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La violenza non è una questione di sesso

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Le violenze che stanno accadendo ora alle donne (stupri, botte, omicidi) sono qualcosa di allucinante, allarmante e purtroppo sempre più dilagante. Un segnale della totale mancanza di rispetto per loro e per la vita. Purtroppo in giro si sente dire che è qualcosa che c’è sempre stato, che la storia è costellata di stupri e violenze sulle donne, ma una cosa, anche se perpetrata nel tempo, non è qualcosa di normale, a cui ci si deve abituare: una cosa sbagliata rimane sbagliata sempre e comunque, nel passato, nel presente e nel futuro. Si sente anche dire che se gli uomini fanno certe cose è perché sono stati provocati dalla femminilità, dagli atteggiamenti, dal modo di vestire delle donne: un ragionamento assurdo, che dimostra come, in un sistema e modi di fare sempre più folli e degenerati, si voglia far passare per normale ciò che normale non è. Cercare di sminuire un crimine, come spesso si fa in Italia, è qualcosa di totalmente sbagliato. Uomini che commettono simili reati non possono avere giustificazione e vanno condannati.
violenzaÈ facile (o almeno dovrebbe esserlo) giudicare la violenza quando è così immediata; più difficile quando è qualcosa di più sottile. Ci sono violenze verbali, psicologiche che hanno lo stesso potere distruttivo di una violenza fisica: anch’esse sono violenze e le donne le subiscono costantemente.
Ma non sono le uniche a subire simili violenze: ormai tutti nella nostra società le subisco. E le donne alle volte sono le fautrici di queste violenze, perché non esiste un sesso che è carnefice e l’altro che è vittima (anche se certe notizie fanno più scalpore di altre): non è il sesso di una persona che rende carnefice, ma come decide di vivere, quali scelte fa, quale morale (o nessuna morale) vuole seguire.
C’è un brano di Parole di Luce di Brandon Sanderson che fa riflettere su simile condizione:
Usare un viso affascinante per indurre gli uomini a fare ciò che vuoi non è diverso da un uomo che usa i muscoli per costringere una donna a fare come vuole lui. Entrambe le cose sono spregevoli e verranno meno con il passare dell’età.” (1)
Alcuni potrebbero obiettare che si tratta di due cose differenti, che non c’è paragone, che non si possono mettere sullo stesso piano. Alcuni potrebbero obiettare che nel caso delle donne si tratta d’intelligenza (a differenza degli uomini che sono considerati brutali a usare la forza fisica), perché usano le proprie caratteristiche per emergere, perché debbono fare così perché altrimenti verrebbero schiacciate in un mondo forte, loro che sono deboli e debbono fare in un qualche modo per riuscire a prevalere. Ma questo è un ragionamento offensivo, che manca di rispetto all’individuo, perché prima di essere uomini o donne si è individui, e di questo spesso ci si dimentica. La verità è che tutto ciò che spinge a far fare qualcosa all’altro contro la sua volontà, in qualsiasi forma esso si presenti, è da considerarsi una violenza. Su questo bisognerebbe riflettere e prendere coscienza.

1. pag. 255 di Parole di Luce. Brandon Sanderson. Fanucci 2014

Varie e news su Brandon Sanderson

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Su Letture Fantastiche è stata pubblicata la recensione dei primi due libri della saga degli Eliminatori (Steelheart e Firefight) di Brandon Sanderson, che riprende quanto avevo già scritto sul mio sito.
Per quanto riguarda il terzo capitolo, Calamity, la pubblicazione italiana dovrebbe avvenire indicativamente fine estate/inizio autunno (settembre), arrivando qualche tempo dopo quella americana.
In prossimità di arrivo pure il terzo volume della Serie Wax e Wayne legata al mondo Mistborn (i primi due, Mistborn: Shadows of Self e Mistborn: Bands of Mourning, sono usciti rispettivamente nell’ottobre 2015 e nel gennaio 2016).
Per l’estate 2016 è in arrivo anche il quinto volume della serie Alcatraz (mai pubblicata in Italia), Alcatraz versus the Dark Talent.
White Sand di Brandon SandersonSempre per il 2016 dovrebbe essere in arrivo il secondo volume della serie Il Ritmatista, The Aztlanian.
Ma il lavoro del prolifico scrittore non si arresta ai soli romanzi: è stata terminata la graphic novel White Sand (in uscita in America il 28 luglio il primo volume di tre, data la grandezza dell’opera): Sanderson è molto soddisfatto di quanto svolto dal team (Dynamite, Rik Hoskin, colui che ha adattato la storia, l’artista Julius Gopez, il colorista Ross Campbell, il letterista Marshall Dillon, e l’editor Rich Young).
Questa la sinossi: “Sul pianeta di Taldain, i leggendari Maestri della Sabbia sfruttano i poteri arcani di manipolare la sabbia in modi spettacolari. Ma quando vengono massacrati in una sinistra cospirazione, il più debole di loro, Kenton, crede di essere l’unico sopravvissuto. Circondato dai nemici, Kenton forgia un’improbabile società con Khriss-un misterioso Darksider che nasconde segreti su se stesso.”

Dulcis in fundo, Sanderson fa sapere che il lavoro sul terzo volume delle Cronache della Folgoluce sta procedendo: si tratta di un romanzo molto lungo, diviso in cinque parti. Al momento è al 60% sulla seconda parte, che assieme alla prima, risulta essere quella più lunga (le altre sono più brevi); secondo una sua stima, è circa a metà dell’opera e spera di concludere il lavoro per la fine del 2016, con rilascio dell’opera nel 2017.
Non c’è che dire: di carne al fuoco ce n’è.

Il Ritmatista

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Il RitmatistaSu Letture Fantastiche è possibile leggere la recensione che ho fatto su Il Ritmatista, ultimo romanzo pubblicato in Italia da Brandon Sanderson. Il giudizio dato è positivo: è uno young adult bello, ben strutturato e che non scade in banali atteggiamenti adolescenziali presenti in molti romanzi del genere (come succede anche in un’altra serie realizzata dall’autore, la trilogia dedicata agli Eliminatori). Buona la trama, il sistema magico e la caratterizzazione dei personaggi; con poche pennellate Sanderson riesce a creare un quadro coinvolgente e credibile, dando vita a un’ambientazione che ricorda quella di fine Ottocento, sia nel modo di vestire, sia nella tecnologia usata, solo che in questo caso non si usa olio o petrolio per le lampade o vapore per far muovere i treni, ma tutto funziona grazie a un complesso sistema d’ingranaggi. Per chi vuole approfondire, lascio il resto alla lettura dell’articolo.
Qui invece voglio approfondire la questione della fascetta presente in Il Ritmatista, di cui ho già parlato nel pezzo, ma in cui non mi sono addentrato perché questa si tratta di una riflessione personale e che esula dal giudizio oggettivo che deve essere una recensione su un prodotto. Nell’articolo ho scritto che le fascette alle volte possono far avere un risultato opposto di quello voluto, ovvero spingere il lettore a non comprare il volume perché infastiditi dalle affermazioni che si leggono: non è stato il mio caso, perché, conoscendo il modo di scrivere dell’autore, non mi soffermo su quello che leggo sulle fascette per valutare le sue opere, però ne sono rimasto infastidito.
Sì, alle volte le affermazioni che si leggono infastidiscono perché sono stupide, sparate sensazionalistiche che sembra quasi che considerino i lettori degli sprovveduti che sono ignari di tutto e credono a tutto; è vero che il fantasy è un genere di nicchia, che Sanderson può non essere conosciuto come altri suoi colleghi, ma fare certe affermazioni è irritante. Non si può paragonare Sanderson a Stephen King e J.K.Rowling, dato che scrivono cose molto diverse, avendo approcci molto diversi. Rowling è divenuta famosa grazie alla saga di Harry Potter e ha avuto un successo planetario, ma questo non significa che sia migliore di Sanderson, anzi: Sanderson ha un’immaginazione molto più ampia e variegata, ha dimostrato di saper scrivere ottimi libri con diverse ambientazioni (cosa in cui Rowling ha fallito). Soprattutto, ha dimostrato di saper caratterizzare i suoi personaggi e di creare trame coerenti e prive di buchi narrativi, cosa che non è riuscita alla scrittrice inglese.
Il paragone poi con King è pietoso. I due scrittori scrivono storie e hanno approcci totalmente differenti, quindi fare un confronto tra i due è quasi improponibile. Forse è proprio questa la cosa che mi ha dato più fastidio. O forse il fatto che avevo appena terminato la rilettura di quel capolavoro che è It; sarà un’associazione strana, ma quanto letto ha fatto sorgere un paragone tra It e Il Ritmatista, due opere totalmente diverse, con un approccio e uno scopo che non potrebbero essere più lontani. Inutile dire che, per quanto il romanzo di Sanderson mi sia piaciuto, ne uscirebbe completamente perdente dal confronto con l’opera di King.
Come già scritto nella recensione, un consiglio agli addetti ai lavori, che pensano e decidono su come proporre un prodotto: evitare di usare le fascette. Si farebbe un favore all’autore e all’opera che ha realizzato.

Saghe fantasy famose

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Anomander Rake, uno dei protagonisti di Il Libro Malazan dei Caduti di Steven Erikson, una delle saghe fantasy più conosciuteIl fantasy negli anni scorsi ha avuto il suo periodo di maggior diffusione, questo grazie al grande successo dei film di Peter Jackson su Il Signore degli Anelli: come conseguenza, molte nuove opere di tale genere hanno visto la luce sugli scaffali delle librerie, dato che le case editrici hanno voluto sfruttare il mercato che si è andato creando. Sembrava che per il fantasy ci fosse una ribalta in Italia, ma questo non è avvenuto a causa di mancanza di conoscenza, preparazione e organizzazione: il genere non è stato conosciuto a dovere da chi pubblicava, realizzando prevalentemente opere che si adattavano alla moda ma che non davano qualità, e così si è persa l’occasione di dare risalto a un genere spesso sottovalutato e che è ritornato a essere di nicchia. Certo, alcune opere hanno avuto dopo quel periodo una buona diffusione lo stesso (ma si tratta sempre di autori stranieri), come la saga di Geralt di Rivia di Andrzej Sapkowski e Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin (che aveva però già un suo seguito e un buon numero di vendite in Italia), questo grazie al successo dei videogiochi dedicati al primo e della serie televisiva dedicata al secondo. Tutto questo non sorprende: già alla fine degli anni Novanta, i romanzi basati sui mondi di D&D (es. Forgotten Realms) avevano avuto il loro periodo di gloria grazie ai videogiochi creati dalla Black Isle (la serie Baldur’s Gate, per citarne una).
Come si può vedere, la maggior diffusione di certe opere fantasy è data al successo che hanno avuto in altri settori. Di certo questo aiuta (si veda il grande risalto avuto dalla saga di Harry Potter di J.K. Rowling grazie ai film), ma non significa che senza di esso un’opera non possa trovare grandi consensi: basta pensare alla serie di Shannara di Terry Brooks,  a La Ruota del Tempo di Robert Jordan (conclusa alla sua morte da Brandon Sanderson) e a Il Libro Malazan dei Caduti di Steven Erikson.

Questa è l’introduzione dell’articolo che ho scritto e pubblicato su Letture Fantastiche, nel quale analizzo brevemente i punti di forza e quelli deboli di alcune delle saghe fantasy più famose: Shannara di Terry Brooks, Geralt di Rivia di Andrzej Sapkowski, La Ruota del Tempo di Robert Jordan, Harry Potter di J.K. Rowling, Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, Il Libro Malazan dei Caduti di Steven Erikson, La Torre Nera di Stephen King.

Firefight

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Firefight di Brandon SandersonFirefight è il secondo volume della serie degli Eliminatori scritta da Brandon Sanderson e siccome si parla dell’edizione tradotta in italiano, occorre subito fare un precisazione perché chi legge la copertina non venga fuorviato da questa frase: “Lo scontro tra le forze del buio e coloro che anelano la luce è appena cominciato”. Non ci sono forze del buio e forze della luce, non esiste nei romanzi di Sanderson una distinzione così netta tra bene e male; c’è la lotta tra gli Eliminatori e gli Epici, con i primi che si oppongono ai secondi per liberare l’umanità dalla tirannia di questi super esseri, ma questi ultimi non sono cattivi per scelta, i loro atti sono una conseguenza della corruzione dovuta all’uso dei loro poteri. Più gli Epici usano poteri per se stessi, più si allontanano dalla loro umanità, divenendo insensibili, spietati, brutali, completamente privi di morale e valori, salvo quello della supremazia sugli altri. Quindi, si ribadisce, gli Epici non sono forze dell’oscurità per scelta ma per conseguenza, soccombono a quella che viene definita oscurità, ma che in realtà è follia, corrosione della mente e dell’animo, come succede a chi subisce grossi traumi (per esempio i reduci di guerra). Inoltre gli Epici non sono divenuti tali per scelta (salvo sorprese nel prossimo romanzo), ma per avvento di Calamity (in questo romanzo si scopre qualcosa di più su cosa è, ma niente spoiler). Pertanto quanto riportato da Fanucci è fuorviante; d’accordo che si sarà reputato come un buon modo per attirare i lettori, ma è stato un reputare sbagliato e fatto male, che falsa la realtà del romanzo.
Dato che si è partiti con le critiche all’edizione italiana, si fanno subito notare i punti deboli di Firefight, gli stessi riscontrati in Steelheart, ovvero l’incomprensibilità di certi comportamenti in determinate situazioni: non è plausibile che una persona che sta per essere fulminata da una potente scarica elettrica si soffermi a guardare estasiato l’Epico che lo sta attaccando e pensi a quanto questo sia figo. D’accordo che questa serie è considerata young adult, ma c’è un limite all’adolescenzialità (e alla stupidità). Altro aspetto negativo, e che diventa fastidioso alla lunga, è il continuo usare metafore e similitudini da parte del protagonista (e non solo); il suo voler usare a tutti i costi questo modo di parlare diventa pesante e inverosimile.
Tolte queste pecche, Firefight si presenta come una buona lettura, ben strutturata, scorrevole, coinvolgente. Dopo lo scontro dei capitoli iniziali con l’Epico Sourcefield, la scena si sposta da Newcago a Babilor (Babilonia Rinata), quella che un tempo era Manhattan, con David, Tia e Prof che vi si recano per scoprire il motivo per cui Reagalia, l’Epico al comando, ha mandato diversi dei suoi simili a colpire gli Eliminatori. E’ chiaro a tutti che sotto c’è qualcosa, che può trattarsi di una trappola, ma il gruppo è deciso ad andare fino in fondo; senza contare che a Babilor c’è Firefight, la spia infiltratasi negli Eliminatori per ordine di Steelheart, di cui David è innamorato, convinto che lei non sia malvagia, che esista una possibilità che gli Epici non soccombano all’oscurità che ottenebra la loro mente. Su questo punto si deve scontrare con la risolutezza di Prof, convinto che Megan debba essere eliminata.
In un susseguirsi di scoperte, rivelazioni e combattimenti spettacolari, Firefight mostra una trama solida e piacevole, con Sanderson che per l’ennesima volta dimostra la sua capacità di creare mondi e ambientazioni: se in Steelheart Newcago era una città completamente d’acciaio, Babilor s’ispira all’antica Babilonia con i suoi giardini pensili, ricca di vegetazione dai sfrutti sgargianti che cresce all’interno dei palazzi grazie ai poteri di Dawnslight, anche se una buona parte della città è stata sommersa dalle acque controllate da Regalia (questo Epico domina all’apparenza meno duramente di Steelheart, pare più ragionevole e tollerante, e anche i suoi abitanti vivono in maniera più rilassata). Come nel volume precedente, anche in Firefigth sono variegati i poteri degli Epici incontrati dagli Eliminatori e particolari i loro punti deboli; molto interessante e ben congegnata la relazione che c’è tra questi ultimi e il passato dell’Epico, soprattutto i suoi traumi e le sue paure. Il finale ha un colpo di scena che fa presagire a un precipitare delle cose, ma allo stesso tempo lascia aperta la porta per la speranza e la possibilità di trovare una risoluzione alla piaga degli Epici.
Sanderson con Firefight dimostra la sua capacità di creare ambientazioni varie e particolari e storie con una trama solida e coinvolgente; non fosse stata concepita per un target d’adolescenti, la serie degli Eliminatori avrebbe potuto essere un’opera di maggiore qualità, intelligente e interessante, che purtroppo invece scade in certi momenti in banalità adolescenziali di cui si farebbe sinceramente a meno.

L’ultimo Impero di Brandon Sanderson

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L’ultimo ImperoL’ultimo Impero è il primo volume della trilogia Mistborn realizzata da Brandon Sanderson, seguito da Il Pozzo dell’Ascensione e Il Campione delle Ere. Sanderson mostra un mondo di cenere, avvolto dalle nebbie, diviso in Dominazioni, dove sono i nobili, sotto il pugno di ferro del lord Reggente, a comandare, anzi a spadroneggiare, e la maggior parte delle persone è succube del loro potere; tanti sono gli schiavi, costretti a vivere in condizioni miserevoli, sfruttati e percossi, senza alcuna prospettiva per il futuro, se non quella di lavorare sempre e di morire. Il mondo è stato sull’orlo della fine, ma in un qualche modo è stato salvato, solo che quello che doveva essere l’eroe è diventato il tiranno del nuovo mondo.
Sanderson crea un sistema di poteri fuori dal comune, che attingono la loro forza dai metalli; è questa la novità che immette in L’ultimo Impero, perché la storia che narra è qualcosa che esiste da sempre. Una tirannia che schiaccia le persone e le fa vivere male, dove tutto le è concesso e gli altri non hanno diritti; la popolazione vive rassegnata, ormai abituata, assuefatta alla sottomissione, come se fosse l’unico modo di vivere possibile. Si vive in un mondo grigio, senza speranza, almeno fino a quando non compare un uomo che dice che c’è un altro modo di vivere, che ci si deve ribellare alla tirannia. Il compito che si prende sulle spalle Kelsier sembra improbo, perché oltre a dover lottare contro le forze del lord Reggente (Inquisizione, soldati), deve combattere anche contro la mentalità rassegnata delle persone. Alcuni di questi nobiluomini lontani stanno scoprendo che degli skaa felici lavorano meglio di skaa maltrattati (1), è una delle tante frasi che usa per scuotere le persone schiave, per fargli anelare a una vita diversa. Ma le risposte che ottiene sono di chi è rassegnato alla sua condizione: “I nuovi sapori sono come le nuove idee: più invecchi, più sono difficili da digerire”, “Alcune battaglie non valgono la pena di essere combattute”, “Gli uomini come te predicano il cambiamento, ma io mi domando: questa è davvero una battaglia che possiamo combattere?” (2).
La bellezza e la forza di L’ultimo Impero, più che i poteri soprannaturali e gli scontri, è racchiusa nella sua trama e in Kelsier, vero e proprio fulcro del romanzo, perché esso racconta una storia dell’uomo che tante volte nei secoli si è vista: la ribellione a una tirannia, la lotta per la libertà, per una vita migliore. Perché nella storia c’è sempre qualcuno che si ribella, che dice basta con un sistema iniquo e ingiusto; come ci sono sempre tanti che si rassegnano ad accettare un sistema e una società iniqui, come se non ci si potesse fare nulla. Forse non è un caso che Sanderson abbia scritto un romanzo del genere nel contesto storico che si sta vivendo. Forse non è un caso che il suo romanzo colpisca e attiri l’attenzione con tanta forza, perché esso parla della vita, parla di una mentalità e un modo di vivere molto attuali. Viene subito in mente l’Italia, dove non si ha una tirannia, dove non ci sono schiavi (non in senso legale), ma dove si vive rassegnati, disposti ad accettare di tutto (a esempio nel mondo del lavoro), anche se si vive male, se le condizioni di vita peggiorano, se si perdono ogni giorno che passa i diritti, come se fosse qualcosa cui non si può fare nulla, quando invece si può fare tanto. Per questo, dinanzi a uno scenario quotidiano del genere, figure come Kelsier colpiscono tanto: perché c’è bisogno di esempi del genere, c’è bisogno di qualcuno che mostri che le cose possono essere cambiate e debbano essere cambiate perché sono ingiuste. La vita è molto di più di quella che potenti e governi vogliono far credere.

1- L’ultimo impero. Brandon Sanderson. Fanucci 2009, pag.22
2- L’ultimo impero. Brandon Sanderson. Fanucci 2009, pag.24

Mad Max : Fury Road

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Mad Max: Fury RoadMad Max: Fury Road mantiene le premesse non solo d’intrattenimento (il binomio belle donne/motori si conferma una ricetta di successo), ma anche lo spirito della prima trilogia, soprattutto del secondo film, cui trae molta ispirazione a livello di trama e di eventi.
Quando venne data la notizia di un quarto film sul guerriero della strada, non ne fui molto convinto, timoroso che la serie venisse rovinata, perdendo le caratteristiche che l’avevano fatta apprezzare in nome della spettacolarità (purtroppo reboot, remake, hanno fin troppo spesso dimostrato la loro mediocrità); è vero che il regista, George Miller, è sempre lo stesso, ma alle volte questo non è garanzia di qualità, dato che la verve può essere andata perduta (vedasi George Lucas con la seconda trilogia di Guerre Stellari) o si è adeguata alla commercialità (altro campo, ma si prenda l’esempio di Terry Brooks con le produzioni realizzate dopo il ciclo degli Eredi di Shannara).
Con piacere deve dire che il film è stato superiore alle attese. Adrenalinico, mai un momento di stanca, mai banale, teso, avvincente, è quasi alla pari con Interceptor – Il Guerriero della strada (il secondo film della serie ha un che di epico, di desolazione e perdita, che manca a Mad Max: Fury Road), la pellicola migliore girata da Miller. Certo non è perfetto. Tom Hardy non ha il carisma di Mel Gibson (in certi momenti non sembra altro che un bruto che sa a malapena parlare). Il motore V8 adorato come una divinità poteva essere evitato, così come certi riferimenti al Valhalla e alla morte gloriosa da trovare sulla strada. Ma si è in un mondo impazzito e si è voluto portare tutto all’estremo, dai mezzi agli antagonisti che inseguono il gruppo di fuggitivi. Ora non sono solo il carburante, l’acqua, il cibo, i beni più preziosi richiesti in un mondo desertico, ma anche chi non è contaminato, non ha patologie tumorali, deformazioni che ne condizionano la vita e perciò possiede sangue “puro” da usare per trasfusioni. Chi è sano viene catturato per essere usato come sacca donatrice di sangue, permettendo così di continuare a vivere a chi è malato. E’ così che Max si trova imprigionato e usato dai Figli della Guerra guidati da Immortan Joe, un despota che guida una cittadina ossessionato dall’avere dal suo harem di belle donne dei figli sani (e non menomati come quelli che ha già, uno un gigante ritardato, l’altro un nano deforme, che tanto ricordano il duo di Mad Max – Oltre la sfera del tuono, Master/Blaster).
Questo naturalmente prima che l’Imperatrice Furiosa (ottima l’interpretazione di Charlize Theron) non cerchi di raggiungere con una blindocisterna le Terre Verdi assieme alle donne cui Immortan tiene tanto e che vogliono essere finalmente libere. Dapprima Max è risoluto a pensare solo per sé e alla sua sopravvivenza, incarnando il perfetto esempio di solitario che non vuole più avere a che fare con gli altri e l’umanità (questo a seguito della perdita della moglie e della figlia), poi coinvolto nell’aiutare il gruppo disperato a trovare una speranza all’apparenza impossibile (e magari così facendo trovare quella redenzione capace di dargli un po’ di pace, come fa Nux, dapprima un Figlio della Guerra e poi eroe che si sacrifica per salvare i fuggitivi).
La maggior parte del film s’incentra sull’inseguimento della blindocisterna e la sua difesa da parte di Max e Fuoriosa (vera protagonista del film e capace di mettere da parte Max, relegandolo al ruolo di comprimario), che ricorda molto quanto visto in Interceptor – Il guerriero della strada (a Miller piace autocitarsi: già quando appare Valchiria, una delle Molte Madri, si sa che morirà durante il viaggio di ritorno alla cittadella combattendo contro gli uomini di Immortan, proprio come successo alla donna guerriera che fa parte del convoglio guidata da Max/Gibson).
Coma, the Doof Warrior, interpretato da iOTAVisivamente spettacolare, esplosioni, rombi di motori e sleghi di chitarra all’ennesima potenza (il personaggio di Coma, the Doof Warrior, interpretato da iOTA, è totalmente inutile, un tamarro di prima categoria, ma quando appare sullo schermo trascina lo spettatore con le sue movenze e la sua musica), lascia anche un po’ di spazio alla riflessione, oltre un messaggio di speranza per un mondo in rovina che può ancora riprendersi.

Ora due osservazioni a margine del film, che da esse prendono spunto.
Semmai ci sarà qualcuno che vorrà girare un film o una serie televisiva su Le Cronache della Folgoluce di Brandon Sanderson, è da contattare assolutamente chi ha realizzato gli effetti speciali di Mad Max : Fury Road: la tempesta di sabbia mi ha fatto subito venire in mente un’altempesta ed è stata fatta veramente bene, potente, distruttiva, impressionante. Magari Miller ha letto il lavoro di Sanderson e gli è talmente piaciuto questo elemento che ha voluto usarlo anche lui ;).
La scena in cui Furiosa, raggiunte le Molte Madri, scopre che la meta cui ha sempre cercato, le Terre Verdi, non esiste più, è praticamente la stessa in cui Guerriero scopre da Maestro che Luna Azzurra è qualcosa che non esiste: per entrambi c’è il crollo della speranza, l’infrangersi del sogno, la perdita della ragione di vita. Questo non vuol essere un mettere a paragone Mad Max: Fury Road con L’Ultimo Potere, né dire che uno ha preso ispirazione dall’altro (L’Ultimo Potere è del 2011 e Miller non ha certo preso spunto da qualcosa che non credo proprio sia di sua conoscenza), ma dimostrare che l’uomo, in forme e tempi diversi, narra le stesse situazioni, mostrandole ad altri perché la consapevolezza non vada perduta e sia d’aiuto agli altri per andare avanti.

Guida alla leggenda di Drizzt di R.A.Salvatore

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Guida alla leggenda di Drizzt di R.A.SalvatoreGirando per i mercati dei piccoli paesi, alle volte si possono incontrare delle occasioni: è così che su una bancarella ho potuto trovare a un prezzo davvero vantaggioso Guida alla leggenda di Drizzt di R.A.Salvatore realizzato da Athans Philip. Quando uscì non lo presi perché non particolarmente interessato (visto anche il prezzo di 27.50 E): ho letto diversi libri di Salvatore, sia dedicati alle serie del famoso elfo scuro sia alla serie del Demone, e li ho anche apprezzati (specie le prima trilogia di quest’ultima e quella dedicata agli elfi scuri), ma non al punto da essere spinto all’acquisto di un volume che mostra mondo e personaggi che già conoscevo. Di fronte però a un’occasione del genere (prezzo davvero irrisorio), non si può dire di no. Volumi del genere (come mi era già capitato con Il magico mondo di Shannara realizzato da Terry Brooks e Teresa Patterson, anche questo edito in Italia dalla vecchia Armenia) non aggiungono niente a quanto chi ha letto tutto di un autore già non sappia, tuttavia sono una lettura piacevole per chi vuole rivisitare luoghi che con l’immaginazione ha già conosciuto.
La cura dedicata a Guida alla leggenda di Drizzt (come per quella dedicata a Shannara) è buona: volume rilegato con copertina rigida, buona impaginazione, carta lucida di qualità. La Guida presenta un riassunto degli eventi dei volumi delle prime quattro serie: Trilogia delle terre perdute (Le lande di ghiaccio, Le lande d’argento, Le lande di fuoco), Trilogia degli elfi scuri (Il dilemma di Drizzt, La fuga di Drizzt, L’esilio di Drizzt), L’eredità di Drizzt (L’eredità, Notte senza stelle, L’assedio delle ombre, L’alba degli eroi), I sentieri delle tenebre (La lama silente, L’ora di Wulfgar, Il mare delle spade). Oltre a questo si hanno capitoli dedicati ai vari personaggi (principali e secondari), oggetti e bestie magiche, alle varie creature incontrate nei viaggi di Drizzt nel Sottosuolo e sui Reami, ai luoghi che ha visitato (ben fatte le mappe).
Sono soprattutto i disegni, veramente curati e dettagliati, a caratterizzare l’opera e a conferirgli quel tocco di qualità in più che rendono il volume meritevole d’essere preso, logicamente per chi è interessato al fantasy e alle opere di R.A.Salvatore. Sono passati gli anni in cui i romanzi dedicati ai Forgotten Realms hanno avuto il loro seguito (si parla di fine anni ’90 e i primi anni del 2000), grazie soprattutto all’uscita e al successo di videogiochi quali quelli della Black Isle, una divisione della casa di sviluppo e di distribuzione Interplay Entertainment, (vanno ricordate le serie di Baldur’s Gate e Icewindale, per quanto riguarda quelli inerenti i Forgotten Realms, oltre all’ottimo Planescape: Torment e ai primi due Fallout), ma c’è ancora chi apprezza questo genere di storie, piacevoli e gradevoli, anche se non originali, di stampo D&D, che non hanno la complessità di trame come quelle del mondo Malazan di Steven Erikson, della Folgoluce di Brandon Sanderson o della Ruota del tempo di Robert Jordan. Un lettore adulto può trovare queste storie semplici, con il puro scopo d’intrattenere (anche se c’è da dire che simili romanzi, con quello che è stato pubblicato in Italia nel periodo del boom del fantasy, sembrano dei prodotti d’ottima qualità dai temi profondi), ma tra esse ci sono storie davvero meritevoli d’essere lette, quali sono quelle della Trilogia degli elfi scuri; questa guida permette di farsene un’idea e magari invogliare a recuperare volumi che sono davvero buone letture. E se così non fosse, i disegni sono davvero un piacere per gli occhi.

Nuove versioni per Elantris e Parole di Luce di Brandon Sanderson

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Elantris di Brandon SandersonSul suo sito, Brandon Sanderson parlando di Elantris e delle Cronache della Folgoluce ha parlato della rielaborazione di Elantris e Parole di Luce (traduzione italiana del secondo capitolo della Folgoluce, Words of Radiance). Da quanto scritto dallo scrittore, il lavoro più grosso sarà fatto su Elantris, dando una nuova forma al romanzo in vista dei dieci anni dalla sua prima uscita. Come scrive sul sito, la nuova edizione comprenderà il racconto “La speranza di Elantris”, una nuova prefazione di Dan Wells, un’appendice Ars Arcanum (era l’unico dei miei libri del Cosmoverso a non averne uno), nuove mappe rifatte di Isaac Stewart, e una breve scena in più. Nelle mappe sono state spostate le posizioni di alcuni edifici ed eventi. Il finale è stato ottimizzato: gli eventi sono gli stessi, ma è stato modificato dove accadono; tutto questo non dovrebbe cambiare la storia. Sono state apportate alcune modifiche stilistiche per rimuovere alcune delle stranezze della precedente prosa.
Il rilascio di questa nuova versione dovrebbe essere intorno al 20 ottobre.

words of radiance di Brandon SandersonPer Parole di Luce le cose sono diverse: il lavoro sarà meno impegnativo, ma i cambiamenti, seppur minori, saranno più marcati (avvertenza per chi legge: a seguire ci saranno SPOILER sulla storia).Nello scontro finale tra Kaladin e Szeth, il secondo non sarà ucciso dal primo, ma dalla tempesta, questo per essere coerenti con il credo del Cavaliere Radioso, che è quello di proteggere, non di cercare vendetta. Nella nuova scena, Sanderson vuole mostrare l’esitazione di Kaladin nell’uccidere, ritenendola importante, perché si ricorda dei suoi giuramenti e perché si rende conto che Szeth vuole essere ucciso. Una scelta per Sanderson non facile, dato che questa scelta andrebbe a modificare la scena della resurrezione di Szeth, e del fatto che le Stratolame vive possono guarire l’anima, mentre invece quelle morte non ne hanno la capacità.

La decisione presa da Brandon Sanderson non è certo nuova, già altri scrittori hanno intrapreso questa strada. Rimanendo in campo fantastico viene in mente Stephen King con L’ombra dello scorpione (la nuova versione è un’espansione della prima versione pubblicata, avvenuta oltre dieci anni prima, aggiungendo quelle parti che erano state tagliate) e con L’Ultimo Cavaliere della serie della Torre Nera, tanto per fare qualche esempio.
Che queste scelte siano buone, sta al singolo lettore deciderlo: per chi non ha mai letto tali opere può essere un’occasione per scoprirle in una versione migliorata, per chi l’ha letto dipende (personalmente non sono per il riacquisto di opere che già possiedo, ma chi è patito e magari colleziona può essere motivo di felicità).
Ragiono invece sulla questione scrittore. Non condivido molto il modificare la storia una volta pubblicata e messa in vendita. Uno, per una questione di rispetto nei riguardi di chi ha già speso dei soldi per acquistare l’opera. Due, quando si procede per la pubblicazione, si deve avere la forma definitiva: se si hanno delle incertezze, è meglio chiarirle prima di dare il romanzo alle stampe.
Posso comprendere che in successive ristampe si correggano refusi che erano scappati alla prima edizione, ma non che si cambi la storia, perché questo modo di fare rischia di suonare come un modo per fare soldi e spingere i fan all’acquisto di qualcosa di diverso e perciò nuovo, anche se in verità è in gran parte lo stesso.
Un modo di fare del genere posso accettarlo da un autore che mette a disposizione gratuitamente un proprio lavoro e poi in seguito lo modifica magari anche grazie ai commenti ricevuti dai lettori. Come invece si è visto fare, risulta essere una decisione che può infastidire, perché uno scrittore deve avere le idee ben chiare di quello che vuole far leggere quando mette in vendita il suo lavoro.