Devilman è il capolavoro realizzato da Go Nagai nel 1972. Una storia densa, cruda, violenta, che va a sondare il lato più oscuro dell’uomo e per farlo usa figure ben presenti nella mitologia e nelle religioni: i demoni.
La storia ha inizio quando il timido e tranquillo Akira Fudo viene coinvolto dall’amico Ryo Asuka nelle scoperte fatte dal padre archeologo di quest’ultimo. Da quanto scoperto grazie a un artefatto dai poteri soprannaturali, milioni di anni prima della comparsa dell’uomo, quando ancora c’erano i dinosauri, esisteva una razza ancora più forte e pericolosa che dominava la Terra: i Demoni, creature che per divenire più potenti si fondevano con altri corpi, quali quelli di animali, piante e loro simili.
L’improvviso cambiamento del clima e l’arrivo delle glaciazioni pose fine alla storia dei demoni, ma non li distrusse: semplicemente li ibernò. E il loro ritorno, con l’umanità all’apice della sua cultura, si sta facendo prossimo. Già in altre occasioni la razza umana ha avuto contatti con essi, altrimenti non si spiegherebbero tanti miti e storie presenti nelle varie religioni sui demoni, ma questa volta tali creature stanno riapparendo per riprendersi quella Terra che avevano dominato milioni di anni fa, facendo divenire gli uomini il loro nutrimento.
Di fronte a tale sconvolgente scoperta, Ryo propone ad Akira una soluzione estrema: attraverso un sabba, cerimonia necessaria per far giungere i demoni e annullare la razionalità umana d’ostacolo alla possessione demoniaca, assumere il controllo del corpo di uno di quei mostri per avere la forza necessaria per sopravvivere. Spinto anche dall’attacco dei Demoni all’edificio nel quale si sono rifugiati, Akira accetta la proposta dell’amico: il rito ha successo e prende possesso di uno dei Demoni più potenti, Amon, acquisendo la forza del suo corpo, ma mantenendo il suo cuore umano, divenendo così Devilmen. Ryo invece non viene posseduto da nessuno di quei mostri.
Comincia così per Akira una nuova vita, vedendolo mutato anche nel carattere: non più timido ma spavaldo, non più rifuggente gli scontri, ma anelante la violenza. Soprattutto vede iniziare la sua lotta contro i demoni che sempre in maggior numero cominciano a comparire nel mondo e a nutrirsi di esseri umani, divenendo loro acerrimo nemico e attirando ben presto il loro odio e la loro sete di vendetta per quello che ritengono un tradimento. Si ha così la tremenda lotta con Ghelmer, demone dell’acqua, e Agwell, ambasciatore infernale, che si conclude con una della battaglie più famose e cruente del manga, quello con l’arpia Siren.
Questo è solo l’inizio della discesa nell’inferno in cui la sua vita e il mondo stanno per sprofondare. Perché i demoni oltre che forti sono subdoli e colpiscono in quella parte che ritengono più debole: gli affetti cui è legata la sua umanità. Si ha così il tentativo del Generale demone Zahn, per eliminarlo, di possedere, tramite dei ragni, i suoi compagni di scuola, nonché quello ancora più bastardo del demone tartaruga Jinmen, che divora le persone ma che rimangono ancora vive con i loro volti impressi sul suo guscio. Akira in questo scontro si trova in difficoltà perché colpire il demone significa uccidere le persone divorate dal demone e tra queste c’è una bambina sua amica; una delle battaglie più tristi e strazianti, soprattutto quando la piccola Sachiko gli rivela ormai di essere solo un cadavere, di non poter più giocare con mamma e papà, che tutto quello che voleva era vivere, e in un ultimo grido lo esorta a uccidere Jinmen, perché tanto è morta.
Come è toccante e straziante la storia del piccolo Susumu, l’amico di Tare (il fratello di Miki, la ragazza di Akira), dimostrazione di come in un mondo allo sfascio non ci sia più spazio per sentimenti e legami, nemmeno tra genitori e figli. In un clima sempre più claustrofobico e di terrore, le persone si fanno possedere dalle fobie e ogni traccia di civiltà e razionalità scompare, specie dopo l’attacco del Re Demone Xenon. Con la scoperta dei demoni e il fatto che si nascondono in mezzo alle persone con le loro stesse sembianze, comincia una vera e propria caccia alle streghe, con reparti speciali d’inquisizione che per scovare i mostri prendono a torturare e massacrare chiunque è sospetto. Posseduta dalla paura e dalla follia, la razza umana dà il peggio di sé, mostrando i suoi lati più oscuri, e cominciando così a sterminarsi da sola.
Malgrado la sua forza, Akira non può che osservare atterrito lo svolgersi degli eventi, rimanendo sconvolto dinanzi alla scoperta che in realtà l’amico Ryo non è altro che Satana (che ne ha preso il posto due anni prima al suo risveglio dall’ibernazione nel quale volutamente era caduto) e che quanto sta accadendo non è altro che il suo piano per riappropriarsi della Terra. Fattosi ipnotizzare dal demone Psycheogenie per perdere la memoria, Satana assunse sembianze umane e visse tra gli uomini per studiarne la psiche e scoprirne i punti deboli per usarli contro di essi; un piano quasi perfetto, se non ché l’angelo caduto, essendo ermafrodito, non s’innamorò di Akira e volle salvarlo dalla distruzione del genere umano sacrificando Amon. A causa della sua lussuria, Satana si ritrova a combattere contro Akira e le schiere dei Devilmen che ha radunato.
Un Akira che ha perso tutto. I Makimura, la famiglia che l’ha accolto, accettandolo per quello che è, torturati a morte dagli inquisitori. Miki e Tare fatti a pezzi da una folla di persone impazzite dopo una strenua resistenza nella propria casa. Gli uomini che aveva promesso di proteggere divenuti peggio delle bestie, divenuti come i demoni contro cui ha combattuto.
Con la scomparsa della razza umana, inizia l’armageddon, lo scontro finale tra demoni e devilmen. Un finale che vedrà l’ultimo confronto tra Akira e Ryo, tra amore e odio, tra angelo caduto e demone dal cuore umano. Un finale, con l’arrivo degli angeli già intervenuti per fermare la Russia caduta tra le mani dei demoni, che non lascia spazio a nessuna gioia, a nessuna speranza.
Cupo, visionario, Devilman è un manga con una trama che affonda (oltre a rifarsi al lavoro precedente di Go Nagai, Mao Dante) nel mito e nelle religioni, soprattutto quella cristiana. Non pochi sono i riferimenti biblici: la Russia colpita dagli angeli ricalca in pieno la fine delle città di Sodoma e Gomorra (con le persone che vedono la luce divina tramutarsi in sale come accadde alla moglie di Lot) è tra quelli più evidenti, ma non si può non notare come l’autore si sia ispirato alle incisioni di Gustave Dorè della Divina Commedia. Ma Devilman non è solo questo: mostra e ripropone, rivisitandoli, i momenti più bui della storia umana, riuscendo in pieno a cogliere lo spirito di quei tempi. Devilman riesce ben a sottolineare le psicosi della specie umana, mostrando come reagisce quando ha a che fare con la paura, fin dove si spinge quando ha a che fare con il diverso. Soprattutto mostra come gli uomini sono influenzabili e si fanno manipolare da chi è al potere e controlla l’informazione: la maggior parte delle persone uomini non ricerca la verità, ma obbedisce a chi sta in alto, facendosi strumentalizzare dalle sue parole, perché chi è al comando sa su quali punti far leva per ottenere ciò che vuole, come viene ben mostrato da Ryo/Satana. L’inquisizione, la caccia alle streghe, il nazismo (per fare alcuni esempi) hanno sempre giocato sul fatto che il diverso fosse il male e per questo andasse eliminato, invece di cercare di comprenderlo: facendo leva sulla paura, sull’odio, sulla violenza, sulla crudeltà insiti nell’animo umano, in tutta la storia c’è sempre stato chi ha portato dolore e sventura all’intera razza umana.
Go Nagai con il suo Devilman riesce a mostrare tutto questo e non si esagera asserendo che si è di fronte a un capolavoro. Certo il tratto del disegno è quello degli anni settanta (anche se si vede un miglioramento, una maggior cura dei dettagli con l’avanzare delle tavole, osservando una gran differenza tra i primi disegni e gli ultimi), ma risulta essere una di quelle opere che andrebbero lette e non solo dagli amanti dei fumetti e a chi gli piace leggere, ma da chiunque, perché è uno specchio per comprendere il presente in cui si vive.
Commenti recenti