Into the legend è l’ultimo album dei Rhapsody of Fire che vede come cantante Fabio Lione e come batterista Alex Holzwarth. Realizzato nel 2016, fa decisamente un passo avanti rispetto al suo predecessore, Dark Wings of Steel, che era tecnicamente ben eseguito ma privo di quel mordente che aveva caratterizzato. Sia ben chiaro: siamo ben lontani dell’epicità e dalla bellezza di Symphony of Enchanted Lands, ma Into the Legend è un buon album, con alcuni pezzi molto validi. Into the Legend è proiettato verso il futuro, ma non disdegna ritorni al passato ed elementi tipici dei Rhapsody, come ben si può vedere in In principio, con la sua melodia corale in latino che ricorda in alcuni passaggi le sonorità di Symphony of Enchanted Lands II. Potente e trascinante Distant Sky, con le chitarre vere protagoniste. Into the Legend, la canzone che dà il titolo all’album, vede il coro dare il via al cantato, a cui risponde l’ottima interpretazione di Fabio Lione, vero protagonista della traccia mentre il sound risulta meno incisivo del precedente pezzo. Winter’s Rain ha un incedere potente ma lento, con il coro vero protagonista, maestoso ed epico; molto bella la seconda parte, lirica ed evocativa.
Più delicata e ariosa, che ricorda molto le ballate medievali, A Voice in the Cold Wind, che vede come protagonisti indiscussi gli strumenti a fiato. Una parentesi di calma prima che si riparta con l’aggressivo Valley of Shadows, con la stupenda voce di Manuela Kriskak che dà il via al cantato; un brano che a tratti fa venire i brividi per il crescendo finale.
Altro momento di pausa con la dolce e malinconica Shining Star, per preparare l’ascoltatore al finale. Si comincia con Realms of Lights, un buon pezzo ma che non regge il confronto con la successiva Rage of Darkness che comincia subito forte, incalzando con il suo ritmo e un’interpretazione di Lione coinvolgente; notevole il solo di basso, chitarra e batteria. La miglior canzone di Into the Legend.
Si giunge così alla lunga suite conclusiva, The Kiss of Life: diciassette minuti pieni di cambi d’atmosfera e melodie, dove ci sono praticamente tutte le sonorità che hanno caratterizzato l’album. Qualità sempre notevole, anche se non è la suite dei Rhapsody che è più facile ricordare.
Into the Legend si può dire che è un ritorno alla tradizione dei Rhapsody of Fire, dove barocco, celtico e cori lirici si fondono con il roccioso power metal. Non sarà l’album più famoso di questo gruppo, ma è un lavoro che merita di essere ascoltato.
A Voice in the Cold Wind l’ho ascoltato, non è male, ma le parti con la batteria martellante secondo me non si fondono bene con il resto (dove strumenti e ritmo sono più da antica ballata) del resto questo tipo di metal dobbiamo beccarcelo così com’è…
O piace o non piace: non ci sono vie di mezzo con questa band. A Voice in the Cold Wind non mi dispiace, anche se di questo brano ho preferito la parte più “semplice”, dove non ci sono batteria e chitarre. Un pezzo carino, ma che non arriva a Rage of Darkness, più evocativa e trascinante; il paragone però è sbagliato, dato che hanno approccio e melodie differenti.