It è uno dei romanzi più famosi di Stephen King e anche uno dei migliori che lo scrittore ha realizzato.
La storia inizia nel 1957 nella piccola cittadina americana di Derry con una barchetta di carta, un tombino, un clown e un bambino ucciso brutalmente. Una morte violenta, ma che non è certo l’unica che deturba la quiete della comunità, come alcuni hanno modo di accorgersi. E quelli che si accorgono di quanto sta accadendo non sono altro che ragazzi poco più che bambini, un gruppo che si fa chiamare i Perdenti e che si ritrova unito in una lotta contro qualcosa di più grande di loro, un male che periodicamente si risveglia per nutrirsi e quando lo fa, fa dilagare la follia e la violenza di cui è portare. Ben Hanscom, Eddie Kaspbrak, Bill Denbrough, Richie Tozier, Stan Uris, Beverly Marsh, e Mike Hanlon sono gli unici a opporsi a It, l’essere spietato che, come scoprono, imperversa sulla Terra da tanto tempo con la sua presenza aliena. La cosa non va bene al mostro, che prende a perseguitare i membri del gruppo assumendo la forma delle loro paure più profonde, ma questo non basta a fermarli: scendono nelle fogne dove ha il suo rifugio e lo affrontano, sconfiggendolo ma non uccidendolo. I ragazzi temono che ritornerà e allora fanno un giuramento di affrontarlo nuovamente.
Passano 27 anni. Tutti hanno lasciato Derry e hanno avuto successo; tutti tranne Mike, che è rimasto nella cittadina ed è l’unico che non ha dimenticato il mostro e il passato: lui è la memoria del gruppo ed è quello che li ricerca per farli tornare e affrontare It, dopo che il mostro li ha messi fuori combattimento facendoli allontanare da Derry, e non più ostacolarlo, proprio con il successo delle loro vite. Uno di loro non reggerà a questo ritorno, ma gli altri andranno avanti nella lotta, perché sanno che non avranno un’altra possibilità per fermarlo.
Considerato il capolavoro di King, It viene ritenuto un romanzo horror, e lo è, ma è anche molto di più: è lo specchio della quotidianità, dove il vero orrore è nella realtà, nella società, in chi è vicino. It è il mostro che spaventa, uccide, (geniale dargli la forma di clown, perfetta incarnazione della follia e di ciò che in realtà si cela dietro la maschera), che si adatta a chi ha davanti prendendo le sembianze delle sue paure più profonde; ma la paura, quella vera, quella reale, è quella che si cela nei lati oscuri dell’uomo, che può emergere in qualsiasi momento, senza preavviso. Quella paura che blocca, che limita, che si aggrappa addosso e non lascia andare, che crea ossessioni, dipendenze, rapporti che sono dipendenze.
King, in questo romanzo corale, che vede la crescita di una generazione, mostra le paure dapprima di quando si è bambini, il non capire le cose, l’incomprensione con i genitori, l’essere schiacciati dalle loro attenzioni o tenuti a distanza per via dell’incomunicabilità che spesso c’è tra adulti e bambini, poi quelle da adulti con scelte sbagliate, fallimenti, tradimenti, sensi di colpa.
Ma c’è dell’altro: c’è quel qualcosa di speciale che si crea in un gruppo quando si è bambini, quella specie di magia, atmosfera particolare che è unica e che purtroppo con il crescere e diventare adulti si perde; è forse questo il tema più importante, e che King riesce così bene a mostrare, del romanzo: la perdita che avviene crescendo, quel qualcosa di unico che anche se non si vuole si lascia indietro. E’ forse questa la cosa che più spaventa e fa male, quella che crea il maggior rimpianto: It allora diventa un romanzo toccante e commovente, di grande potenza e strazio, perché fa davvero male guardarsi alle spalle e vedere cosa si è lasciato e perso e che mai più potrà tornare ed essere incontrato. Anche se nella parte conclusiva It lascia perplessi per lo scontro risolutivo (per lo più per il modo in cui avviene), questo non riesce a togliere la sensazione dolce e amara della perdita e del ricordo, perché altro tema fondamentale del romanzo di King è la memoria, quella memoria cui tanto spesso non viene data la giusta importanza e che la sua dimenticanza tanto male e dolore può far sorgere. Magnifico ed emblematico è il paragrafo che chiude il libro:
Si sveglia da questo sogno incapace di ricordare esattamente che cosa fosse, a parte la nitida sensazione di essersi visto di nuovo bambino. Accarezza la schiena liscia di sua moglie che dorme il suo sonno tiepido e sogna i suoi sogni; pensa che è bello essere bambini, ma è anche bello essere adulti ed essere capaci di riflettere sul mistero dell’infanzia… sulle sue credenze e i suoi desideri. Un giorno ne scriverò, pensa, ma sa che è un proposito della prim’ora, un postumo di sogno. Ma è bello crederlo per un po’ nel silenzio pulito del mattino, pensare che l’infanzia ha i propri dolci segreti e conferma la mortalità e che la mortalità definisce coraggio e amore. Pensare che chi ha guardato in avanti deve anche guardare indietro e che ciascuna vita crea la propria imitazione dell’immortalità: una ruota.
O almeno così medita talvolta Bill Denbrough svegliandosi il mattino di buon’ora dopo aver sognato, quando quasi ricorda la sua infanzia e gli amici con cui l’ha vissuta.
Piccola curiosità. Anche se si tratta di un dettaglio (viene citata la Tartaruga), anche questo libro è legato in un qualche modo alla serie della Torre Nera.
Penso che quel che rende un vero capolavoro questo romanzo, oltre a quello che hai detto tu, è proprio il fatto che dopo ben 28 anni gli amici mantengano la promessa e si riuniscano per combattere il “male” rappresentato da It. E’ come dire: a volte, nonostante tutto, si può restare fedeli alla propria infanzia e mantenere fede alla promessa fatta a quel bambino/a che eravamo. L’infanzia King la racconta meravigliosamente in tanti romanzi (per es. anche in “Il corpo”/Stand by me), ma quel che avviene in “It” è qualcosa di profondo e potente… a parte il fatto che ti fa trattenere il fiato per oltre mille pagine 🙂
E’ vero, anche in Stand by me viene ben mostrata l’infanzia: in It viene sviluppata meglio perché ha molto più spazio (romanzo contro racconto) 😉
It è tante cose: qualcuna sfugge perché c’è tanto da dire, altre si fa fatica a trovare le parole per descrivere quanto provato. Lo si può capire solo leggendo.