I giornali sportivi (e non solo quelli), in questi giorni, invece di parlare della partita Napoli-Inter, parlano di quello che è successo tra i due allenatori. Riassumendo quanto successo, Mancini, allenatore dell’Inter, va a lamentarsi col quarto uomo per l’eccessivo recupero (5 minuti: recupero ingiustificato, dato che in campo non era successo nulla che avesse fatto perdere tanto tempo); la panchina del Napoli, senza motivo, lo comincia a prendere in giro, facendo subito seguire insulti che culminano con quelli di Sarri, l’allenatore dei partenopei, che gli urla contro “frocio!”, “finocchio!”. Mancini, a fronte di tali insulti, reagisce, ed entrambi vengono in seguito allontanati dall’arbitro.
Poteva finire lì, si sarebbe detto che i due allenatori erano stati espulsi e basta, ma Mancini ha voluto denunciare la cosa e portare a conoscenza di tutti quello che era successo. E a questo punto è scattata la bufera. Come succede spesso ed è naturale, c’è chi si è schierato da una parte o dall’altra. Ma qui non è più una questione di sport, non è questione di dire era rigore o era fuorigioco, il goal era da dare o il fallo non era da fischiare: qui si va oltre lo sport. Tanti, specie i napoletani, ma anche molti altri, si danno da fare per sminuire l’accaduto, anzi a dire che non è accaduto nulla, che sono cose di calcio, che è normale insultare, che Mancini ha sbagliato a denunciare la cosa, doveva stare zitto, lasciar correre. La tipica omertà che ormai si è radicata a fondo nel nostro paese, che fa passare per giusto ciò che è sbagliato, che ammette la denigrazione, il fregarsene delle regole, del rispetto degli altri, dell’educazione.
Tanti a dire che anche Mancini ha fatto uguale nel 2000 quando Mihajlovic rivolse un insulto razzista a Vieira (con una differenza: non fu Mancini a insultare, glissò sulla cosa, che però rimane comunque sbagliata, dato che certi comportamenti non vanno tollerati in nessun caso), che è un ipocrita, che è furbo e cerca di affossare il Napoli per fargli perdere lo scudetto (quando si dice che si scade nel ridicolo e grottesco), che è colpa sua se Sarri ha insultato e che Sarri ha fatto bene a dirgli quelle cose.
E’ chiaro che non è più una questione di sport.
E’ chiaro che ormai si è perso il senso della misura e di come comportarsi, di che cosa significano rispetto e dignità.
Ci si indigna, ma non ci si meraviglia di certo. Come si può, quando si ha un presidente come Tavecchio che insulta neri, ebrei e omosessuali e poi dice “beh, perché ve la prendete? Che cosa ho poi detto di male?” Come si può, quando si hanno politici che sviliscono tutto, sono arroganti, prepotenti e se ne fregano dei diritti delle persone (e ci si domanda sempre come può, gente che non mai lavorato e non sa che cosa sia lavorare, fare le riforme del lavoro)?
Siamo in Italia, il paese dove tutto è concesso, ma ora basta: basta con aggressioni, sfangate, insulti, disonestà, provocazioni. Basta con il due pesi due misure, basta con questo modo di fare tipicamente italiano che protegge chi svilisce, insulta e manca di rispetto; basta col premiare i colpevoli e farla pagare a chi rispetta le regole.
Le cose devono cambiare, ma purtroppo è qualcosa di quasi impossibile, dato che è un retaggio culturale trasmesso da anni, è una mentalità fortemente radicata in tanti. E non riguarda solo lo sport (e se ne era già parlato).
Francamente, di tutte questo cose e modi di fare, ci si è rotti le palle di brutto.
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