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Jonathan Livingston e il Vangelo

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L’Ultimo Demone

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L’Ultimo Potere

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L'Ultimo Baluardo

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I Figli di Armageddon primo romanzo di La Genesi di ShannaraSul forum di Writer’s Dream, in un 3D dedicato a L’Ultimo Baluardo, un utente (Niko), tra le altre cose, nel suo commento ha fatto notare che il brano ricorda molto l’atmosfera dei lavori del Verbo e Vuoto (a questo link un approfondimento sulla saga) e della Genesi di Shannara di Terry Brooks. La cosa mi ha fatto piacere perché significa che sono riuscito a fare un buon lavoro, dato che reputo quelle opere di Brooks ben fatte (specialmente la prima, la seconda un po’ meno e per un buon motivo): per me sono un buon esempio di mondo che va in rovina e della lotta contro le forze del caos e della distruzione. Riprendendo quanto ho scritto in risposta a Niko, da quei libri ho cercato di cogliere (come da altre opere di altri autori) tale spirito: Brooks rappresenta con Verbo e Vuoto la lotta eterna tra bene e male e ben mostra cosa sono i Demoni. Io dei Demoni ho dato una descrizione differente rispetto a lui, perché ho voluto mostrare qual è il potere dei Vizi e come agisce sulla natura umana.
La parte riguardo gli Spettri (il gruppo di bambini e giovani guidati da Falco nella Genesi di Shannara) è molto bella, la migliore insieme a quella di Tom Logan: la prima parte di I Figli di Armageddon è uno dei migliori lavori di Brooks, poi scivola, e non di poco, con la questione degli elfi; non mi è piaciuta per niente, ha sfruttato malissimo il materiale a disposizione e spiego anche il perché. Quando ho letto della comparsa degli elfi in I Figli di Armageddon, ho mandato a spendere l’autore perché ha rovinato un libro fino a quel punto ottimo. Brooks ha scelto la strada più semplice per immettere gli elfi nella saga Verbo e Vuoto e così creare il collegamento con Shannara, ovvero che sono sempre stati sulla Terra e così l’Eterea. Brooks con La Genesi di Shannara poteva cogliere l’occasione di creare il Divieto e l’Albero che tiene imprigionati i Demoni utilizzando l’indiano Due Orsi e il mondo degli spiriti, per esempio: da questo punto potevano nascere gli elfi e la saga avrebbe avuto un senso, un legame più profondo con il nostro mondo. Soprattutto, non avrebbe rovinato il senso di credibilità della saga: d’accordo che è narrativa fantastica (questa però non deve essere una scusa per scrivere sciocchezze), ma anche in esso bisogna mantenere una certa coerenza. Perché se il lettore si trova davanti qualcosa che incrina l’atmosfera, la sua immaginazione, allora si rovina quanto di buono fatto fino a un certo punto.
Dal mio punto di vista, Brooks, su questa scelta, non è difendibile: ha sbagliato per pigrizia. Poteva e doveva fare meglio per creare la congiunzione tra Verbo e Vuoto e Shannara: così ha buttato un’occasione, dimostrando la china sempre più discendente presa da Il Viaggio della Jerle Shannara in poi.
Dai romanzi precedenti La Genesi di Shannara si sa che gli elfi esistono dai tempi di Faerie, ma non è mai stato detto in quale forma: potevano essere per esempio solo spiriti, forze dedite a proteggere la vita, al servizio del Verbo. Se Brooks avesse usato meglio Due Orsi e i poteri del Verbo, avrebbe potuto mostrare la nascita dell’Eterea, del Divieto (non come elementi già presenti): un gruppo di umani (potevano essere Cavalieri del Verbo), attraverso un rituale, poteva creare i due elementi citati qui sopra accogliendo gli spiriti/elfi dentro di sé e sfruttando i loro poteri, venendone perciò modificati e divenendo così la manifestazione materiale degli elfi, assumendosi il compito di proteggere l’Eterea, impedire il ritorno Dei demoni (coloro che hanno ridotto in rovina la Terra) e prendersi cura del mondo, com’è nella natura elfica.
A mio avviso, la scelta che ho proposto è migliore di quella realizzata da Brooks: ha più senso, crea un legame migliore tra le due saghe e non è certo una soluzione difficile da trovare: bastava rifletterci solo un poco e sarebbe stata più funzionale e di gran lunga migliore di quella letta, che toglie credibilità al lavoro e sense of wonder.
Questo è il mio giudizio da lettore. Come scrittore ho evitato di fare simili errori, prendendo spunto e ispirazione da quanto di buono altri scrittori hanno fatto, cercando di cogliere lo spirito trasmesso nel loro lavoro e imparando da esso. Più che in L’Ultimo Baluardo (e di conseguenza in L’Ultimo Potere) (anche se se ne può avvertire la somiglianza), è nel romanzo successivo dei Tempi della Caduta, L’Ultimo Demone, che ho preso ispirazione da I Figli di Armageddon. Ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta.

La (di)sfida di L'Ultimo Potere

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Sul sito Scrittori Indipendenti c’è la possibilità per gli scrittori esordienti e autopubblicati di presentare i propri lavori, sfidando opere più famose; un modo diverso, anche un po’ scherzoso, per mettersi in mostra, parlare di cosa si è scritto, di cosa si è voluto dire con le opere realizzate.
Per chi fosse curioso di vedere chi ho voluto sfidare con L’Ultimo Potere e che cosa ho combinato in questa presentazione, a questo link si può trovare risposta (sì, sono andato un po’ sopra le righe, perché bisogna anche saper scherzare, giocare sopra certe cose, anche per non dare sempre la stessa immagine e atrofizzare così l’attenzione di chi legge. Sempre però rimanendo fedeli a quello che si è e si pensa 😉 ).

L'Ultimo Potere è in vendita

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L’Ultimo Potere è dal 25 novembre disponibile negli store online col prezzo di 1.99 E.
Sull’opera non ho molto da aggiungere, dato che ne ho parlato a lungo su questo sito, sia proponendo diversi capitoli della prima stesura del romanzo, sia utilizzando i brani per parlare degli elementi da cui ha preso spunto: da Devilman a Interceptor, dai Vizi e dalle Virtù alle teorie di Lombroso, dalla religione a Orizzonte Perduto.
Proprio riguardo a Orizzonte Perduto un ringraziamento particolare va a mia madre, che, consigliandomi la lettura del romanzo di James Hilton, non solo mi ha fatto conoscere una bella storia, ma ha saputo anche darmi uno spunto davvero utile per lo sviluppo della storia che ho scritto. Quindi è anche merito suo se le vicende di L’Ultimo Potere, e soprattutto di Guerriero, hanno potuto acquisire ulteriore spessore.
Naturalmente ringrazio anche chi, leggendolo in anteprima, o sulle pagine di Le Strade dei Mondi, ha saputo con il suo giudizio permettermi di migliorare l’opera.
Arrivato a questo punto non resta che lasciare che L’Ultimo Potere faccia il suo cammino. Ma prima di questo, ecco la copertina con la quale si presenta, l’unica novità, fino a questo momento, ancora da svelare.

L'Ultimo Potere

Una riflessione da L'inizio della Caduta: Delirio d'onnipotenza

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Era il 2008 quando realizzai la prima stesura di Non Siete Intoccabili, scritta subito dopo Strade Nascoste. L’intenzione allora era di proseguire con la narrazione delle Storie di Asklivion; dieci capitoli erano stati scritti quando sorse l’idea per una storia staccata da quel mondo, ambientata nel nostro che parlasse del mondo del lavoro, delle sue ingiustizie, del mobbing, delle morti bianche. Un’idea che premeva con forza per prendere vita e che non mi permetteva di continuare con le vicende di Asklivion e dei suoi personaggi: così è nato Non Siete Intoccabili.
In quest’opera ho voluto sperimentare, cambiare stile e approccio, cercando di realizzare qualcosa che estremizzava i comportamenti, i dialoghi, rendendolo eccessivo, sopra le righe, alle volte grottesco. Non rinnego quanto ho fatto perché mi è servito a capire qual è la strada che è più adatta a quanto voglio narrare, a come voglio porre storia e personaggi, a quali sono gli errori da evitare. Non Siete Intoccabili ha delle idee e degli spunti validi e sono state mantenute, ma sviluppate diversamente: per questo delle parti sono state tenute e usate per realizzare una storia che partendo da esso è stata modificata per andare a completare il quadro che è andato formandosi con la realizzazione di L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone. Si tratta di una narrazione con forti elementi fantastici e paranormali, ma che è fortemente ancorata nella realtà. Anche se in Italia il fantastico è sottovalutato, esso è un forte mezzo, pregno di simbolismo, per affrontare la realtà e soprattutto i suoi lati oscuri: in questo Stephen King è un maestro, con le sue opere fantastiche che mostrano spicchi densi di realtà e dei suoi problemi, della sua follia.
Era il 2008, ma sembra di narrare i fatti di cronaca odierna. Non si tratta di essere stato profetico, ma se si osserva la realtà, il contesto storico, e soprattutto avendo studiato un poco la storia, si può vedere dove si vuole andare a parare. Quindi non sorprendono certe affermazioni fatte da Renzi contro i sindacati (Non lasceremo la cultura ostaggio di questi sindacalisti contro l’Italia) e da Squinzi (che vuole il dimezzamento degli stipendi dei lavoratori), dato che sono anni che governi e imprenditori cercano di togliere diritti ai lavoratori, rendere le loro condizioni peggiori e sfruttarli il più possibile. Più spesso di quanto si creda, realtà e fantastico non sono poi tanto lontani tra loro.

Mad Max : Fury Road

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Mad Max: Fury RoadMad Max: Fury Road mantiene le premesse non solo d’intrattenimento (il binomio belle donne/motori si conferma una ricetta di successo), ma anche lo spirito della prima trilogia, soprattutto del secondo film, cui trae molta ispirazione a livello di trama e di eventi.
Quando venne data la notizia di un quarto film sul guerriero della strada, non ne fui molto convinto, timoroso che la serie venisse rovinata, perdendo le caratteristiche che l’avevano fatta apprezzare in nome della spettacolarità (purtroppo reboot, remake, hanno fin troppo spesso dimostrato la loro mediocrità); è vero che il regista, George Miller, è sempre lo stesso, ma alle volte questo non è garanzia di qualità, dato che la verve può essere andata perduta (vedasi George Lucas con la seconda trilogia di Guerre Stellari) o si è adeguata alla commercialità (altro campo, ma si prenda l’esempio di Terry Brooks con le produzioni realizzate dopo il ciclo degli Eredi di Shannara).
Con piacere deve dire che il film è stato superiore alle attese. Adrenalinico, mai un momento di stanca, mai banale, teso, avvincente, è quasi alla pari con Interceptor – Il Guerriero della strada (il secondo film della serie ha un che di epico, di desolazione e perdita, che manca a Mad Max: Fury Road), la pellicola migliore girata da Miller. Certo non è perfetto. Tom Hardy non ha il carisma di Mel Gibson (in certi momenti non sembra altro che un bruto che sa a malapena parlare). Il motore V8 adorato come una divinità poteva essere evitato, così come certi riferimenti al Valhalla e alla morte gloriosa da trovare sulla strada. Ma si è in un mondo impazzito e si è voluto portare tutto all’estremo, dai mezzi agli antagonisti che inseguono il gruppo di fuggitivi. Ora non sono solo il carburante, l’acqua, il cibo, i beni più preziosi richiesti in un mondo desertico, ma anche chi non è contaminato, non ha patologie tumorali, deformazioni che ne condizionano la vita e perciò possiede sangue “puro” da usare per trasfusioni. Chi è sano viene catturato per essere usato come sacca donatrice di sangue, permettendo così di continuare a vivere a chi è malato. E’ così che Max si trova imprigionato e usato dai Figli della Guerra guidati da Immortan Joe, un despota che guida una cittadina ossessionato dall’avere dal suo harem di belle donne dei figli sani (e non menomati come quelli che ha già, uno un gigante ritardato, l’altro un nano deforme, che tanto ricordano il duo di Mad Max – Oltre la sfera del tuono, Master/Blaster).
Questo naturalmente prima che l’Imperatrice Furiosa (ottima l’interpretazione di Charlize Theron) non cerchi di raggiungere con una blindocisterna le Terre Verdi assieme alle donne cui Immortan tiene tanto e che vogliono essere finalmente libere. Dapprima Max è risoluto a pensare solo per sé e alla sua sopravvivenza, incarnando il perfetto esempio di solitario che non vuole più avere a che fare con gli altri e l’umanità (questo a seguito della perdita della moglie e della figlia), poi coinvolto nell’aiutare il gruppo disperato a trovare una speranza all’apparenza impossibile (e magari così facendo trovare quella redenzione capace di dargli un po’ di pace, come fa Nux, dapprima un Figlio della Guerra e poi eroe che si sacrifica per salvare i fuggitivi).
La maggior parte del film s’incentra sull’inseguimento della blindocisterna e la sua difesa da parte di Max e Fuoriosa (vera protagonista del film e capace di mettere da parte Max, relegandolo al ruolo di comprimario), che ricorda molto quanto visto in Interceptor – Il guerriero della strada (a Miller piace autocitarsi: già quando appare Valchiria, una delle Molte Madri, si sa che morirà durante il viaggio di ritorno alla cittadella combattendo contro gli uomini di Immortan, proprio come successo alla donna guerriera che fa parte del convoglio guidata da Max/Gibson).
Coma, the Doof Warrior, interpretato da iOTAVisivamente spettacolare, esplosioni, rombi di motori e sleghi di chitarra all’ennesima potenza (il personaggio di Coma, the Doof Warrior, interpretato da iOTA, è totalmente inutile, un tamarro di prima categoria, ma quando appare sullo schermo trascina lo spettatore con le sue movenze e la sua musica), lascia anche un po’ di spazio alla riflessione, oltre un messaggio di speranza per un mondo in rovina che può ancora riprendersi.

Ora due osservazioni a margine del film, che da esse prendono spunto.
Semmai ci sarà qualcuno che vorrà girare un film o una serie televisiva su Le Cronache della Folgoluce di Brandon Sanderson, è da contattare assolutamente chi ha realizzato gli effetti speciali di Mad Max : Fury Road: la tempesta di sabbia mi ha fatto subito venire in mente un’altempesta ed è stata fatta veramente bene, potente, distruttiva, impressionante. Magari Miller ha letto il lavoro di Sanderson e gli è talmente piaciuto questo elemento che ha voluto usarlo anche lui ;).
La scena in cui Furiosa, raggiunte le Molte Madri, scopre che la meta cui ha sempre cercato, le Terre Verdi, non esiste più, è praticamente la stessa in cui Guerriero scopre da Maestro che Luna Azzurra è qualcosa che non esiste: per entrambi c’è il crollo della speranza, l’infrangersi del sogno, la perdita della ragione di vita. Questo non vuol essere un mettere a paragone Mad Max: Fury Road con L’Ultimo Potere, né dire che uno ha preso ispirazione dall’altro (L’Ultimo Potere è del 2011 e Miller non ha certo preso spunto da qualcosa che non credo proprio sia di sua conoscenza), ma dimostrare che l’uomo, in forme e tempi diversi, narra le stesse situazioni, mostrandole ad altri perché la consapevolezza non vada perduta e sia d’aiuto agli altri per andare avanti.

Una recensione su Strade Nascoste e altri lavori

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Sul blog Sole&Luna è stata pubblicata la recensione di Giancarlo Chiarenza su Strade Nascoste: fa piacere che l’opera che si è scritta sia apprezzata e valutata positivamente.
Quello di Strade Nascoste è stato un viaggio lungo, ma ne è valsa la pena, sia per il piacere del viaggio delle terre create accompagnati dai suoi personaggi, sia per quello che ho imparato su come migliorare lo stile, l’intreccio della trama, la caratterizzazione dei personaggi. Questo mi è stato di aiuto per le opere successive (L’Ultimo Potere, L’Ultimo Demone, la riscrittura di quello che era Non siete intoccabili e che ora è un’opera nuova), perché mi ha permesso di avere una maggiore sintesi che aiuta a mantenere un maggiore coinvolgimento nella lettura.
Parlando di altre opere che ho scritto, terminata come ho già scritto la revisione di L’ultimo potere (in attesa di risposta da parte di alcune ce, se ci sarà), adesso sto lavorando su un libro di saggistica: è un lavoro realizzato nel 2010, rimasto in attesa (sempre di risposte di ce che erano interessate al lavoro, ma che poi non se n’è fatto nulla per cambi al loro interno) e che ora ho ripreso sia per un ampliamento dei contenuti, sia per migliorare lo stile, renderlo più scorrevole e chiaro.
Scrivere un’opera di saggistica è un lavoro differente dal realizzare un’opera di narrativa, ma è comunque un viaggio interessante, perché si percorrono strade che solitamente non si prenderebbero, aiuta alla riflessione, all’osservazione e alla comprensione. Ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta (citazione di una frase tipica di La Storia Infinita di Michael Ende).

L'Ultimo Potere: cambiamenti.

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Sono terminate le ultime due revisioni di L’Ultimo Potere. Revisioni avviate grazie anche al giudizio di chi l’ha letto, che ha permesso di far chiarezza su un dubbio che avevo (sul modo di proporre una parte dell’opera) e, a seguire, a conferire una maggior sintesi al testo: adesso L’Ultimo Potere ha un decimo di battute in meno (ne sono state tolte circa centomila). Ma non solo: grazie a un’osservazione che è stata fatta, è stata apportata una modifica a un punto della trama, rendendo rendendolo più credibile e comprensibile un certo modo di agire di alcuni personaggi. Questo cambiamento non solo ha permesso di rendere più chiare certe scelte perpetrate, ma fa sì che si leghi a eventi narrati da altre parti: una cosa che ho apprezzato, perché permette di rendere migliore il quadro dei Tempi della Caduta. E’ stato il cambiamento più rilevante, ma ne sono stati fatti altri più piccoli; quindi si può dire che benché il romanzo sostanzialmente sia lo stesso, è in qualche modo diverso dalla prima versione, ergo, si ha davanti un qualcosa di nuovo.
Perché però fare due revisioni?
Semplice: la prima è servita ad apportare le modifiche e a effettuare la sgrossatura del testo, la seconda a eliminare refusi rimasti nel primo passaggio e a “limare” ancora un po’ il testo (sono state eliminate altre diecimila battute).
Arrivato a questo punto posso dire che L’Ultimo Potere è nella sua forma definitiva e adesso posso passare a concentrarmi su altri lavori.
Che fine farà a questo punto L’Ultimo Potere?
Mad Max Fury Road aiuterà L'Ultimo Potere a essere pubblicato da una ce?Al momento è in attesa di ricevere risposta da ce presso le quali ho mandato la proposta: non so come andrà, di certo spero che venga accettato. Magari la sua sorte può essere aiutata dal film Mad Max: Fury Road se avrà un buon successo; una cosa non certo voluta (ma che se avvenisse non dispiacerebbe) dato che L’Ultimo Potere è stato finito di scrivere nel 2011, in un tempo precedente l’uscita del film, e non è stato, come spesso accade, scritto dopo il successo di un certo genere di trame. E’ però innegabile che di solito, se un film, un romanzo ottiene buoni consensi, le ce sono propense a puntare sul genere di questi prodotti; in questo caso c’è da sperare di essere la proposta giusta al momento giusto e nel luogo giusto (come si sa, il tempismo è elemento importante).
Non è un segreto, avendone già parlato in passato, che L’Ultimo Potere abbia preso per ambientazione un mondo apocalittico alla Mad Max, dove ogni società è crollata e si viaggia in una terra ridotta a un deserto: ho sempre trovato il mondo creato da George Miller adatto a far vedere come la Terra si può ridurre a seguito di un evento apocalittico (non sono certo stato né il primo né il solo, basti pensare a Tetsuo Hara e Buronson (pseudonimo dello sceneggiatore Yoshiyuki Okamura), quando hanno creato il manga Ken il Guerriero (dove anche il modo di vestire del protagonista s’ispira al personaggio interpretato da Mel Gibson).
Ma la scelta dell’ambientazione è stata qualcosa che è avvenuto in seguito, dato che prima di tutto è venuta l’idea che è il cuore del romanzo: e se gli insegnamenti dati dalle istituzioni religiose non fossero quelli delle vere religioni? Se questi insegnamenti a un certo punto fossero stati sostituiti da quelli dei Demoni per condizionare la gente e arrivare a ricreare il loro dominio, assoggettando tutta l’umanità a obbedire all’Unico Culto e a piegarsi ai Vizi, alimento con cui i Demoni rafforzano i loro poteri? Se a causa (anche) di questo, l’umanità fosse caduta, che cosa sarebbe accaduto alla Terra?
Niente di buono, questo è certo: si sarebbe creato un inferno dove le persone sono o schiave o fuggitive, costrette a fare i conti con gli errori e gli orrori che hanno creato con le proprie scelte sbagliate. E’ in questo scenario che si muove il protagonista Guerriero, un combattente, un uomo che cerca un luogo dove non ci sia follia, una Luna Azzurra (chi ha letto Orizzonte Perduto sa a cosa mi riferisco) dove finalmente poter davvero vivere e non solo sopravvivere, una sorta di Dante che si muove in un mondo infernale, lottando contro chimere, mutantropi, Posseduti e Demoni; anche lui incontrerà il proprio Virgilio che lo aiuterà nel suo cammino. Il riferimento alla Divina Commedia di Dante Alighieri non è casuale, perché l’avventura creata vuole essere una presa di coscienza, di consapevolezza dei Vizi, proprio come ha fatto la magnifica opera dello scrittore fiorentino (magari, sempre con un po’ di fortuna, può aiutare il fatto che Benigni, con le sue serate dedicate alla Divina Commedia, abbia ridato attenzione all’opera di Alighieri e ci siano ce che vogliano puntare su testi che si leghino a essa).
Visto che si parla di Demoni, il pensiero non può andare che a Devilman di Go Nagai, altra ottima opera che ben mostra il degrado e l’imbestialimento della razza umana, di come si sia lasciata andare alla parte più oscura del suo animo. Manga dove perfettamente si vede la durezza e la crudeltà di un mondo dove domina la violenza e che è servito per avere un’idea di che impronta dare alla storia, di che spirito conferirgli (almeno una parte).
Queste fonti sono state sì le basi ispiranti di L’Ultimo Potere (senza contare il ruolo che hanno avuto gli Archetipi e il rivolgersi alla psicologia, prendendo spunto dalle teorie di Cesare Lombroso), su cui è stato preparato e organizzato il tutto, ma non va dimenticato che poi la storia ha preso vita da sé, sfruttando eventi non programmati (il suggerimento di mia madre di leggere Orizzonte Perduto proprio mentre stavo scrivendo quest’opera è stato più che utile, direi determinante, nello sviluppo della storia e di Guerriero) e personaggi che sono nati strada facendo, come è successo con Spazio, Tempo, Ombrosa, il Necrofago, il Mezzodemone (questo personaggio è nato in seguito a un sogno), andandosi ad aggiungere a quelli che avevano già una parte come Furia, il Demone Divino, quello Senza Memoria, Maestro, Vecchio.
A questo punto delle cose, il mio l’ho fatto: idee, costanza, impegno, attenzione, meticolosità, sono state messe per rendere al meglio L’Ultimo Potere. Ora non dipende più da me: quello che accadrà, si vedrà. Quanto scritto in precedenza può sembrare un volersi basare solo sulla fortuna, ma occorre considerare che anche questo elemento, soprattutto nel periodo in cui si vive, è di un’importanza non indifferente. Perché proporre l’idea giusta, al momento giusto, nel luogo giusto, è qualcosa non da poco. Fortuna, ma anche tempismo. Perché alle volte è proprio e solamente una questione di tempismo.

Copertina di Strade Nascoste e non solo

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La copertina ha la sua parte per quanto riguarda un romanzo, dato che è la prima cosa che il possibile lettore vede di esso: in pochi istanti deve comunicare quello che è scritto nelle pagine, trasmettere il messaggio che l’autore vuole comunicare e soprattutto deve mantenere quanto in pochi istanti ha trasmesso. Perché non ci si deve trovare nella condizione, come spesso accade, di vedere delle belle copertine e poi trovarsi ad avere a che fare con un testo deludente che non ha saputo dare compimento alle aspettative create; peggio ancora, trovarsi davanti delle copertine che non c’entrano assolutamente nulla con l’opera.
Pertanto la sua scelta è qualcosa d’importante, da non sottovalutare.
Ma che cosa si può fare se non si è una grossa ce che può investire su artisti come Michael Whelan, specie in ambito fantastico?
O sì è dei bravi disegnatori, o si hanno degli amici che sono bravi disegnatori o si paga un bravo disegnatore.
Oppure si sfruttano le proprie capacità.
Nel mio caso, il fare fotografie.
Strade NascosteMi piace fotografare, è un hobby che ho da diverso tempo (in questo articolo avevo scritto che cosa può spingere a fare foto; o forse si tratta di un brano di un’opera non ancora pubblicata) e che mi è tornato utile per la realizzazione della copertina di Strade Nascoste. La scelta è caduta sulla montagna innevata perché nel romanzo i protagonisti si ritrovano davanti a uno scenario del genere, in un momento che sarà il punto di svolta delle loro vicende. Questa immagine riesce a trasmettere la fredda e ruvida bellezza del paesaggio, suscitando allo stesso tempo sentimenti di meraviglia e fascino, ma anche trasmettendo quello che si prova nel trovarsi dinanzi a qualcosa di più grande dell’uomo, proprio come succede ai personaggi dell’opera.
Questo deve fare una copertina: comunicare.
Anche per le altre copertine che ho realizzato è stato così: basta andare alla pagina Opere personali e articoli per rendersene conto.
In Inferno e Paradiso ho unito due foto di nuvole , una con le sfumature del tramonto e una con il sole alto nel cielo per creare il contrasto di colori tra rosso e bianco e rendere la contrapposizione che si ha nella concezione di Inferno e Paradiso.
Con Non siete intoccabili ho modificato la foto scattata a un fulmine mettendola in negativo e poi sfocandola per conferire un’atmosfera indefinita e spettrale, cupa, proprio come lo è il romanzo.
La copertina di Per sempre ha necessitato di un poco di costruzione. La scena è stata preparata (fogli, boccetta di vetro, candela accesa, ambiente buio). La macchina fotografica è stata montata su un treppiede, impostata con le giuste regolazioni di esposizione e l’inquadratura scelta (di me si doveva vedere solo la mano), si sono scelte le modalità in bianco e nero e l’autoscatto. A quel punto mi sono sistemato sulla sedia, preso tra le dita la penna (di poiana) e aspettato che lo scatto avvenisse: in questo modo ho creato l’immagine perfetta del centro del racconto dedicato ad Edgar Allan Poe.
L’immagine del volo del rapace in Lontano dalla Terra riesce perfettamente a esprimere il senso del racconto, così come è emblematica la copertina di Il Seme, rappresentazione della vita nuova che viene alla luce.
L’immagine usata per Il Baluardo è stata rielaborata per conferire toni cupi, di minaccia; nel racconto non ci sono castelli, ma quanto si vede vuole essere il simbolo di qualcosa che si eleva a difesa, che si frappone alla minaccia.
Anche per altri lavori che ho realizzato (L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone) ho già realizzato le copertine, ma di questo ne parlerò un’altra volta.

Archetipi - La grotta

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IMG_5232La grotta è un simbolo, un archetipo potente. Come la foresta, in tante culture e religioni è stato un luogo iniziatico dove avveniva il cambiamento, la maturazione dell’individuo che si addentrava al suo interno. Nella concezione comune occidentale, l’iniziazione è la cerimonia con cui nelle società arcaiche o antiche, gli adolescenti venivano ammessi alla cerchia degli adulti, oppure la cerimonia con cui, in ogni tempo, si viene ammessi a particolari culti, sette, ordini o a loro superiori gerarchie (1). Ma di un altro significato dell’iniziazione si trovano abbondanti tracce nelle Scritture, nelle fiabe, nei miti e anche in numerose opere narrative che alle Scritture Sacre e ai miti sono sorprendentemente affini. In queste altre iniziazioni il ruolo dell’infanzia appare ribaltato, l’io bambino non è ciò da cui occorre liberarsi, ma il fulcro di una rivelazione. Mai ne risulta un’integrazione dell’iniziato alla sua collettività, alla generazione precedente alla sua o alle gerarchie degli anziani. Egli diviene invece libero ed eccezionale, spesso ribelle, il più delle volte eroe e ogni tanto re; diverso, comunque, dagli adulti ordinari. (2)
E’ da questo punto che si può osservare che la grotta è uno di quegli elementi dove l’individuo affronta le proprie paure, incontra in un qualche modo una sorte di morte rituale e viene a contatto con un Aldilà dal quale impara verità, segreti, rivelazioni che lo portano a essere più di quello era prima. Tali luoghi hanno un forte fascino e attrazione verso l’individuo, che si sente spinto ad addentrarsi nelle sue tenebre, di scendere nelle sue profondità probabilmente perché è la materializzazione, la proiezione del meccanismo di conoscenza che l’uomo fa verso se stesso quando si addentra nel suo inconscio, nella parte di sé che non conosce e che è ancora oscura.
Secondo Carl Gustav Jung la grotta è una delle rappresentazioni dell’archetipo della Grande Madre: la magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l’istinto o l’impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l’abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l’ineluttabile. Spesso viene associata a uno dei luoghi di procreazione o di nascita, rappresentazione dell’utero femminile da cui sorge la vita. Non è un caso che in molte versioni del racconto della sua nascita, Gesù Cristo venga fatto nascere all’interno di una grotta, al freddo e al gelo, riscaldato dal fiato e dal calore del corpo di un bue e un asinello (altri simboli potenti): si tratta di una delle rappresentazioni più forti che stanno a rappresentare l’importanza della riscoperta del Bambino, del ritornare all’inizio (da qui il nome iniziazione), del riscoprire quanto è andato perduto durante l’esperienza di vita avuta.
Altra storia molto potente con al centro una grotta è quella di Aladino. Il giovane venne portato da un mago a una caverna perché vi entrasse (il varco era stretto e poteva passare qualcuno di piccolo, come un ragazzino) e riportasse la lampada in essa custodita; al suo rifiuto, venne rinchiuso al suo interno. Aladino rimase nella grotta al buio e in silenzio per tre giorni (proprio come Gesù rimase per tre giorni nel sepolcro, anche qui una grotta, dopo la sua crocefissione e morte prima di uscirne risorto), fino a quando riuscì a uscirne con l’aiuto di un jinn apparso dallo sfregare l’anello (un talismano) datogli dal mago per entrare, scoprendo che la lampada era un talismano altrettanto potente che evocava un jinn al suo servizio. Da questo momento il giovane vivrà molto avventure straordinarie, piene di portenti e magie, fino a quando diverrà sultano.
La storia, come altre storie simili, sta a indicare lo svelamento del proprio vero io, delle capacità nascoste di cui fino a quel momento si era ignorata l’esistenza, la scoperta, documentata dagli antichi testi sacri, del due che diventa uno, del mondo materiale e spirituale che collaborano per dare forma a un’energia che dà il via a creazioni e cambiamenti.
Facendo un altro esempio, anche Giuseppe d’Egitto, come Aladino, ebbe le sua iniziazione nell’adolescenza quando i fratelli maggiori lo buttarono in fondo a un pozzo (ha la stessa funzione della grotta) e poi venne venduto e condotto in Egitto, dove nella prigione (di nuovo, stessa funzione della grotta) scopre la sua capacità d’interpretare i sogni e da lì cresce poi in gloria e potenza, divenendo una delle figure più influenti del paese. Stessa cosa succede con Giona quando uscì dal ventre della balena che l’aveva inghiottito (identia cosa accade a Pinocchio), dove il buio altro non rappresenta che la maschera del non sapere. E quando si esce da questo buio, si è diventati qualcosa di nuovo.

Non va dimenticato il famoso mito della caverna che Platone nella Repubblica usò per spiegare il complesso concetto di idea, ovvero che le idee sono le forme eterne, immutabili di tutto ciò che ci circonda (dagli oggetti inanimati agli esseri viventi, a noi stessi). Sono idee anche alcuni concetti astratti come la Virtù, il Bene. Esiste un mondo delle idee (iperuranio), reale, immutabile, eterno. Il nostro mondo, fenomenico, è una “copia” imperfetta del mondo delle idee. Nel racconto, in una dimora sotterranea, in forma di caverna, con l’entrata aperta alla luce e larga quanto tutta la caverna,… uomini, che vi stanno dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, così che devono star fermi e possono vedere soltanto in avanti, incapaci, per la catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana, brilla alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corre rialzata una strada. Lungo questa… un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti agli spettatori per mostrare al di sopra i burattini… Platone, La Repubblica (L. VII, 514).
Platone paragona la situazione di noi uomini a quella di un gruppo di schiavi in una caverna; incatenati, essi non possono voltare il capo e vedono sulla parete di roccia ombre proiettate da figure mosse da burattinai; poiché i burattinai parlano tra loro, gli schiavi attribuiscono le voci alle ombre che di fatto considerano come oggetti reali. Lo schiavo liberato, che può uscire dalla caverna, è abbagliato dal Sole: se gli si mostrano gli oggetti di cui prima vedeva le ombre, dicendogli che essi sono reali, rimarrà assai dubbioso e tenderà a considerare più reali le immagini che ha per tanto tempo visto sulle pareti della caverna
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1. Il Mondo Invisibile. Igor Sibaldi. Frassinelli 2006, pag.28
2. Il Mondo Invisibile. Igor Sibaldi. Frassinelli 2006, pag.29
3. Il grande libro della Grecia. Giorgio P.Panini. Arnoldo Mondadori Editore 1987, pag.176, 177