Non esiste né è mai esistito un artista più vero di un bambino libero di fantasticare. Quella confusione di legnetti nella polvere, che un adulto prenderebbe a calci senza nemmeno badarci, sono in realtà le ossa di un vasto mondo, vestito e animato, di una fortezza, di una foresta, di una grande muraglia contro la quale si abbattono orde terribili e vengono respinte da un pugno di coraggiosi eroi. Un nido di draghi, e quei lucidi ciottoli levigati sono le loro uova, ognuna di esse la dimora di un futuro feroce, glorioso. Nessuna creazione è mai stata così gioiosamente trionfante e tutte le macchinazioni e manipolazioni degli adulti sono ricordi fantasma dell’infanzia e delle sue meraviglie, il maldestro accoppiamento con argomentazioni convincenti, obiettivi ragionevoli; e ogni facciata ha una storia da raccontare, una leggenda da osservare in stilizzato decoro. Le statue nelle nicchie esibiscono espressioni severe, indifferenti ai passanti. L’irreggimentazione governa queste menti rigide, immobili nell’abitudine e nella paura.
Trascinare i bambini a lavorare significa uccidere gli artisti, significa cancellare per sempre la meraviglia, il guizzo dell’immaginazione, bramosa come un passero di saltare da un ramo all’altro, e tutto viene schiacciato al servizio dei bisogni degli adulti e delle loro spietate aspettative. L’adulto che pretende tutto ciò ‘ morto dentro, svuotato dei colori brillanti della nostalgia, così soffici, così delicati, così colmi di desiderio dolce e al contempo amaro. Sì, un adulto simile è morto dentro e anche fuori. Cadaveri in movimento, colmi del risentimento che i defunti nutrono per tutto ciò che è ancora vivo, per ciò che è ancora caldo, che respirano ancora.
Questi esseri vanno forse compatiti? No, mai e poi mai, fintanto che trascinano orde di bambini in orrendi lavori, e poi consumano indifferenti i premi delle fatiche dei piccoli.
Questi esseri pasciuti osano lanciarsi in duri giudizi? Oh, c che sì. Un mondo costruito con un pugno di bastoncini può vocare lacrime nei piccoli occhi, mentre l’artista su mani e ginocchia canta canzoni senza parole, parla con mille voci e m figure invisibili nell’ampio panorama della tela della mente (fermandosi solo una volta per pulirsi il naso su una manica). E osa giudicare tutto ciò! E vorrebbe affrettare la fine di un crudele abuso.
I Segugi dell’Ombra. Parte Prima – Steven Erikson Pag. 468
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