti precisi, sono presenti, che mostra come agiscono e come riconoscerli.
Non solo: mostra anche la caduta di un mondo, di una società, del degrado dell’animo umano, come ben viene riassunto dalla voce narrante all’inizio del secondo film della serie, Interceptor – Il guerriero della strada.

La mia vita si spegne e la vista si oscura. Mi restano soltanto alcuni ricordi di un caos immane: i sogni infranti delle terre perdute. E l’ossessione di un uomo sempre in lotta: Max.
Era figlio dei tempi in cui l’uomo viveva sotto il dominio dell’oro nero. E i deserti brillavano per le fiamme delle gigantesche torri che estraevano il petrolio.
Ora tutto è distrutto, scomparso, come e perché non lo ricorda più nessuno, ma è certo che un immane conflitto annientò due grandi potenze. Senza il petrolio l’uomo tornò alle sue origini primitive e tutte le sue macchine favolose andarono in rovina. Tutti i popoli tentarono di raggiungere un accordo, ma nessuno riuscì a fermare la valanga del caos. Nel terrore dei saccheggi e nelle fiamme della violenza il mondo scoppiò. E tutte le sue città crollarono una dopo l’altra.
L’uomo si nutrì di carni umane per sopravvivere.
Su tutte le strade vincevano coloro che avevano la forza e i mezzi per piombare sulle vittime e depredarle, anche dell’ultimo respiro; niente aveva più valore di una piccola tanica di benzina.
I deboli scomparivano senza nemmeno lasciare il segno di una croce su delle misere pietre.
Nel ruggito di un motore, quelli come Max si difendevano dai demoni del passato e dalle inutili speranze di un futuro svuotati di ogni sentimento umano, condannati a inseguire ogni piccola traccia di vita nelle Terre Perdute.
E alla luce di quei giorni desolati, Max imparò a dominare il suo destino.

E’ in tempi come questi che il Guerriero deve sorgere e combattere per ciò che è importante; una lezione adatta alla società attuale, che ha dimenticato cosa significa lottare per qualcosa che vale molto di più del denaro e del prestigio di una posizione sociale.

Spiriti Guida

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In diverse culture antiche gli spiriti erano visti come guide, fonte di rivelazione di conoscenze nascoste e verità sconosciute.
Così facevano popoli come i greci, che interpellavano gli spiriti dei defunti, come viene mostrato nell’Odissea quando Ulisse invoca le ombre dei morti, allo scopo di interrogare lo spettro dell’antico indovino Tiresia sul suo futuro; è qui che il re di Itaca, oltre agli spiriti di Agamennone e Achille, incontra quello della madre,morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, che lo avvisa di quanto sta accadendo nella propria casa e di come i Proci stiano insidiando il suo trono.
Allo stesso modo facevano i nativi americani con gli spiriti della natura, considerati fonte di saggezza e consigli per qualsiasi situazione.
Se si cerca attentamente, si scopre che qualsiasi popolazione ha creduto e crede in queste cose, anche se vengono chiamate in maniera differente a seconda della religione cui un popolo segue (non fanno così anche i credenti cristiani quando attraverso la preghiera chiedono consiglio e aiuto ai santi, esseri ormai non più umani, ma appartenenti a un mondo superiore, a un piano d’esistenza diverso da quello materiale?).
Con l’intrecciarsi delle culture, con la nascita della psicologia e la riscoperta di tecniche d’iniziazione appartenenti al passato, la religione ha perso parte della sua prerogativa di guida alla spiritualità; in un periodo dove le incertezze aumentano e le istituzioni dimostrano di non essere in grado di dare risposte, essere un centro di gravità e di conforto per le persone, gli individui hanno cominciato a camminare da soli, senza più appoggiarsi ai propri simili, ricercando aiuto lontano da questo mondo (e con mondo non si intende il pianeta su cui si vive, ma la mentalità, il modo di vivere conosciuto, le sue conoscenze e la sua sapienza), rivolgendosi all’Al di Là. E con questo non s’intende il mondo dei morti come si diceva in tempi antichi, il regno oltre la cessazione dell’esistenza, ma piuttosto un altro piano di consapevolezza dove si scoprono essenze capaci di consigliare e far giungere a una comprensione di se stessi, dell’uomo e della vita che prima s’ignoravano.
E’ quanto mostra Igor Ribaldi attraverso I Maestri Invisibili, primo libro di una serie dove riporta quanto appreso dagli incontri con le coscienze incorporee quali sono gli Spiriti Guida di cui parla nei suoi scritti. Incontri che non sono sua esclusiva o solo per pochi, ma che possono essere per tutti coloro che vogliono crescere, imparare, scoprire, dove non c’è bisogno di un intermediario per poter venire a contatto con queste essenze, ma occorre solamente conoscere il cammino, o se si preferisce la tecnica, per poter arrivare a loro, come viene spiegato in Il Mondo Invisibile.
Questo è solo uno dei modi in cui si possono incontrare tali Spiriti Guida; alle volte succede involontariamente, a esempio quando si usa l’Immaginazione (da non confondere con l’Invenzione). Succede agli scrittori (parlo di scrittori veri, che scrivono quello che sentono, quello che nasce dentro di loro, che viene dalle profondità dell’animo, non di scrivani commerciali che sfruttano un genere che va di moda per racimolare soldi e magari alimentare il proprio ego) che attraverso l’immaginazione riportano alla luce verità, frammenti di consapevolezza, d’evoluzione e far accorgerne anche gli altri; le storie che raccontano non sono solo intrattenimento, perché il raccontare una storia esprime ciò che si è e ai lettori piace tanto leggerla o ascoltarla perché fa tornare alla memoria echi di conoscenze svanite, come può accadere con le reincarnazioni e ci si ricorda di altre vite oltre quella che si sta vivendo, apprendendo lezioni e facendo proprie certe esperienze.

La vita rende quello che si fa

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La vita rende quello che si fa.
E’ una legge insita nell’esistenza, come lo è la legge di gravità relativa al pianeta Terra. Una legge conosciuta da tutte le popolazioni del passato, trasmessa attraverso le loro filosofie e religioni, dato che la conoscenza acquisita nei secoli aveva fatto comprendere che ogni azione ha delle conseguenze, alcune subito visibili, altre invece che arrivano con il tempo, frutto o pagamento di quanto perpetrato.
Per questo le religioni che credono nella reincarnazione hanno insegnato ad agire in una certa maniera per giungere alla conclusione del Samsara, il ciclo di nascite/morti, e arrivare al Nirvana, giungendo alla liberazione del flusso di vite da vivere attraverso le quali ci si purifica dalle scorie accumulate (i semi del karma) e attraverso tale esperienza ci si illumina. Se questo non avviene, le scelte si pagano nella vita successiva, dove si subisce sulla propria pelle quanto fatto agli altri (una sorta di espiazione per comprendere gli errori commessi ed evolvere nel cammino verso l’illuminazione, liberandosi del karma negativo accumulato), o vengono ricompensate se meritevoli (accumulando karma positivo), continuando tuttavia il ciclo di rinascite finché i residui del Karma non si saranno estinti. Elemento necessario perché questo accada è l’accorgersi di questa realtà e divenire consapevoli dei lati erronei, dei blocchi da superare e da non ripetere più.
E’ quello che dovrebbe accadere anche quando viene inflitta una condanna dal sistema giudiziario dei paesi civili, ma di cui purtroppo si è perso il fine, dove il giudizio emesso è solo un modo per eliminare dalla società qualcuno considerato dannoso, un eliminare un pericolo per la comunità, un togliere da sotto gli occhi un modello fastidioso che se non ci si sta attenti si rischia, se non si hanno educazione, valori, integrità, di attuare a propria volta. Purtroppo il sistema si concentra solo sull’impedire a chi ha fatto errori di non perpetrarli per un certo periodo e spesso la paura di finire di nuovo reclusi non è sufficiente a impedire a una persona di commettere gli stessi errori; il sistema non si concentra su una rieducazione della persona per fargli comprendere dove ha sbagliato, e per questo essa continua a ripetere gli stessi copioni.
Un lavoro quello della rieducazione certo faticoso, che richiede un prezzo da pagare commissionato in ugual misura allo sbaglio commesso: un’espiazione che è volta a portare del bene dove è stato fatto del male. E’ quanto faceva l’Oracolo di Delfi nei confronti di chi aveva delle colpe cui fare ammenda: non carcere o prigionia, ma rendere in maniera uguale e contraria quanto era stato fatto. L’esempio più conosciuto è il mito di Eracle, il famoso eroe che fu fatto impazzire da Era perché simbolo dell’infedeltà di Zeus, facendogli uccidere la moglie e i figli; per tale colpa l’oracolo gli impose di servire Euristeo, che lo sottopose alle famose dodici fatiche. Fatiche che servirono per fargli conquistare la purificazione dalle colpe commesse.
Tale regola viene enunciata dalla religione cristiana attraverso una preghiera che fin da piccoli ai credenti viene insegnata, il Padre Nostro. Il passo “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” nasconde il potere di questa regola della vita: nella maniera in cui agiamo, ci viene restituito. Pochi fanno attenzione a questa verità, ripetendo, quando accade, meccanicamente una preghiera senza comprendere cosa si sta dicendo e soprattutto quale insegnamento si sta perdendo; sarebbe meglio invece farlo perché non accada che “se stai portando la tua offerta all’altare di Dio e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì l’offerta davanti all’altare e vai a far pace con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta. Se uno è in lite con te e ti porta in tribunale, fa presto a metterti d’accordo con lui mentre tutti e due siete ancora per strada; perché lui può consegnarti al giudice, e il giudice può consegnarti alle guardie per farti mettere in prigione. Io ti assicuro che non uscirai di là fino a quando non avrai pagato anche l’ultimo centesimo” (Matteo 5, 23-26). In questo passo non si sta parlando solo del rapporto con le altre persone, ma anche della legge finora enunciata, ammonendo ed esortando a essere sempre vigili e a non lasciar mai correre nulla, perché se non si rimedia agli errori, agli atteggiamenti sbagliati, questi perseguitano e non importa quanto tempo gli occorra, arrivano sempre a reclamare il prezzo di quanto fatto.
L’inconsapevolezza non protegge dalle leggi dell’esistenza; il voler ignorare di proposito certi comportamenti reputando che non possano avere conseguenze, ritenendosi intoccabili, che il prezzo da pagare tocchi agli altri e mai a se stessi, è pura presunzione e illusione. “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei per avere subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Luca 13, 2-5.) Ancora una volta l’ammonimento a essere consapevoli, ad accorgersi dei meccanismi della realtà, a cambiare modo di vedere e di vivere.
Tutte queste cose ai più possono sembrare coincidenze, ma si tratta solo di un’illusione: tutto ciò è sempre la stessa realtà, solamente che di volta in volta si veste in maniera differente a seconda del contesto e delle persone con cui ha a che fare, in modo da riuscire a insegnare agli individui con le maggiori probabilità di successo. Modi di fare che anche se differenti sono collegati tra loro, dato che provengono dalla stessa origine, da quella fonte dalle quale nasce ogni forma d’esistenza.

Luna

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In questi giorni, leggendo la seconda parte di I Cacciatori di Ossa di Steven Erikson, tra i tanti brani che mi hanno colpito (posso dire che ogni pagina di questo scrittore ha qualcosa da trasmettere ed è qualcosa di veramente grande e profondo), ce n’è stato uno che mi ha fatto tornare in mente un ricordo del passato.

«Nessuno ha notato la luna ieri sera?» chiese Scillara. «E’ screziata. Strana, come se fosse stata bucherellata.»
«Alcuni di quei buchi», osservò Barathol, «sembrano ingrandirsi».
La donna lo guardò; annuì. «Bene: lo credevo anch’io, ma noi ne ero sicura. Cosa significa, secondo te?»
Barathol scosse le spalle. «Si dice che la luna sia un altro regno come il nostro, con gente sulla superficie. A volte, cose precipitane dal nostro cielo. Rocce. Palle di fuoco. Si racconta che così fu la Caduta del Dio Storpio: montagne intere piombarono giù, cancellando quasi tutto un continente e riempiendo metà del cielo di fumo e di cenere.» Lanciò un’occhiata a Scillara, poi a Cutter, «Pensavo che, forse, qualcosa ha colpito la luna allo stesso modo.»

Il ricordo è legato a un videogioco, Final Fantasy 8, e in particolar modo al Pianto Lunare.
Anche nel gioco creato dalla Squaresoft, la Luna è abitata da creature (in questo caso però mostri) e secondo una leggenda, quando la Luna è vicina alla Terra si verifica il Pianto Lunare, un fenomeno che fa piovere i mostri sul mondo. Fu tale evento a distruggere un intero continente: Centra ora è solo una terra piena di rovine.

Più che pensare a Steven Erikson ispirato dal videogioco, mi sono soffermato a riflettere su quante leggende circondano il satellite che ruota attorno al nostro pianeta, quante storie la Luna ha ispirato nelle persone, dai pensatori agli artisti, dai filosofi alla gente comune.
Dalle culture nomadi che ritenevano che la Luna morisse ogni notte scendendo nel mondo delle ombre, o fosse in un perenne inseguimento del Sole, agli antichi greci che ne fecero una dea con Selene, figlia dei titani Iperione e Teia, sorella di Elio ed Eos, identificata poi nella tarda mitologia greca e romana con Artemide e Diana.
Dai Mesopotamici con Nanna o Sin, dagli Egiziani con Thoth, dai Frigi e dai giapponesi con Men e Tsukuyomi, fino ad arrivare alle credenze medievali con i lupi mannari che si trasformavano alla luce lunare e le streghe che si riunivano per i loro Esbat (feste minori che celebravano le fasi lunari) (tale nome dà il titolo a un’opera di Lara Manni ) e a Isil, che fa parte della mitologia di Arda, il mondo immaginario creato da J.R.R. Tolkien.
Certo, la scienza e la tecnologia hanno dato molte risposte su questo satellite, togliendo parte di quell’aura magica che l’astro argentato ha sempre posseduto; tuttavia non si è risuciti a togliere del tutto la poesia e il fascino che la Luna possiede.
Innamorati si baciano con una passione particolare nelle notti in cui l’astro brilla.
Cantanti e gruppi musicali sono ispirati dai suoi raggi, come i Sonata Arctica in My Selene e i Kamelot in Moonlight.
Poeti e scrittori,come Leopardi e Gianni Rodari, Pirandello in Ciaula scopre la Luna, compongono le loro opere pensando a questo astro lucente.
Tanti, infiniti possono essere gli esempi di come la Luna ha influenza, dalla materia (maree, fermentazioni), alla psiche (cambiamenti d’umore, lunatismo) e l’immaginazione.
Una cosa però è certa: quando l’uomo alza lo sguardo al cielo (non solo alla Luna ma anche alle stelle) apre le porte di un altro mondo, lasciando spazio alla fantasia, al sogno, alla spiritualità, alla ricerca di risposte, perché forse è consapevole, anche se inconsciamente, che in luoghi lontani e infiniti è celata la risoluzione alle domande che da sempre si pone, è celata la propria origine.
O forse sono soltanto lo specchio di qualcosa che è più vicino di quanto possa pensare.

Violenza

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Molti pensano che la violenza sia parte dell’essere umano; alcuni ipotizzano che esista un gene contenente tale caratteristica.
Preferisco pensare che l’uomo venendo su questa terra perda la purezza della sua essenza, alla stessa maniera dello spirito che perde la sua purezza e diventa imperfetto quando entra nella materia.

Che siamo esseri immortali
caduti nelle tenebre, destinati a errare;
nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione

Che siamo angeli caduti in terra dall’eterno
senza più memoria

direbbe Battiato ne “Le Sacre Sinfonie del Tempo”.
Se ci si pensa Lucifero era un angelo, un essere di luce, prima di precipitare nella dannazione che si è scelto. Una simbologia che sta a indicare la ribellione, il seguire una strada con la propria testa, anche se porta a sbagliare; certo in questo caso la vista si può dire che è ottenebrata, ma non è questo il punto su cui porre attenzione. Lucifero all’inizio era qualcosa di buono, o meglio di neutro: un’infinita possibilità di essere ciò che si vuole. Un foglio bianco da riempire nella maniera che si preferisce. E questo avverrà a seconda della percezione che si ha del mondo esterno, che dipende dal rapporto che si ha con quello interiore, in parte condizionato dalle influenze che arrivano da ciò che ci circonda. La mancanza di consapevolezza, di osservare ciò che accade può far agire e pensare in maniera sbagliata, ma non c’è niente di sbagliato nell’essere umano. E’ come una spugna: può dare liquido buono o cattivo (nel senso di sapore) a seconda di ciò che ha assorbito. Un bambino, che imita e apprende guardando chi ha intorno, assorbe senza essere in grado di distinguere il giusto o sbagliato; solo crescendo, se lo vorrà e ricercherà, potrà saper scegliere. Ma finché è piccolo, senza mezzi, difficilmente potrà farlo, condizionato com’è dal bombardamento cui è sottoposto.
E’ così che immette la violenza dentro di sè, è questo lo stimolo che acquisisce e che spesso esce allo scoperto. Se ci si pensa l’uso della violenza, o l’anelare a essa, rispecchia una mancanza, un limite che si avverte e che si vuole superare; perché pochissimi accettano la debolezza come parte dell’imperfezione dell’essere umano sulla terra in cui si vive.
Prendiamo due personaggi mitici a confronto: Achille ed Ettore.
Specie i bambini e gli insicuri, sono portati ad ammirare Achille: forte, sicuro, ammirato e acclamato dalla folla. Molti sono portati a preferirlo a Ettore che appare debole in confronto all’eroe greco. Perché l’ego reclama la sua parte, vuole essere riconosciuto e considerato, ha bisogno della folla per sentirsi qualcuno. E come può avere il consenso altrui se non dimostra il proprio valore? Con la forza, con il dimostrare, con ciò che appare: chiunque può valutare ciò che gli occhi mostrano.
Ma ciò che non si vede?
Per questo tante persone considerano Ettore debole, perché la sua forza non è in ciò che si vede. Certo, era un grande guerriero, ma non era questo che lo caratterizzava. Era l’affetto per la famiglia, per il popolo, per la sua terra: per questo si sacrifica, combattendo una battaglia che non può vincere contro Achille, subendo anche l’umiliazione oltre alla sconfitta (ci sono i segni di un’altro famoso scarificio: quello di Gesù).
Quindi Ettore era il buono, la vittima, e Achille il cattivo, il carnefice?
Le cose non sono mai come sembrano.
Ettore era un guerriero e pertanto uccideva: non gli piaceva, ma lo faceva; anche lui era macchiato di sangue.
Achille non era un mostro: anche se spietato in battaglia, non era un insensibile. Lui che non obbediva alle richieste e agli ordini dei re della Grecia, cede alla supplica di un vecchio padre che richiede la restituzione del corpo del figlio perché lo possa seppellire.
L’uomo è un insieme di scelte giuste e sbagliate, di sfumature grigie e colorate. Ciò che lo qualifica è ciò che sceglie di essere, alle volte consapevolmente, alle volte inconspevolmente. Quante persone s’accorgono d’essere attratti dalla violenza perché si sentono deboli, anelando d’essere forti e per sentirsi tali seguire sempre il più forte? Certo, tale scelta è quella che in apparenza dà risultati tangibili nell’immediato, ma i suoi frutti non sono duraturi, perché non sono fatti per crescere, ma per distruggere.

In Principio

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In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso
e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse:
«Sia la luce!»
E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona
E separò la luce dalle tenebre
(Genesi)

La voce degli Ainur, quasi con arpe e liuti, e flauti e trombe e viole e organi, quasi con innumerevoli cori che cantassero con parole, prese a plasmare il tema di Iluvatar in una grande musica…
Ma giunti che furono nel Vuoto, così Ilùvatar parlò: «Guardate la vostra musica!» Ed egli mostrò loro una visione, conferendo agli Ainur vista là dove prima era solo udito.
(Il Silmarillion, J.R.R. Tolkien)

Ecco un paio d’esempi che parlano di creazione di mondi. Molti sanno che le opere di Tolkien sono specchio delle sue esperienze (la perdita degli amici durante prima guerra mondiale, l’amore per la moglie, l’orrore verso l’industrializzazione sfrenata) e delle credenze religiose che aveva (cattoliche), asserendo pertanto che questo autore s’è ispirato alla Bibbia per creare l’ambientazione dei libri che ha scritto.
Non è questo il punto su cui voglio soffermarmi, bensì sull’Inizio; sia che si tratti di storia inventata, sia di credo religioso, hanno la stessa origine: l’uomo. O meglio, qualcosa che è presente in lui e che solo dando il via a questa parte della sua essenza (il Creatore), riesce a scoprirla.
Tuttavia sarebbe errato parlare d’inizio vero e proprio, perché è una cosa al di fuori del tempo e dello spazio, è dove tutto è possibile: nell’immaginazione, il luogo della creazione.
La parola ha la capacità di creare, ma non di creare dal nulla: semplicemente dà forma a qualcosa che già c’è, ma che prima era diverso e che sembra oscuro solo perché non lo si conosce ancora. E’ guardando in questa oscurità che si scoprono le cose, come illuminare gli abissi degli oceani: sono ricchi di vita, di creature e mondi inesplorati . E’ da questo buio che si fanno emergere scoperte, cose nuove: nuove vite.
E’ così nella Genesi, così nelle leggende vichinghe con il mondo che sorge dal Ginnungagap (voragine primordiale, l’abisso insondabile che racchiudeva forze contrastanti separate tra loro e in stato d’inerzia)

Nel tempo remoto non c’era nulla: non sabbia, non mare, né gelide onde; non esisteva la terra e neppure la volta del cielo, l’erba non cresceva in alcun luogo. C’era soltanto il Ginnungagap, la voragine immane.
Tuttavia l’abisso degli abissi non era vuoto; vi erano in esso due mondi contrastanti: a settentrione Niflheim, la dimora delle nebbie, territorio di duri ghiacci e di nevi esistenti da innumerevoli ere; a mezzogiorno Muspell, la dimora dei distruttori del monfo, regione di fiamme e calore ardente impenetrabile allo straniero e a chi non vi era nato.
(Miti e leggende dei vichinghi, Gabriella Agrati-Maria Letizia Magini, Mondolibri.)

E così in ogni religione esistita; è così quando si fanno emergere pensieri e conoscenze nascoste dall’inconscio.
Allo stesso modo quando si scrive un romanzo. Si va a ricercare il principio ed esso, nell’avanzare della scoperta, s’ingrandisce, come i cerchi creati da una goccia che cade nell’acqua che s’allargano sempre più.
Così inizia una storia: con la creazione di un mondo. Un luogo dove far vivere e agire i personaggi, permettendo lo svolgimento delle vicende. Senza di esso non vi sarebbe nulla.
Per questo occorre creare la geografia delle terre: mari, continenti, fiumi, colline, pianure, laghi. La sua superficie.
D’aiuto in questo caso è la realizzazione di una mappa, che oltre a dare un’idea di com’è creato il mondo, potrà dare suggerimenti per gli sviluppi della storia. Lasciare spazio all’immaginazione, all’intuizione e alla mano che disegna sul foglio, darà il via alla creazione, espandendo il mondo tratto dopo tratto.
Solo quando questa creazione sarà avvenuta, si potrà passare alla fase successiva.

E da quelle fiamme nessuna luce

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Fiamme

ma un buio trasparente,
una tenebra nella quale si scorgono
visioni di sventura,
regioni di dolore e ombre d’angoscia,
e il riposo e la pace non si troveranno,
né mai quella speranza che ogni cosa
solitamente penetra.

Così scriveva nel 1667 John Milton in Paradiso Perduto, affrontando la figura dell’Angelo Caduto Lucifero, (simbolo del male), causa della caduta di Adamo ed Eva (simbolo dell’umanità).
Racconti, poemi, testi sacri, sono mezzi che utilizzano simboli per aiutare la comprensione umana di sé stessi e dell’esistenza.
Paradiso Perduto ha tanto da mostrare, ma voglio soffermarmi su questi pochi versi per cogliere il messaggio che hanno da dare.

Lucifero, come si sa dalla tradizione, è l’angelo più bello del cielo, più luminoso: il nome stesso rivela l’origine della sua natura. Il Portatore di Luce, è ciò che dice la derivazione latina Lucifer, composto di lux, luce, e ferre, portare.
La sua natura inizialmente non è malvagia, ma le scelte che lo spingono in una certa direzione, lo portano a divenire tale. E si sa che non c’è niente di più oscuro di quando si passa dalla luce alle tenebre.
Milton cerca di comprendere come avviene questa caduta, quali possono essere i motivi di questo offuscamento. Il punto di vista è molto suggestivo e l’opera sa coinvolgere il lettore; sicuramente bravura dello scrittore nell’avvicinare il personaggio a chi si accosta al racconto, ma anche perché Lucifero è una lente che mostra un lato dell’animo umano.
Si sa che figure mitologiche, religiose, archetipi, sono proiezioni che l’uomo effettua per cercare di mettere all’esterno, e così poter osservare, quei lati di sè che non riesce a comprendere.
Quante volte nella vita di un uomo si passa da periodi tranquilli e sereni a periodi travagliati, dove tutto sembra sprofondare in un abisso nero e senza fondo;spesso per una visione sbagliata che si ha del mondo e di se stessi.

Questa è una delle chiavi di lettura del passo riportato.
Ma non solo.
Lucifero alle volte viene anche chiamato Signore dei Desideri e non è un titolo casuale. I desideri hanno potere se mossi da volontà, permettono di creare mondi, destini. E’ un atto di volontà di Dio, secondo la Bibbia, la creazione del mondo. Personaggi mitici e della storia hanno conseguito le loro mete spinti dai desideri. Su di essi hanno costruito la loro fortuna. O decretato la loro rovina.
Questo dipende dalla natura del desiderio, ma non solo: ci sono anche le emozioni che lo permeano. La paura, la preoccupazione, l’ansia e altri sentimenti possono condizionarlo e darne una realizzazione diversa da quella che ci si aspettava. Come succede in Lucifero in Paradiso Perduto: il suo desiderio di essere riconosciuto come superiore e avere un regno, lo portano a ottenere quello che vuole in una maniera in cui non si era immaginato. L’esaudimento di ciò che voleva, permato di sentimenti sbagliati, ha visto la realizzazione di paure e timori, che lo hanno portato lontano da ciò che era la sua vera visione.
La vita, l’esistenza che si è conosciuta fino a un certo momento può mutare e divenire un tormento se ciò che è nell’animo non viene compreso, se si lascia che certi umori prendano il sopravvento e cambino la natura dell’essere. Il poema è uno specchio che mostra come può essere la vita di un individuo, di come certe scelte possano mutarlo: perché Paradiso e Inferno sono stati dell’essere, non luoghi di un’altra vita; sono il risultato di ciò che si vuole, si desidera.
Ma se il desiderio, il sogno, la volontà di un individuo sono mossi da una visione errata e accecata, allora la Vita può diventare davvero un Inferno, una tenebra nella quale si scorgono visioni di sventura, regioni di dolore e ombre d’angoscia.

Visioni di Sventura